Elezioni USA, la posta in gioco riguarda il mondo.

Siamo tutti coinvolti. Infatti, dittature feroci e autocrazie assertive minano alla base i valori di libertà, pluralismo e democrazia sui quali si è fondato il mondo occidentale negli ultimi duecento anni.

Si dice che ai tempi del Piano Marshall, al fine di convincere gli americani che i loro soldi erano ben spesi, si mandò in onda nei cinegiornali dell’epoca un filmato nel quale erano ripresi i Sassi di Matera – certo allora non una meta turistica – per mostrare la miseria nella quale si viveva in alcune zone d’Europa. Passava il messaggio per il quale, senza far uscire queste povere persone dalle “caverne” ,facilmente ci sarebbe stata un’altra guerra. Perché in quelle condizioni di vita nuove suggestioni populiste, demagogiche e antidemocratiche avrebbero nuovamente potuto conquistare consenso.

Oggi Joe Biden deve convincere gli elettori americani che l’impegno economico richiesto per difendere l’Ucraina dall’aggressione russa è vitale per la sopravvivenza democratica in Europa, in un contesto globale nel quale dittature feroci e autocrazie assertive minano alla base i valori di libertà, pluralismo e democrazia sui quali si è fondato il mondo occidentale negli ultimi duecento anni.

L’obiettivo è nobile e alto, e ormai troppe persone in occidente considerano libertà, democrazia, inclusività, diritti come un dato acquisito per sempre, non avendo avuto esperienza diretta – per ragioni anagrafiche – di cosa significhi esserne privi. Non solo i giovani e i giovanissimi, ormai anche le persone che entrano in quella che una volta veniva definita la “terza età” non hanno memoria di cosa voglia dire la privazione della libertà.

Una condizione che invece è la dura realtà nella quale vive larga parte dell’umanità ora – sobillata da regimi spietati come quello cinese – intenzionata a contrastare proprio l’occidente a partire dalla sua teorizzazione “ideologica” della superiorità del sistema democratico. Un’idea contestata alla radice.

A fronte di questa sfida americani e occidentali nel loro insieme paiono come inebetiti, persi dietro a un malinteso neo-ideologismo “politically correct” che rischia di far perdere al mondo liberal-democratico la sensitività giusta per cogliere e valorizzare adeguatamente i valori fondanti e decisivi sui quali il sistema occidentale si è edificato nel tempo. Generando anzi al suo interno, per reazione, una opposizione sempre più radicale a quegli stessi valori, incarnata da movimenti di destra palesemente reazionari.

È questa la posta in gioco nelle prossime elezioni europee e ancor più in quelle presidenziali americane. Nella consapevolezza, però, e anche questa non è pienamente acquisita, che peso economico e ancor più peso demografico sono in costante diminuzione e dunque un confronto col resto del mondo si impone, giustamente. Un confronto che dovrebbe essere imperniato sul futuro dell’umanità nel suo insieme e quindi ponendo al centro del dibattito la questione ambientale, bilanciando le esigenze di crescita e sviluppo del Global South con la recente consapevolezza green del Nord. Un’impresa già di per sé improba, ma che diviene impossibile se affrontata ideologicamente, alla stregua di uno “scontro fra civiltà” diverse e divise.

Joe Biden ha chiara in testa questa situazione, tanto complicata. Per esperienza, cultura, ideale politico. Ma improvvisamente appare inadeguato per affrontarla. Ma lo è davvero, inadeguato? Certo, l’età è avanzata e qualche scherzo, specie nel ricordare i nomi, la memoria glielo gioca. Come del resto accade a chiunque, oltre una certa età. 

Eppure, vi badi il lettore con attenzione, da qualche mese, da quando si è di fatto avviata la campagna elettorale, il mantra che si sta affermando, sui social e sui media, è quello della senilità, ormai posta al confine con la deficienza. Le insidie che arrivano alla conoscenza della verità dalla rete, ormai pervasiva e ora pure a rischio di inquinamento fake supportato dalla abilità generativa dell’intelligenza artificiale, sono tali da poter influenzare sino a sovvertire il naturale processo democratico di una nazione. Un rischio, del resto, che negli Stati Uniti del 2024 si sta correndo. 

Da qualche settimana gira la notizia di una probabile candidatura di Michelle Obama, già pronta a sostituire Biden, a conferma che pure i democratici più vicini al Presidente lo considerano perdente, a causa dell’età (e dunque dell’indebolimento intellettivo conseguente). Per adesso è palesemente una fake news, ma si sta imponendo. Non a caso ripresa prontamente anche da noi, soprattutto dai giornali vicini alla Destra. Da chi vuole il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, interprete di un’America lontana anche dai valori della migliore tradizione patriottica del Partito Repubblicano. 

Un’altra America. Chiusa in sé stessa. Quella che, ad esempio, desidera la Russia, impegnata a riconquistarsi un pezzo d’Europa. Lo ha dichiarato l’ex Presidente Dimitry Medvedev, da sempre fedele ventriloquo di Putin, ammonendo gli europei a votare per i partiti di destra o di sinistra, purché oppositivi al processo federativo e soprattutto all’alleanza con gli Stati Uniti, garanti della loro difesa a mezzo dell’Alleanza Atlantica. 

Al Cremlino è facile immaginare il tifo (ma si limiterà solo a quello, o saranno poste in essere turbative social come già accaduto in passato per favorire il candidato preferito?) a sostegno del controverso tycoon; a maggior ragione dopo le sue ultime sconcertanti affermazioni circa la possibilità di abbandonare gli alleati europei a loro stessi, privi di protezione militare e dunque possibili prede dell’orso russo.  Ce n’è a sufficienza per non prendere sottogamba le prossime elezioni americane e per non ridurle alla banalizzazione sull’età dei contendenti, cosa che invece puntualmente sta già cominciando a verificarsi. La posta in gioco è alta, molto alta. Esige razionalità.