I Ferragnez, la politica e un garante della beneficienza.

Un influencer è un agitatore di continue proposte rivokte al pubblico, lo stesso che oggi gli ha girato crudelmente le spalle. Ebbene, un Garante della beneficenza potrebbe mettere tutto in chiaro.

“Moleste ferre”, sopportare a malincuore, è il mood dei Ferragnez che oggi si lamentano per una eccessiva esposizione mediatica sulle loro vicende di vita che non si sa bene a chi possano interessare. Sembra vogliano, per altro verso, apparire del tutto sguarniti rispetto alla complessità del circuito della comunicazione ed agli effetti che inevitabilmente ne derivano.

“Chi di mano ferisce di mano perisce” è un detto che ricorda il ritorcersi di uno strumento contro chi lo ha usato, ora scoprirebbero, con troppa faciloneria

Un influencer è un agitatore di continue proposte verso un pubblico da ispirare a tutto spiano. Oggi quel pubblico, con la stessa passività con cui a seguito quei santoni della moda e di uno stile di vita, gli ha girato crudelmente le spalle. Il pubblico non ha sentimenti, è indifferente ai destini, si muove con una logica spietata, pari a quella di chi lo usa.

Ci sarebbe da ricordare un vecchio film americano, in bianco e nero, come la vicenda che racconta, in cui il protagonista è un insuperabile imbonitore televisivo fino ad arrivare anche a condizionare la politica e diventare un riferimento assoluta della massa dei cittadini. Scoperto il suo cinismo, si renderà conto che il suo è un potere di carta, conoscendone l’abbandono di tutti i suoi seguaci.

La vicenda dei Ferragni ha il solito merito di aver alzato una coperta sotto la quale si muovono interessi senza regole ben definite e non proprio condivisibili. Gli influencer sono caduti proprio loro in un difetto di comunicazione voluto o non voluto che sia. Hanno incassato troppi soldi rispetto ai proventi destinati alla struttura ospedaliera sostenuta con l’acquisto di un panettone.

L’azienda dolciaria avrebbe dovuto riportare un messaggio più chiaro sul prodotto in vendita senza che si potesse in alcun modo credere ad una devoluzione in beneficenza proporzionata alla dimensione delle vendite.

Infine, anche l’ospedale non avrebbe dovuto accettare il valore di briciole a fronte di una operazione commerciale di ben diversa consistenza. Mance in queste circostanze non sono da considerare, la tutela della salute non è materia da barattare in questa maniera.

La politica si dovrebbe interrogare sul da farsi e prendere provvedimenti. Sarebbe da avanzare una proposta non del tutto disprezzabile. Non sarebbe male l’istituzione di un Garante della Beneficenza che avesse poteri di monitoraggio sul flusso del denaro destinato alle tante realtà che chiedono sostegno per i loro scopi di bene.

Senza interferire nelle autonome scelte dei diversi soggetti che ricevono donazioni, il Garante potrebbe assicurare un carattere di trasparenza e di pubblicità dell’utilizzo dei fondi, ad esempio dando conto ai benefattori verso quali specifici progetti sia stata destinata la loro generosità ed a quale grado di loro realizzazione si sia giunti ad un dato momento. Si tratterebbe di una rendicontazione che farebbe cadere eventuali sospetti e pregiudizi e favorirebbe ulteriori elargizioni.

Il nostro Paese si distingue per avere un cuore attento al prossimo bisognoso, supportando le organizzazioni di assistenza che si preoccupano per ogni condizione di sofferenza e disagio.

Sembra che, ad esempio, gli ospedali pediatrici in particolare possano confidare sempre su un adeguato contributo da parte di tante persone sensibili alla cura dei più piccoli. Questo è certamente un motivo di plauso e di orgoglio per la nostra comunità nazionale.

Come per altre realtà, sarebbe sempre però importante conoscere se i fondi ricevuti siano impiegati strettamente per l’attività di cura o per iniziative collaterali di diverso impatto sulla salute dei pazienti. In agguato poi è sempre il pericolo di soldi destinati maggiormente alla sopravvivenza, pur necessaria, dell’apparato organizzativo che invece ad un ausilio dei più deboli.

Un paradosso potrebbe suggerire una riflessione: se, in un determinato tempo, una organizzazione non avesse più necessità di spendere, potrebbe dichiarare pubblicamente la provvisoria sospensione della raccolta di fondi ad essa indirizzata. Al maturarsi di nuove esigenze potrebbe poi sollecitare, nuovamente, l’attenzione delle anime buone.

Se questo avvenisse, dal punto di vista comunicativo si avrebbe peraltro un ritorno di immagine formidabile per l’onestà messa in campo.

Una richiesta fine a se stessa è poco giustificata; inventarsi modi per spendere ad ogni costo non è comprensibile. Un Garante della beneficenza per ogni Regione d’Italia potrebbe mettere tutto in chiaro, dando con chiarezza le informazioni agli eventuali interessati circa l’effettivo andamento in merito al raggiungimento di un certo traguardo per il quale è stata chiesta una donazione. Potrebbe insomma mettere ordine in un settore che non merita alcuna opacità e che al contrario va puntellato ad ogni costo.

Dalla questione Ferragni e relative ferite occorre prendere un insegnamento. La politica si dia da fare.