Il centro prenda coraggio nel ricercare un percorso di pace

L'area di centro e popolare appare culturalmente attrezzata per individuare i margini concreti di un’iniziativa per contribuire a far sì che alla fine possa prevalere una via costruttiva alla transizione geopolitica.

La fase molto delicata che stiamo attraversando, che è quella di uno storico mutamento degli equilibri globali, sollecita una adeguata iniziativa politica capace di tenere insieme sia le ragioni dell’Occidente, del sistema di alleanze in cui il nostro Paese è inserito, sia le ragioni del cambiamento perché le logiche di schieramento, pur dure talvolta, soprattutto quando implicano di dover condividere anche gli errori con i propri Alleati, non obbligano nessuno a mettersi il paraocchi per non vedere la novità che avanza nella storia. La fedeltà e l’affidabilità sul piano internazionale non sono in antitesi con l’apertura a un futuro da saper cogliere nei suoi aspetti essenziali.

Questa operazione politica appare tanto più necessaria anche come sostegno all’opera che i vertici istituzionali del Paese svolgono in modo impeccabile per ridurre le tensioni in Medio Oriente e non solo. E mentre si deve invece registrare da parte delle delle ali estreme dell’opinione pubblica il tentativo in opposte direzioni di cavalcare il conflitto israelo-palestinese per interessi di bottega. Da un lato il mondo dei centri sociali che simpatizza con Hamas, dall’altra i toni da guerra di civiltà che una destra che vive sulla diffusione della paura, torna a sbandierare, nonostante tali toni siano nei fatti evitati persino dal governo che pure è di destra.

In mezzo ci deve essere la politica. E non la pseudo-polica dei Cinque Stelle che dimostrano di aver capito benissimo che nell’elettorato, non solo in quello cattolico, esiste una domanda profonda di non affidarsi al solo ricorso alla guerra nel gestire il complesso passaggio dal mondo unipolare a quello multipolare, ma non sanno andare oltre al lancio di slogan acchiappa -consensi e appaiono prontissimi a seguire percorsi di coerenza alla Di Maio, se dovessero mai tornare al governo.

L’area di centro invece appare culturalmente attrezzata per individuare i margini concreti di iniziativa per contribuire a far sì che i fronti di guerra non aumentino, e che in UE e USA alla fine possa prevalere una via costruttiva alla transizione geopolitica oltre le illusioni di poterla contrastare attraverso molteplici fronti di guerra. Un dibattito che peraltro è in corso fra le élites occidentali. L’altro ieri, ad esempio, l’Economist ha espresso in un articolo fondati dubbi sul fatto che gli Stati Uniti possano riuscire a gestire contemporaneamente due guerre, e forse tre, pensando a Taiwan. E non ha omesso una realtà che è sotto gli occhi di tutti gli osservatori internazionali: “In Medio Oriente, però, l’America è più sola nella sua difesa di Israele, e più esposta a perdere amici e partner che a conquistarne di nuovi. In un’epoca di competizione tra grandi potenze, questo fa la differenza”.

Ecco allora l’importanza di essere come Paese alleati affidabili e intelligenti, discutendo insieme con gli Alleati il modo per non ripetere gli errori del passato, impensabili peraltro con un Resto del Mondo che è cresciuto molto e si è organizzato. E che questi errori vi siano stati da parte dell’Occidente lo ricorda anche Papa Francesco nel nuovo libro-intervista “Non sei solo. Sfide, risposte, speranze”, quando afferma che le guerre per esportare la democrazia sono state un fallimento dell’Occidente.

Un altro requisito per una gestione politica e non militare, del cambiamento geopolitico è costituito infatti, dal tener presente anche il punto di vista degli altri. Si può non condividere ma non lo si può ignorare, come ci ricordano i tragici fatti che stanno accadendo in Israele e in Palestina. Ed è un fatto oggettivo che sulla attuale guerra una maggioranza molto ampia di stati nel mondo esprima posizioni diverse, anche se non inconciliabili, rispetto a quelle dell’Occidente.

Occorre dunque che l’area di centro prenda coraggio sui temi connessi a un nuovo modello di relazioni internazionali perché senza un’idea di come mitigare e superare i conflitti in corso, senza un’idea positiva del multipolarismo come garanzia della pace, è la proposta politica complessiva del centro che risulterà monca proprio nel punto che forse sta divenendo giorno dopo giorno, quello più sentito dagli elettori.