La recente, ed ennesima, “scomunica” di alcuni settori autorevoli della Chiesa italiana nei confronti del leader della Lega Salvini, il profondo e palpabile disorientamento di moltissimi cattolici praticanti e osservanti che vanno regolarmente in Chiesa e poi votano in massa proprio la Lega, la crescente dissociazione fra ciò che si predica e si ascolta e ciò che si pratica concretamente nella vita di tutti i giorni, sono all’origine di una confusione che continua a caratterizzare il rapporto controverso e complesso tra i cattolici e le scelte politiche. Come, temo, anche in vista della ormai prossima consultazione elettorale.
Ora, al di là di queste scaramucce a cui siamo abituati da tempo – il famoso titolo di copertina di Famiglia Cristiana contro Salvini risale ad un anno fa – resta sul tappeto un punto che non si può aggirare facilmente ed irresponsabilmente. Ovvero, ciò che emerge da questa ennesima polemica tra alcuni settori religiosi, appunto della Chiesa italiana e la Lega di Salvini, e’ l’assenza, colpevole ed inspiegabile, di una forza politica laica che, con l’appoggio di altre altre culture e altri filoni ideali, sappia intercettare e rappresentare istanze e domande che rischiano, invece, di riconoscersi stancamente in partiti e movimenti del tutto estranei alla loro cultura di fondo. Del resto, come si fa a non prendere atto che nei luoghi tradizionali e storici di maggior consenso della Democrazia Cristiana – parlo soprattutto delle “zone bianche” del Nord – da svariati lustri e’ la Lega che miete consensi paragonabili a quella stagione che ormai viene solo più ricordata nei libri di storia? E’ chiaro a tutti, e lo confermano da tempo tutti i sondaggi, che la stragrande maggioranza dei cattolici praticanti vota la Lega. E sono quelle persone che più ascoltano la parole del Vangelo e l’esortazione e l’insegnamento dei padri della Chiesa. Perché siamo di fronte, quindi, ad una dissociazione così profonda tra ciò che si predica e ciò che si pratica? Non perdiamo tempo a chiederci il perché altri partiti e altri movimenti, seppur lontani dal “credo” leghista, non riescono ad essere interlocutori di quel mondo variegato, complesso e molto articolato qual è il mondo cattolico. Certo, e’ un mondo molto articolato e non mancano, come ovvio, settori che si riconoscono nei partiti della sinistra o in altri movimenti. Ma sono, comunque sia, realtà marginali e non particolarmente incisive.
La vera sfida politica, quindi, e sempre nel massimo rispetto delle posizioni che vengono espresse dai vari settori della Chiesa, dai suoi organi di informazione e da esponenti autorevoli dell’episcopato, resta quella di saper giocare oggi un ruolo politico protagonistico e più visibile. Non da parte della Chiesa, com’è ovvio, ma di quel laicato che si straccia le vesti a giorni alterni sulle posizioni leghiste e poi si nasconde puntualmente un minuto dopo quando si tratta di “scendere in campo”. In gioco, infatti, non c’è la riproposizione – che sarebbe ridicola e sciocca – di un movimento confessionale o, peggio ancora, clericale come qualcuno auspica e proporne anche nel nostro paese. No, la ricetta continua ad essere quella di dar vita ad un movimento/partito laico, plurale, riformista e di governo che sappia, però, recuperare e riattualizzare quel cattolicesimo democratico, popolare e sociale che continua ad essere latitante da troppi anni e quindi complice dell’irrilevanza politica, culturale e progettuale dei cattolici italiani nella concreta vita pubblica. E, per capirci, si tratta di mettere in campo quella forza che giornalisticamente viene definita di “centro” ma che, nello specifico, va intesa come una forza laica che sappia recuperare e tradurre nella contesa politica contemporanea gli ingredienti basilari di quella tradizione. Che resta moderna e di una bruciante attualità. E cioè, cultura della mediazione, cultura di governo, composizione degli interessi contrapposti, rispetto delle istituzioni, cultura dello Stato, rifiuto della radicalizzazione della lotta politica e degli “opposti estremismi” molto cari alla destra di Salvini e alla sinistra di Zingaretti, capacità di fare sintesi delle varie proposte in campo e difesa della qualità della democrazia. Un centro non statico o di potere ma un luogo politico innovativo, moderno, creativo e profondamente democratico e riformista.
Un luogo, cioè, che sappia anche e soprattutto recuperare ed inverare la miglior stagione del cattolicesimo democratico, popolare e sociale del nostro paese. Senza nostalgia e senza lo sguardo rivolto all’indietro. Perché delle due l’una.
O la minaccia leghista e’ reale e quindi ci si deve attrezzare al di là delle attuali forze politiche in campo, oppure si tratta solo e sempre della solita litania propagandistica e carica di retorica destinata a sciogliersi come neve al sole nell’arco di pochi giorni. Come, purtroppo, avviene da tempo. E lo dico anche rivolto a quei settori del mondo cattolico che urlano a squarciagola contro i “barbari” e poi cadono misteriosamente e puntualmente in letargo quando qualcuno li avvicina o gli chiede di impegnarsi in prima persona. Perché, come ci ricordava già Papa Montini nella enciclica Octogesima Adveniens, i cattolici non possono continuare ad essere accusati del “peccato di omissione”. Ovvero, per tradurlo in termini più convenzionali, di essere complici di questa assenza e di questa colpevole non presenza nella concreta dialettica politica. Cioè, in quel “paese reale” che da troppi anni non registra un punto di vista, seppur laico, della cultura cattolico democratica, popolare e sociale. Praticamente dopo la fine della Dc prima e del Partito popolare italiano poi. Forse è arrivato il momento di trascurare le denunce moralistiche e di comodo e di privilegiare l’azione politica concreta. Come, del resto, ci hanno insegnato i nostri padri nelle diverse fasi storiche che li hanno visti protagonisti.