Elezioni europee, molte insidie e poche certezze.

Il dibattito politico finora non ha espresso una attenta conoscenza e una progettualità chiara, restando impelagato nelle solite diatribe di primazie ed alleanze, di sondaggi percentuali e riposizionamenti tattici.

Il 2024 sarà probabilmente un anno decisivo nel processo di configurazione di un nuovo ordine mondiale. Il primo appuntamento, tra due settimane, sancirà per la quinta volta la leadership incontrastata di Vladimir Putin: l’ultimo ostacolo interno che poteva essere rappresentato dall’oppositore Alexei Navalny è stato rimosso secondo i metodi spicci di Putin. La vedova Navalnaya, parlando al Parlamento europeo ha chiaramente ribadito il profilo di autarchia assoluta del Cremlino e la caratterizzazione definita “criminale e mafiosa” dello Zar. Siamo di fronte, dopo le tragedie delle dittature del XX secolo, ad un regime altrettanto autoritario e privo di remore morali: la devastazione dell’Ucraina iniziata due anni fa sembra arrivata ad un punto di non ritorno.

Nel discorso annuale sullo stato della nazione, durato oltre due ore, Putin ha adombrato ancora una volta il ricorso all’uso di armi nucleari qualora l’Occidente e la Nato, come ipotizzato da Macron, inviassero truppe ed armi pesanti nel territorio Ucraino. Un discorso duro e sferzante che va letto anche come programma legato alla campagna elettorale e accreditamento personale: una competizione peraltro senza rivali, ricordiamo la fine di Evgenij Prigožin, quella spietata di Navalny che è l’ultimo anello di una lunga catena di eliminazione fisica degli oppositori.

Si aggiunge ora l’arresto di Serghei Sokolov, direttore di Novaya Gazeta, accusato di «discredito» delle forze armate. Sokolov era stato nominato ufficialmente direttore di Novaya Gazeta nel settembre del 2023, dopo le dimissioni del Premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, definito “agente straniero” dalle autorità russe.

Di questa situazione che non lascia spazio a qualsivoglia congettura di cambiamento si è resa conto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che a Strasburgo, rivolgendosi ai Paesi dell’U.E. ha detto che una guerra non è imminente ma non è neppure impossibile, invitando l’Europa ad armarsi per tempo. La minaccia di un coinvolgimento dell’Europa nella fase di allargamento del conflitto ucraino va considerata, viste le mire espansionistiche e le provocazioni del Cremlino a cui si aggiunge una situazione mondiale sempre più complicata, tenendo conto della situazione in Medio Oriente che vede aggiungersi e schierarsi nuovi soggetti, mentre la Cina, ma la stessa Corea, l’India, la Nigeria non resterebbero estranee al disegno di riposizionamento degli Stati nel quadro di un nuovo ordine mondiale.

Sono molto forti, preoccupanti e dense di incognite le notizie che arrivano dagli USA in vista delle presidenziali di novembre. Due leader anziani, a cui i rispettivi partiti non hanno saputo trovare per tempo un successore giovane e preparato, si contendono una primazia da cui non saranno esclusi i nuovi equilibri internazionali, oltre agli indirizzi politici interni decisamente divergenti. Preoccupa non poco il disimpegno adombrato da Trump nei confronti dell’Europa e della NATO, mentre appare critica l’ipotesi che un malfermo Biden possa reggere gli eventi in caso di successo dei democratici. Il mito della “supervisione” americana sugli affari del mondo, in stile Kissinger, sembra imboccare non la via del tramonto ma certamente un ridimensionamento, in parte per scelta voluta, in parte per l’emergenza di nuove potenze in grado di competere o comunque di procurare non pochi fastidi.

Tutte queste problematiche non sono state affrontate finora con la dovuta attenzione in questa lunga campagna elettorale che vede ai nastri di partenza i partiti italiani in vista dell’appuntamento del voto del 9 giugno. Il dibattito politico finora non ha espresso una attenta conoscenza e una progettualità chiara, restando impelagato nelle solite diatribe di primazie ed alleanze, di sondaggi percentuali, riposizionamenti tattici senza strategie convincenti. Si ripete il giochino delle candidature, prima vera preoccupazione di tutti e legato ad esso la personalizzazione che affigge come un male inguaribile i singoli partiti, un vulnus che si ripeterà: anche perché di solito in Europa non mandiamo i migliori, attingendo nomi e accreditamenti dalla società civile, al contrario di altri Paesi che hanno compreso come il futuro dell’Europa e la sua credibilità internazionale ma la stessa sicurezza territoriale, lo sviluppo economico e la competitività necessitano di rappresentanti competenti e di alto profilo tecnico e morale.

Già ora ma ancor più in riflesso e conseguenza dell’interazione con i fattori qui sopra sommariamente descritti, l’Europa potrebbe trovarsi impreparata al confronto e alla competizione internazionale. Se la guerra è alle porte – come molti temono – per l’infiltrazione del Cremlino nelle questioni vitali del nostro continente come la sicurezza, l’informazione, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, le tecnologie, la sostenibilità ambientale, l’immigrazione e tutti gli aspetti legati alla dimensione economica e sociale della vita dei suoi abitanti, occorre attrezzarsi per tempo ma ancor prima avere consapevolezza della posta in gioco.

Oltre gli aspetti citati e, come si dice, a monte di essi ci stanno questioni basilari e dirimenti come la libertà, l’indipendenza, la democrazia, la tutela della pace: tutti valori primari che i padri costituenti nonché architetti del disegno europeo avevano bene in mente ma che ora sembrano passare in secondo piano rispetto ai soliti giochi di potere e ai personalismi che nulla rappresentano se non la propria inutile ed effimera autoreferenzialità.