Forlani Ministro degli Esteri: negli anni cruciali della solidarietà nazionale

Il tema della pace in Medio Oriente sarà per Forlani una preoccupazione constante. Di seguito la relazione svolta in occasione della cerimonia commemorativa in ricordo di Arnaldo Forlani (Roma, Aula dei Gruppi Parlamentari, Mercoledì 22 novembre)

Siamo qui per ricordare l’on Arnaldo Forlani e l’azione politica da lui svolta nel partito, nel parlamento, nel governo. 

Farò brevemente riferimento al periodo 1976-1979 in cui ricoprì la carica di ministro degli affari esteri nel terzo, quarto e quinto governo Andreotti.

L’on. Arnaldo Forlani fu nominato agli esteri per la prima volta nel luglio 1976.

Come reggente dell’Ufficio del Gabinetto fui tra i primi ad accoglierlo alla Farnesina, insieme al Segretario Generale Amb. Raimondo Manzini.

Fin dai primi giorni ci colpì la sua personalità, l’eleganza del tratto, la cordialità. Oltre ai messaggi di felicitazioni gli erano giunti numerosi inviti. Il nuovo governo di solidarietà nazionale suscitava molto interesse negli ambienti politici internazionali.

Erano appena trascorse due settimane quando si aprì uno dei capitoli più drammatici delle vicende del popolo palestinese, una strage nel campo profughi di Tell al-Zatar in Libano. L’opinione pubblica assistette sbigottita all’eccidio di oltre 1500 vittime

Il Parlamento era chiuso per la pausa estiva ma il presidente della commissione esteri Carlo Russo, chiese l’audizione del ministro. Forlani aderì: fu questo il suo primo intervento da Ministro a Montecitorio.

Tornato in ufficio, trovai tra le carte di Forlani un biglietto di Giorgio La Pira: “Grazie, Arnaldo. Le tue parole mi hanno ricordato la profezia di Isaia: “il dolore e il gemito scompariranno, le acque sgorgheranno nel deserto, la terra arida gioirà e fiorirà come la rosa. Le sarà data la gloria del Libano”

Per i 3 anni della sua permanenza alla Farnesina il tema della pace in Medio Oriente sarà per Forlani una preoccupazione constante.

Nei giorni successivi si passò in esame l’agenda internazionale.

Forlani trovò un Ministero consapevole delle proprie capacità, sicuro di saper mettere in pratica le proprie idee e di raggiungere i traguardi che si prefissava. Un anno prima l’Italia aveva conseguito il più rilevante successo diplomatico dal dopoguerra fino a quei giorni.

Nonostante il tentativo di promuovere senza di noi l’instaurazione di un direttorio economico del mondo industrializzato composto da cinque paesi (riunione di Rambouillet), l’Amb. Manzini aprì il primo varco nello schieramento che ci negava l’ingresso e portò a termine la missione affidatagli dal Presidente Moro: l’italia entrava nel club più esclusivo del mondo, il G6.

Poche settimane prima dell’arrivo di Forlani alla Farnesina, ero stato insieme al Segretario Generale Manzini a Portorico dove si era svolta la seconda riunione del G6, trasformatosi in G.7 con l’aggiunta del Canada.

Con il Ministro esaminammo gli impegni futuri. Tra questi assumevano priorità quelli attinenti ai tre quadri entro i quali si svolgeva la nostra politica estera: la Comunità europea, l’Alleanza Atlantica, le Nazioni Unite.

Rispetto al passato, ci trovavamo in una situazione nuova. L’esecutivo monocolore poteva contare su un vasto sostegno delle forze politiche che tuttavia non facevano parte della compagine governativa.

Ne derivava la necessità di informare frequentemente Camera e Senato.

Forlani intendeva farlo e in maniera non sommaria.

Questo spiega perché agli atti del Parlamento sono così numerose le comunicazioni del Ministro degli esteri in quegli anni.

Non occorre perciò che io illustri in dettaglio quali furono le linee della politica estera

Mi soffermerò soltanto su alcuni punti salienti:

 

– con i partners europei Forlani volle avviare un rapporto stretto e costruttivo. Sapeva che si era talvolta cercato da parte di taluni grandi paesi di dare vita a direttori. Intendeva esercitare a questo riguardo una costante vigilanza.

Prendeva cum grano salis certe effusioni amichevoli. Sapeva bene che per tutti valeva il principio al quale era affezionato De Gaulle “In politica estera la Francia non ha amici, ma interessi”.

 

– dedicò molta attenzione ai rapporti con gli Stati Uniti e con l’Unione sovietica, i due protagonisti del negoziato militare. Non esitò a sottolineare con il Segretario di Stato Vance e con il Ministro degli Esteri Gromyko l’urgenza di arrestare la corsa agli armamenti, di negoziare la loro riduzione e di bandire gli esperimenti nucleari. Eravamo allora assillati dai missili di teatro in Europa. Forlani ne parlò a Mosca. Vidi l’attenzione con cui l’anziano leader sovietico ascoltava le sue argomentazioni. Il nostro ministro fece appello a una maggiore collaborazione in seno alle Nazioni Unite per allentare le tensioni internazionali e richiamò l’attenzione sulla puntuale attuazione dell’Atto finale di Helsinki in tutte le sue parti, inclusa quella riguardante i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali.

 

– Forlani si trovò poi ad affrontare problemi di fondamentale importanza nell’ambito dell’allora Comunità europea. Occorreva riaffermare che l’Europa non costituiva un’area geografica a sé stante ma doveva trovare nel Mediterraneo un naturale complemento. E accentuare la proiezione mediterranea della Comunità, prendendo iniziative non solo in campo economico ma anche politico. 

 

Mantenne infatti un ampio ventaglio di rapporti con i rappresentanti dei paesi del Mediterraneo oltre che con gli emergenti, Cina e India.

Fu proprio la preoccupazione di rafforzare l’azione italiana in queste aree che indusse Forlani ad affidare a una commissione lo studio di una ristrutturazione del ministero al fine di istituire punti di riferimento essenziali per ciascuna area geografica.

Ma questo è un tema che fu affrontato dalla Farnesina in modo organico vent’anni dopo, allorché si mise mano a una riforma generale del Ministero con l’introduzione di cinque Direzioni geografiche.

Vorrei concludere con un ricordo che purtroppo fa ancora male: la mattina del 16 marzo 1978.

Ero con Forlani a Palazzo Chigi quando ci raggiunse la notizia del rapimento dell’on. Moro. Non dimentico l’incredulità, lo sgomento, la costernazione dei presenti.

Anch’io avvertivo un grande dolore: avevo visto Aldo Moro come Ministro degli Esteri tante volte a Bruxelles dove mi recavo da Londra per informarlo sulle reali esigenze della Gran Bretagna nel negoziato con i Sei.

Accompagnai Forlani a Montecitorio. Lo smarrimento, l’angoscia avevano invaso un’aula buia, inquieta, ansiosa di notizie.

Il presidente Andreotti iniziò a leggere, con un nodo alla gola, le dichiarazioni programmatiche del suo quinto governo.

 

Amb. Umberto Vattani, Presidente della Venice International University