Il nostro Natale negli occhi di Padre Turoldo

Le parole del poeta e uomo di chiesa ci interpellano, ci sfidano, ci chiedono di non chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Ci invitano a costruire un mondo più giusto e solidale.

Tre decenni dopo la sua morte, le parole di padre David Maria Turoldo continuano a risuonare con forza. Scritte nel 1992 e raccolte nella raccolta “Il sapore del pane” (2002), le sue riflessioni, sconcertanti nella loro attualità, scuotono le nostre coscienze e costringono l’Occidente a confrontarsi con le proprie contraddizioni.

In un mondo dove la ricchezza e il benessere di pochi contrastano con la povertà e la sofferenza di molti, le parole di Turoldo ci invitano a riflettere sul senso della nostra esistenza e sulla nostra responsabilità verso il prossimo.

Mentre le nostre città si illuminano a festa per celebrare il Natale, Papa Francesco denuncia con forza la costruzione di muri e fili spinati attorno a noi. Un monito che risuona ancora più forte oggi, in un momento in cui il mondo è scosso da guerre, conflitti e ingiustizie.

 

La tristezza di questi natali

Signore, ti muova a pietà.

Luminarie a fiumane,

ghirlande di false costellazioni

oscurano il cielo di tutte le città.

Nessuno più appare all’orizzonte:

nulla che indichi l’incontro con la carovana del Pellegrino;

non uno che dica in tutto l’Occidente:

“Nel mio albergo sì, c’è un posto”!

Non un segno di cercare oltre,

un segno che almeno qualcuno creda,

uno che attenda ancora colui che deve venire…

Non attendiamo più nessuno!

Tutto è immoto, pure se dentro un inarrestabile vortice!

È così, è Destino, più non ci sono ritorni,

né ricorsi: è inutile che venga!

Tale è questa civiltà gravida del Nulla!

Ora tu, anche se illuso di credere

o figlio dell’ateo Occidente, segui pure la tua stella

– così è gridato per tutta la città dai vessilli –

segui, dico, la stella e troverai cornucopie vomitare leccornie,

o non altro che spiritati manichini di mode folli in volo dalle vetrine…

Poiché falso è questo tuo donare (è Natale!),

falso perfino stringerci la mano avanti la Comunione,

e trovarci assiepati nella Notte a cantare “Gloria nei cieli… “.

Un amaro riso di angeli obnubila lo sfavillio dei nostri presepi,

Francesco cantore di perfette, tragiche letizie:

pure se un Dio continuerà a nascere,

a irrompere da insospettati recessi:

là dove umanità alligna ancora silenziosa e desolata:

dal sorriso forse di un fanciullo della casba a Daccà, o a Calcutta…

Nessuno conosce solitudine come il Dio del Cristo:

un Dio che meno di tutti può vivere solo!

Certo verrà, continuerà a venire,

a nascere ma altrove,

altrove…”

(Da Il sapore del Pane, San Paolo, 2002)