Il contributo del mondo islamico alla multipolarità nello scenario planetario

L'OIC raggruppa 57 stati. Dopo ONU e G77, costituisce la 3ª più grande organizzazione internazionale al mondo e risente sia del nuovo posizionamento dell'Arabia Saudita che della storica pacificazione con il mondo sciita.

 

L’epocale transizione geopolitica in corso rende sempre più complesso l’intreccio di relazioni fra le nazioni del mondo e incoraggia i multi-allineamenti, ovvero l’appartenenza di uno stato a più organizzazioni internazionali fondate su ragioni diverse quando non addirittura concorrenti. In questo quadro emerge il ruolo crescente di una fra le più diffuse religioni mondiali, l’Islam, anche dal punto di vista geopolitico. Se ne può parlare non solo in relazione ai singoli stati ma anche alle organizzazioni internazionali musulmane. Due di queste ieri hanno concluso importanti eventi, svoltisi in Qatar e in Iran, che hanno qualcosa da dire anche al mondo occidentale.

A Doha, dall’1 al 3 ottobre si è svolto il 2° Forum della IOFS sulla sicurezza alimentare. La IOFS (Organizzazione Islamica per la Sicurezza Alimentare) è un organo specializzato dell’OIC, l’Organizzazione della Cooperazione Islamica. L’OIC raggruppa 57 stati (poco meno di un terzo dei membri delle Nazioni Unite) e costituisce, dopo ONU e G77, la terza più grande organizzazione internazionale al mondo. Ha sede a Gedda, città saudita che ospita pure la sede della Banca islamica per lo sviluppo, istituzione finanziaria creata dall’OIC. L’OIC condivide con i BRICS+ l’alta eterogeneità degli Stati membri per posizione geografica, cultura, lingua, economia, ma a fare da collante è la religione islamica pur nella diversità delle confessioni. Fra i Paesi membri dell’OIC la Turchia fa parte della Nato mentre dal prossimo primo gennaio Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iran e Arabia Saudita entreranno a far parte del Coordinamento BRICS. Ed è soprattutto l’evoluzione in corso del posizionamento internazionale del regno saudita, accompagnato dalla storica pacificazione con il mondo sciita, che può imprimere un ruolo maggiore e nuovo all’intera organizzazione islamica.

Per tali ragioni il Forum settoriale di Doha appare di rilevanza globale. Il tema della sicurezza alimentare, insieme a quello della sicurezza data dal controllo del territorio da parte dello stato, costituisce ancora la priorità per un buon numero di stati del Sud del mondo, anche di quelli aderenti all’OIC. Si assiste all’incentivazione alla coltivazione di nuove terre strappate al deserto. È il caso di Algeria, Egitto ma anche dell’Afghanistan come attestano le rilevazioni satellitari di una agenzia britannica specializzata, la Alcis Geo che evidenzia il fatto che, dopo appena due anni dalla fine dell’occupazione straniera, in Afghanistan gli agricoltori sono riusciti ad estendere le aree coltivabili in zone prima desertiche, usando pompe ad energia solare per perforare il terreno alla ricerca di acqua per irrigare i raccolti. Ed è proprio trovare una propria via alla sostenibilità, alla realizzazione degli obiettivi dell’agenda ONU 2030 il messaggio centrale della Dichiarazione di Doha, approvata al termine del Forum. Una linea che testimonia il fatto che il mondo nonostante tutto è più unito di ciò che possa sembrare, sulle cose fondamentali per la vita delle persone. Ma dobbiamo capire che ormai l’ottica di questi stati è profondamente cambiata. Illuminante è stato l’intervento a Doha del ministro dell’agricoltura tunisino, Abdel Moneim Bilati, che ha confermato come sia sulle questioni finanziarie che su quelle della sicurezza alimentare, si cercano collaborazioni paritarie, non elemosine, inserite in precisi piani di sviluppo e con ampia scelta dei partner con cui realizzare i progetti.

Sempre nella giornata di ieri a Teheran si è conclusa un’altra importante iniziativa nel mondo musulmano, promossa dal governo iraniano. Si tratta della 37esima Conferenza internazionale sull’unità islamica, il cui scopo è innanzitutto religioso e culturale, una forma di ecumenismo islamico, ma con notevoli ricadute pratiche anche sulla sfera civile, date dal miglioramento delle relazioni fra gli stati di cultura e tradizione islamica. Processi di cui non possiamo non tenere conto, se vogliamo dare un senso alla domanda, per certi versi temeraria ma ineludibile, che il presidente del consiglio Meloni ha posto ieri a Torino, al Festival delle Regioni: qual è il ruolo dell’Italia (e dell’Ue si deve aggiungere) nel mondo odierno?