È inutile girarci attorno. Del Centro nel sistema politico italiano c’è bisogno. E questo per la semplice ragione che in Italia, come amava sempre ripetere Guido Bodrato, “si vince al Centro” ma, soprattutto, “si governa dal Centro”. Un dato talmente scontato che, qualunque sia la provenienza politica e culturale del Presidente del Consiglio e della sua squadra di governo, non si può rinunciare, appunto, al ‘metodo’ e al ‘merito’ del Centro.
Tranne la nefasta, squallida ed indecente stagione di governo del populismo demagogico, giustizialista e qualunquista — quella del duo Conte/Salvini — la storia democratica del nostro paese ha sempre registrato una guida politica ispirata ad una credibile ed auspicata ‘politica di centro’.
La tentazione della svendita
Alla luce di questa considerazione, credo sia anche arrivato il momento per dire con chiarezza che il Centro si può rilanciare, riattualizzare e rideclinare concretamente nella cittadella politica italiana solo se non viene radicalmente svenduto. Per dirla con parole semplici ma oggettive, solo se il Centro non si allea con forze, partiti e soggetti politici che lo negano alla radice.
O meglio, che considerano il Centro e tutto ciò che lo caratterizza drasticamente irrilevante ed insignificante ai fini della costruzione del progetto politico complessivo della coalizione. Per fare un esempio concreto, lo potremmo riassumere con il cosiddetto “lodo Bettini”: l’idea di nascondere il Centro in una “tenda” solo per giustificare che l’alleanza di sinistra e progressista è anche plurale.
Il progetto Bettini/Renzi riduce il Centro e tutto ciò che lo rappresenta ad una banale, se non addirittura ridicola, appendice che viene zittita con una manciata di parlamentari — gentilmente regalati dagli azionisti di riferimento di quella coalizione — e che, di conseguenza, non gioca alcun ruolo politico né, tantomeno, programmatico.
Né con la sinistra egemonica, né con la Lega salviniana
Se nel campo della sinistra la situazione è quantomai chiara e persin troppo trasparente per essere ulteriormente descritta ed approfondita, nel campo del centrodestra il Centro non è politicamente, culturalmente e programmaticamente compatibile con le posizioni sovraniste, populiste e qualunquiste della Lega salviniana.
Sotto questo versante il progetto del leader di Azione, Calenda, è quantomai chiaro e lineare. Se il Centro, cioè, è solo una banale e grigia rendita di posizione oppure una squallida richiesta di alcuni posti in cambio del silenzio politico, ci troviamo di fronte solo a piccole e spregiudicate operazioni trasformistiche ed opportunistiche sostanzialmente incompatibili con la politica.
Un progetto ancora da costruire
Se, invece, il Centro vuole ritornare a giocare un ruolo politico e non marginale o del tutto periferico, non può che essere protagonista. Prima con la coerenza del progetto politico di un partito e poi all’interno di una coalizione che non sia pregiudizialmente ostile a quell’apporto.
Sempreché — e lo dico con un pizzico di amarezza e anche di sconforto — non decolli un’esperienza politica centrista, riformista, democratica e di governo che sia in grado di uscire dall’anonimato e che ritorni ad essere protagonista nel dibattito politico italiano.
Ma questo progetto, purtroppo, ancora non si intravede all’orizzonte.