Gli anziani sono la nostra storia

Rispettiamo il valore della vita, anche quando non è più produttiva. Per l’assistenza agli anziani il governo ha recentemente presentato una legge delega.  Peccato che è in ritardo di 30 anni.

Mariapia Garavaglia

Siamo noi stessi – così almeno capita a me – giovani anziani o anziani, a sentirci fuori tempo in alcune situazioni. Ci si confronta coi giovani e ci vediamo lontani dai loro gusti e linguaggi. Probabilmente si ripeteva in forme diverse anche ai nostri tempi, quando eravamo giovani, rispetto agli anziani di allora.

Gli anziani di allora erano invecchiati… anzitempo! Ci accorgiamo benissimo che oggi un settantenne dimostra una età che allora forse individuava un cinquantenne o sessantenne. Noi baby boomers siamo stati fortunati. Siamo vissuti nel clima ottimistico della ripresa e solo, ormai adulti, abbiamo attraversato il periodo del terrorismo, di mani pulite e delle diverse crisi finanziarie ed energetiche, che cateterizzano questa nostra epoca di incertezze, acuite dalla recente esperienza della pandemia.

La statistica certifica che lItalia, come il Giappone, è la nazione con la maggiore incidenza dellinvecchiamento. Siamo il Paese più vecchio al mondo, ma si insiste a non assumere questo dato per orientate il futuro. Certo, perché il futuro, la speranza di futuro è un diritto anche e per tutta la durata della vita delle persone anziane. Hanno il diritto alla tutela della salute in ogni caso e non “tanto è un anziano”…In tali casi si parla di “ageismo”, termine utilizzato per la prima volta nel 1969 dal medico e psichiatra statunitense Robert Neil Butler e recentemente tornato alla ribalta in ordine alle conseguenze determinate dalla diffusione della pandemia legata al virus Covid-19.

Il fenomeno dell’ageismo, in realtà, è tristemente radicato ormai da diversi anni e, a differenza di altre forme discriminatorie, non riguarda solo una minoranza: l’età, infatti, è una condizione universale e dunque chiunque potrebbe essere potenzialmente vittima di ageismo. Si tratta di un fenomeno sociale e culturale capace di assumere diverse forme nel corso della vita e, nonostante questa sua accezione generalizzata, si riscontra in modo particolarmente diffuso nei confronti degli anziani: le società contemporanee, infatti, perseguono e sono dominate dal mito della giovinezza e tendono a respingere con spregio lo stigma della vecchiaia, ed è per questo che l’ageismo finisce per coinvolgere in particolare coloro che sono più in là con gli anni.

Ancora, molto è dovuto alle modalità della comunicazione mediatica e da tutta una serie di diffuse pratiche sociali, linguistiche e lavorative. Si pensi alle maggiori difficoltà di trovare un’occupazione superata una certa età, ai maltrattamenti subiti dagli anziani nelle case di riposo, da alcuni slogan di uso comune utilizzati da esponenti delle istituzioni o delle forze politiche, dalle continue truffe e dagli abusi a cui vanno incontro persone in età avanzata. Oltre a danneggiare l’individuo e la società, avvalorando stereotipi e pregiudizi, l’ageismo crea danni anche in termini di salute e dignità. Da un lato, la società sembra dare agli anziani minore attenzione e cure: in ambito sanitario, ad esempio emerge un trattamento preferenziale della popolazione più giovane e l’età costituisce una delle variabili principali quanto all’accesso ai programmi di prevenzione.

Laltra faccia della medaglia è giovanilismo. Come tutti gli ismi anche questo maschera posizioni discriminanti. Sono stata coinvolta particolarmente su queste modalità ‘improprieper giudicare le età della vita. Si dice spesso anche che il nostro non è il Paese dei giovani, ma in realtà non lo è nemmeno delle culle.

Per lassistenza agli anziani il governo ha recentemente presentato una legge delega. Ancora una volta si usa lenfatico aggettivo epocale. Peccato che è in ritardo di 30 anni. Basta andare a vedere gli atti degli anni 90 col progetto obiettivo anziani e il Piano Sanitario Nazionale 1994/96 che indicavano precise attività e gli strumenti per metterle a terra(che brutta questa espressione di moda, derivata dal linguaggio militare). Sarà epocale veder attuate le misure del PNRR, col pensiero al fatto che la materia è di competenza regionale. In molte regioni – soprattutto nord e centro – ci sono le premesse, non nelle altre. Perciò la unità nazionale, per superare le diseguaglianze e le discriminazioni, è messa alla prova.

Dietro le storie degli anziani c’è una concezione della vita e del suo valore anche quando non è più produttiva. C’è una visone etica per cui la vita va sempre accudita senza discriminazioni soprattutto quando i bisogni sanitari sono impellenti e continuativi. Il PNRR mette a disposizione della Assistenza domiciliare (ADI) un finanziamento enorme, 2.7 miliardi. Lassistenza in casa è la miglior soluzione fino a quando è possibile, per il contorno dei familiari e personale assistenziale. Ci sono motivi, invece, per i quali gli anziani devono essere affidati a situazioni residenziali come le RSA. Guai a colpevolizzare i familiari che vi ricorro. Il miglior modo per superare queste difficoltà è rappresentato dalla iniziativa accurata delle istituzioni, perché i luoghi di ricovero e cura siano adeguati a rispettare tutti i diritti degli anziani e la loro intangibile dignità. Serve controllo delle strutture e personale non solo qualificato ma motivato.

I nipoti devono essere educati al rispetto dei nonni che, in molti casi, sono i loro preponderanti e affettuosi custodi. Del resto molte famiglie in tempo di crisi contano sul sostegno anche materiale dei nonni…Gli anziani sono la nostra storia, che ci prepara il nostro domani.