I giovani di Lisbona e la presenza politica dei cattolici

La GMG ha dato il segno della vitalità dei cristiani nel mondo. È giunto anche il momento per alzare il tiro. Bisogna passare dalla “presunzione della testimonianza alla crudezza della politica” (Donat-Cattin).

La GMG di Lisbona ha confermato, ancora una volta, anche se non è affatto una notizia, il giacimento di valori, di impegno, di altruismo e di cultura che accompagnano le giovani generazioni cattoliche provenienti da tutto il mondo. E quindi anche dal nostro paese, l’Italia. Un momento di straordinaria importanza che si ripete periodicamente e che conferma, anche con il magistero di Papa Francesco, il ruolo che possono avere nella società contemporanea, seppur molto secolarizzata e laicizzata, i valori cristiani e cattolici.

Detto questo, che non è nient’altro che una fotografia oggettiva e persin scontata, è altrettanto indubbio che oltre alla testimonianza straordinaria di questi giovani, resta ancora inevasa una domanda che, almeno per il nostro paese, merita di avere prima o poi una risposta adeguata e pertinente. Ovvero, quando sarà possibile che questo giacimento di valori, di impegno, di generosità e di cultura oltrepassano la dimensione testimoniale – peraltro importante e sempre significativa – e accettano la scommessa e la durezza anche dell’impegno politico diretto? Detto in altri termini, quando sarà possibile immettere queste “forze nuove” nella concreta dialettica politica italiana? Certo, forse la domanda è troppo cruda e magari anche mal posta. Ma sarebbe semplicemente da irresponsabili che una forza del genere, prorompente e carica di valori e di impegno concreto, si arrestasse di fronte alla politica e alle sue dinamiche perchè ancora vissute come distinte e distanti dal proprio percorso formativo ed ideale. Comunque, non mi nascondo dietro ad un dito. Partiti personali, partiti senza una cultura politica precisa e definita, partiti fatti da classi dirigenti improvvisate e rigorosamente ubbidienti e servili non rappresentano un viatico così entusiasta ed allettante per intraprendere un cammino di impegno politico diretto e militante.

Qualcuno dirà, e anche giustamente, che non è affatto necessario legare l’impegno politico alla presenza sistematica ed organica all’interno dei partiti. Anche perché, com’è evidente, si tratta di partiti che tutto hanno tranne che un profilo politico e culturale accattivante o che siano particolarmente ospitanti. Perché o si tratta, il più dei casi, di partiti personali o del capo dove il filtro è l’adesione totale ed incondizionata ai diktat e ai tic del padre/padrone del partito, oppure sono articolati in rigide ed impenetrabili correnti organizzate dove l’unico esercizio possibile è quello di applaudire il verbo o il dogma recitato dal capo corrente di turno.

Però, e proprio di fronte ad un quadro così desolante ed ossificato, forse è giunto anche il momento per alzare il tiro. O meglio, per fare uno scatto in avanti e un vero salto di qualità. Ben sapendo che, prima o poi, occorre pur affrontare il nodo della partecipazione e della presenza nella politica organizzata e nei partiti che restano, bene o male, gli strumenti decisivi ed essenziali della stessa politica. Anche perché, ed è appena sufficiente scorrere le diverse fasi storiche del nostro paese per rendersene conto, il ruolo dei cattolici è decisivo e determinante nella sfera pubblica quando si accettano sino in fondo, e si fanno i conti, con le dinamiche concrete che caratterizzano e disciplinano la politica. Sapendo di uscire da una dimensione puramente testimoniale ma con la consapevolezza e la convinzione di intraprendere un nuovo cammino, o una nuova missione, per cambiare e migliorare la società con cui occorre pur convivere. E l’intero magistero dei grandi leader, statisti e testimoni cattolici democratici, cattolici popolari e cattolici sociali del passato ci spinge a porci questa domanda cercando, al contempo, di dare una risposta concreta e convincente per oggi. Certo, una risposta adeguata ai tempi e che non sia meramente nostalgica o passatista. Ma, comunque sia, una risposta che accetti sino in fondo le sfide e le domande, a volte scomode e a volte complicate e difficili, che la politica pone di fronte a noi di volta in volta.

Perché, come diceva un grande leader cattolico popolare a noi giovani negli anni ‘80 durante lunghi e qualificati corsi di formazione alla politica, “solo quando si passa dalla presunzione della testimonianza alla crudezza della politica si misura la nostra capacità di saper dare risposte generali e convincenti ai bisogni e alle domande dei cittadini di una comunità e di un paese”. Quel leader si chiamava Carlo Donat-Cattin. Ma, ieri come oggi, la sfida è sempre quella. E oggi tocca ai giovani cattolici saper dimostrare, concretamente, che a quella sfida e a quella domanda, prima o poi, occorre pur dare una risposta concreta, credibile e convincente.