Il futuro partito di Calenda accetti la sfida del pluralismo

La fase costituente di un partito è credibile nella misura in cui si apre realmente all’esterno, esalta il pluralismo culturale e pratica sino in fondo il metodo democratico. L’alternativa è un esercizio inutile e del tutto autoreferenziale e politicamente votato alla sconfitta.

In vista dell’avvio della fase costituente del cosiddetto “terzo polo” con l’obiettivo di dar vita ad un partito unico di quest’area centrista, riformista e di governo, c’è un nodo che ancora attende di essere sciolto e che rappresenta il vero salto di qualità a livello politico e culturale. E forse, e quasi sicuramente, anche sotto il versante del consenso. Ovvero, il futuro partito di centro sarà un soggetto politico autenticamente ed organicamente “plurale” al suo interno? Perchè proprio attorno a questa domanda si gioca un passaggio decisivo e cruciale per capire la stessa identità culturale e il profilo politico di quel partito. È persin inutile ricordare che un partito di centro – riformista e di governo – nella storia democratica del nostro paese non può ridursi ad essere una sorta di rinnovato partito repubblicano o liberale o tardo azionista. Ciò significherebbe relegare quell’esperienza politica a giocare un ruolo del tutto marginale e periferico nello scacchiere politico italiano. Come, e specularmente, nessuno pensa – salvo qualche simpaticone nostalgico e fuori tempo e fuori luogo – di dar vita ad un partito cattolico fortemente identitario e neo confessionale se non addirittura di stampo neo clericale. No, la vera scommessa e la vera sfida politica è quella di saper costruire un luogo politico autenticamente plurale dove la capacità di chi guiderà il partito è quella di saper elaborare un progetto che faccia sintesi dei vari filoni ideali democratici e riformisti che vi partecipano.

Sotto questo versante la fase costituente del partito è decisiva e cruciale. Almeno su due aspetti.

Innanzitutto quando si parla di fase costituente di un partito è necessario garantire e praticare una vera e non virtuale apertura a tutti quei mondi vitali e culturali che si riconoscono in una potenziale prospettiva centrista e riformista. Nessuna deriva autoreferenziale e nessun tentativo di escludere a priori, in virtù di strane e singolari pregiudiziali politiche o ideologiche, alcune tradizioni culturali ed ideali rispetto ad altre. Inoltre, la fase costituente di un partito è credibile nella misura in cui apre un vero dibattito nel paese senza alcuna preoccupazione di garantire e consolidare rendite di posizione o di salvare leadership che si sono affermate legittimamente nel frattempo. Un aspetto, questo, decisivo per valorizzare e salvaguardare quel pluralismo che era e resta la vera cifra distintiva di un partito autenticamente democratico, plurale, popolare e liberale.

In secondo luogo va garantita la cosiddetta contendibilità interna al partito. Ovvero, certificare la possibilità – attraverso norme statutarie certe, sottoscritte e condivise – che la leadership politica va conquistata sul campo attraverso un vero ed autentico percorso democratico e partecipativo. Nulla di nuovo, del resto, rispetto all’impianto democratico e trasparente dei partiti del passato che, almeno su questo versante, non possono essere visti ed interpretati come strumenti inservibili e da criminalizzare sotto il versante politico e culturale. E, inoltre, questa è l’unica strada concreta per battere alla radice qualsiasi tentazione di “partito personale” o di un banale cartello elettorale prolungamento delle volontà del “capo”. Elemento, questo, che era e resta il vero nemico da battere dopo una lunga stagione caratterizzata dal populismo grillino che ha distrutto i partiti, ridicolizzato le culture politiche, azzerato la militanza, cancellato il radicamento territoriale e indebolito la qualità e l’autorevolezza delle classi dirigenti politiche ed amministrative.

Ecco perchè la fase costituente di un partito – nel caso specifico di un partito di centro che vuole perseguire una vera e credibile “politica di centro” – non può e non dev’essere affrontata con leggerezza e con disinvoltura. Ogni cedimento sul terreno della partecipazione democratica, della collegialità decisionale, dell’apertura verso l’esterno e della piena valorizzazione del pluralismo culturale, rischia di mettere in discussione l’intero progetto politico. Insomma, si tratta di un “avviso ai naviganti” che non può essere nè sottovalutato e nè ridimensionato.