Il cambiamento del Paese e dell’Ue inscindibile da quello dell’ordine mondiale

Al pari di quanto seppero fare i padri fondatori dell'Europa, serve ora anche su scala globale un nuovo fondamento condiviso nei rapporti internazionali, che ponga fine alla guerra mondiale "a pezzi".

Il dibattito sulla riforma costituzionale, a prescindere dalle valutazioni sul merito, si è riavviato con la proposta del premierato presentata dal governo. Quello sulla riforma dell’Unione Europea procede a partire dal tema del patto di stabilità per aprirsi a tutte le grandi questioni (come fisco, difesa, ambiente, energia, ricerca) sulle quali ormai i singoli Paesi membri faticano a procedere da soli. In tal senso, poi, se le voci che iniziano a circolare sul nome di Mario Draghi come possibile futuro presidente della Commissione Europea, dovessero concretizzarsi, si rafforzerebbero notevolmente i presupposti per l’avvio, a partire dal prossimo anno, di una nuova fase costituente dell’Europa.
Si tratta di processi di riforma che per raggiungere gli scopi che si prefiggono, devono esser modulati in relazione ai profondi cambiamenti in atto nel mondo, come peraltro quella che si potrebbe definire l’ “agenda Draghi” per l’Europa, invita a fare.
Perché, a ben vedere vi sono analogie profonde, insieme a radicali diversità, tra l’opera dei padri fondatori dell’Europa e ciò che appare necessario nel nostro tempo compiere per affermare un futuro di pace per l’Europa e nel mondo.

Se allora, in un continente devastato dalla guerra occorreva rifondare su nuove basi il rapporto tra persona e stato (come ci ha ricordato il recente convegno su De Gasperi e Maritain, tenuto all’Istituto Sturzo), porre a fondamento della nuova Europa il valore della solidarietà e dell’interdipendenza fra i popoli, ai nostri giorni in qualche modo si avverte l’esigenza inversa. Non più quella di ricostruire su nuove basi dopo una guerra mondiale bensì l’esigenza di ricercare un nuovo fondamento nelle relazioni internazionali per porre fine a quella guerra mondiale “a pezzi” che perdura ormai, estendendosi, dalla fine del mondo bipolare della seconda metà del secolo scorso, e imprimere una svolta capace di assicurare al mondo una nuova era di pace.

In ciò si può intravvedere anche un’analogia tra il modo in cui gli stati europei cercarono allora una via per una convivenza pacifica e per una più stretta collaborazione, e l’esigenza di un simile sforzo per rendere i nuovi blocchi geopolitici del mondo da potenziali avversari a concorrenti in un quadro di valori comuni e condivisi, rispettoso delle reciproche diversità.
E uno di questi fattori di cambiamento geopolitico della nostra epoca è sicuramente quello costituito dai BRICS (su cui è appena uscito un libro del Laboratorio BRICS di Eurispes, che cerca di fare luce su che cosa sono realmente i BRICS, dal titolo “Il Coordinamento BRICS. Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica nella scena globale. Costituzione, Evoluzione, Prospettive di un Nuovo Modello di Cooperazione Internazionale).
È fondamentale conoscere e confrontarsi con questa e altre forme di cooperazione fra popoli nel resto del mondo, per concorrere a porre insieme le basi del mondo che sorgerà dal superamento delle attuali tensioni e per scongiurare che queste possano degenerare in modo incontrollabile.

Se l’Europa è un’insieme di minoranze ma tra popoli che hanno una storia comune e continuità geografica, i BRICS possono esser definiti, a maggior ragione dopo l’allargamento ad altri cinque Stati dal prossimo primo gennaio, come un insieme di diversità per cultura, posizione geografica, storia, economie dei Paesi che li compongono. E ciononostante ci hanno dimostrato, nei 15 anni della loro storia, che è possibile attivare forme di cooperazione fra di loro e con Paesi esterni al Coordinamento.
Un’altra caratteristica dei BRICS, che l’Europa deve attentamente considerare, è che questi Paesi non sono pregiudizialmente anti- occidentali ma si pongono più come riformatori, anziché come destabilizzatori, dell’attuale ordine globale.

Un terzo dato da tenere presente, è che occorre predisporsi come Europa non a una situazione di caos nel mondo dove ognuno va per conto suo, bensì, al contrario ad un confronto con nuove potenze perlopiù desiderose di fare da stimolo alla riforma delle organizzazioni mondiali e a rafforzare il ruolo dell’Onu nel ridurre le ancora notevoli disparità fra Nord e Sud del mondo. Infatti, il rafforzamento della loro sovranità viene inteso dai BRICS in modo del tutto diverso da quello dei partiti sovranisti occidentali che puntano ad allentare i legami con le organizzazioni internazionali. I BRICS, come altre grandi organizzazioni internazionali, questo legami li vogliono rafforzare a partire da un maggior impegno nella attuazione, secondo programmi in linea con le diverse situazioni regionali, dell’agenda ONU sulla sostenibilità.

Le riforme che servono all’Europa e al Paese, devono andare di pari passo con quella dell’ordine mondiale. In questa prospettiva ciò che i padri fondatori seppero concepire per l’Europa, va fatto ora in un’orizzonte globale, misurandosi con i cambiamenti geopolitici in atto, sforzandosi di comprenderli nella loro reale natura per porre le basi di un nuovo e migliore sistema di governance mondiale.