Giubileo di Roma tra frangette e pubblico decoro

Avere rispetto per la divisa che si indossa ed osservare un criterio di decenza è cosa importante da non prendersi sotto gamba. La linea del decoro, qualunque essa sia, non va mai superata.

Giubileo sta per gioia, gaudio e contentezza. Nel libro del Levitico è detto che, al termine di sette Shabbat di anni, cioè dopo un tempo di quarantanove anni, giunti al decimo giorno del settimo mese dalla fine, si farà squillare una tromba che annuncerà il giorno dell’Espiazione. Quindi si santificherà il cinquantesimo anno e verrà proclamata la libertà nel paese per tutti i suoi abitanti. La tromba altro non era che uno strumento ricavato dal corno di un capro, nella lingua del tempo chiamato appunto “Yobel”. Evidentemente, aumentando il numero dei peccati, si è pensato di indire un giubileo ogni venticinque anni. Se fosse rimasto alla originaria previsione, il male da cancellare sarebbe stato di una mole impossibile anche per il perdono divino. Per i cattolici ci pensò Papa Bonifacio VIII che dispensò una preziosa indulgenza plenaria dopo opportuno pellegrinaggio.

Fatto sta che Roma deve farsi bella e con essa anche i suoi rappresentanti. Il Corpo della Polizia Locale della Capitale con una recente circolare, che richiama anche contenuti di precedenti disposizioni, ha specificato il look al quale i nostri “vigili” dovranno uniformarsi.  Si è sceso nei dettagli, mettendosi forse coraggiosamente in un mare di guai. È possibile ci sia prossimamente molto lavoro per i giudici che dovranno stabilire il contenuto esatto di alcuni termini. La sensazione è che si possa entrare in un pantano simile a quando si voglia stabilire cosa sia “normale” a proposito di sessualità, genere e compagnia cantando.

La Circolare distingue regole diverse per le rappresentanti femminili e quelli maschili. Per il terzo genere, ed eventuali ulteriori distinguo, ancora non si è specificato. Sul punto naturalmente non sono mancate polemiche da parte di chi è particolarmente sensibile alla questione. La circolare della Polizia Locale prescrive che i maschietti non debbano portare orecchini, piercing e oggetti similari. Già qui si potrebbe dibattere, a voler essere speciosi, in cosa sia similare un oggetto rispetto ad un altro. Quanto ai capelli dovranno essere puliti, ordinati, curati e, se tinti, di colore naturale. Si potrebbero aprire contenziosi infiniti su quale sia il grado di pulizia minima da osservare ed in merito al concetto di ordine e di cura. 

Andando ancor più a fondo nella Circolare si legge che “Il taglio deve seguire la naturale attaccatura del cuoio capelluto evitando qualsiasi forma di eccentricità”. Se Roma è caput mundi, al centro del mondo, nulla può andare fuori margine, oltre il centro, ex centro di una regola di buon senso, a sua volta da dover mettere però pericolosamente a fuoco. Inoltre “la parte del viso non interessata da barba e baffi deve comunque essere ben rasata”. Chi potrà stabilire quale sia una buona rasatura o meno è tutto di nuovo da accertare. Sarà dispensato il vigile che in virtù di un arrossamento della pelle avrà omesso di radersi per un giorno per far riposare la pelle? Sembra possa subirsi l’agguato per mano del solito ginepraio della casistica dalla quale è arduo, se non impossibile, uscirne.

Per le donne le cose non sembrano andare meglio. Per i capelli, oltre alle raccomandazioni indirizzate ai maschietti, si aggiunge anche che posteriormente la lunghezza della chioma  “non deve superare il limite delle spalle e, qualora ciò accada, i capelli dovranno essere legati e raccolti; anteriormente la fronte deve essere scoperta…”. Sembrerebbe di capire, quindi niente ciuffetto per le donne, mentre per i maschietti non parrebbero esserci osservazioni al riguardo. 

Forse la concessione di questa maggiore libertà fonda sull’outfit di Don Patriciello, il noto Parroco di Caivano recentemente criticato dal Governatore De Luca per la sua frangetta. Se la Chiesa lo consente, allora non ci sarà da eccepire neanche per i capaci uomini della Polizia Locale.

Dal Comando del Corpo si fa sapere che occorre attenersi al decoro dell’uniforme indossata. Nulla di più giusto e sensato. Resta sempre in agguato qualche birichino che potrebbe eccepire che – viva la libertà – il proprio senso del decoro sia dissimile da quello inteso dai vertici della Polizia Locale. Avere rispetto per la divisa che si indossa ed osservare un criterio di decenza è cosa importante da non prendersi sotto gamba. La linea del decoro, qualunque essa sia, non va mai superata, le istituzioni per prime non devono mai uscire dal coro delle regole che sono di riferimento per i cittadini.

Potrebbe scatenarsi un effetto contagioso. Il richiamo ad un codice di condotta potrebbe sollecitare la stessa iniziativa anche nelle altre forze dell’ordine che potrebbero adeguarsi a recuperare ciò che eventualmente si è, per consuetudine, perso. C’è sempre chi obietterà, perdendo di vista l’obiettivo primario della faccenda che è essere il biglietto da visita della città al mondo. Nella circostanza, il Corpo dei pizzardoni ha mostrato, oltre al fisico, anche testa e determinazione, pur rischiando di impantanarsi nei rilievi delle sfumature di principio degli immancabili “Io non sono d’accordo”. Non mancheranno le critiche e quelli che vorrebbero giubilare l’iniziativa con scherni di ogni tipo. Roma, con la sua storia, saprà restarne indifferente.