Quando si parla di guerre mondiali, dobbiamo ricordare che esse hanno avuto un carattere e una dimensione di tipo europeo: non sono mai state veramente “globali”. Di fronte alle emergenze attuali, con il ritorno alle armi nel cuore del Vechio Continente, abbiamo il compito di sognare una nuova Europa, una nuova Italia e un nuovo ordine internazionale, ben sapendo che il contesto attuale è molto più insidioso rispetto al passato.
In questo senso, non possiamo ripetere pedissequamente l’operazione che portò al Codice di Camaldoli. Ci confrontiamo con una situazione forse più grave perché caratterizzata da un pericolo soverchiante, ovvero la fine della storia umana per come l’abbiamo conosciuta.
Un noto scienziato giapponese parla di noi come dell’ultima generazione “organica”; le prossime saranno generazioni “inorganiche”, magari costruite con litio e mercurio. Questo scienziato sta già lavorando alla realizzazione di cloni umani, per adesso con un approccio “ad adiuvandum” rispetto alle persone e alla comunità. Ma chi garantisce che sia così anche domani? Deve essere nostra consapevolezza che è in gioco l’umanità in quanto tale. Un tempo pendeva la minaccia della bomba atomica, ma da qualche anno abbiamo imparato quanto sia grave il pericolo del riscaldamento globale e l’impatto fuori controllo delle nuove tecnologie, spinte chissà dove dalla potenza dell’intelligenza artificiale.
In questo scenario, la nostra responsabilità è maggiore di quella dei tempi di Camaldoli. Di certo non possiamo restare inattivi perché rischiamo che il mondo, per come lo conosciamo, finisca. Sicché la follia – chiamiamola pure così – di un leader come Trump è solo un segnale di allerta. Guai a lasciarsi sedurre da politiche senza visione, non ci sono strategie valide senza una cultura adeguata alla comprensione del nostro tempo.
Il tema dell’Europa è cruciale, non per una sorta di provincialismo su grande scala, funzionale a difendere il baluardo di consuetudini favorevoli, ma perché questa “nostra Patria” ha ereditato un patrimonio di cultura il cui abbandono equivale a un colpo al cuore per la civiltà nel suo complesso. Quindi, non vogliamo abbarbicarci a un europeismo di facciata, bensì intraprendere un’opera rigenerativa dei valori di civiltà che ad esso si ricollegano vitalmente. La tradizione umanista europea, largamente influenzata dal cristianesimo, ha dato vita a importanti conquiste sul piano delle libertà e dei diritti umani. Ebbene, non possiamo accettare che ci si dimentichi di questo fattore storico culturale.
Urge che il cristianesimo in Europa si ripensi, poiché non è più in grado di dialogare, né di far valere la propria voce. Siamo in un’epoca di secolarizzazione in cui le società non si organizzano più attorno alla chiesa. Qual è allora l’offerta del cristianesimo? Deve essere quella di salvare l’umanità, potenzialmente alleandosi con tutti, perchè l’appello a bloccare la deriva verso il postumano riguarda proprio tutti, senza eccezioni. L’esempio della cattedrale di Notre Dame, tornata a risplendere dopo il restauro, è davvero significativo: non è più la cattedrale della “egemonia cattolica”, ma la casa del Signore che parla all’umanità tutt’intera. Ecco, dobbiamo riscoprire il cristianesimo come una realtà calorosa e luminosa, dove tutti possono ritrovarsi.
Insomma, i cristiani devono affrontare la sfida di una nuova visione umanistica. Sarebbe anche utile, a tale proposito, che le divisioni tra università statali e università ecclesiastiche fossero superate, immaginando di rifondare così il dialogo tra teologia e scienze umane. Questo è tanto più urgente quanto più si ricerchi un nuovo approccio politico in grado di elaborare concetti adeguati alla promozione del bene comune.
Nel dopoguerra le diverse culture e forze politiche avvertirono il dovere di scrivere insieme la Carta costituzionale. Come non fare uno sforzo analogo, con una disposizione d’animo che incentivi l’impegno comune, per affrontare l’abisso che ci minaccia? Giova pertanto concludere con l’immagine biblica legata al Diluvio: come allora fece Noè, anche noi dobbiamo costruire oggi un’arca che possa salvare tutti, dando ospitalità a un nuovo umanesimo. In definitiva, siamo chiamati a riproporre e a vivere l’esempio del Patriarca se vogliamo, da cristiani, alimentare una nuova speranza.