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martedì, Febbraio 25, 2025
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Il Partito popolare scelse nettamente un programma di libertà e di democrazia

Il 18 gennaio 1925 "Il Popolo” di Giuseppe Donati usciva con un editoriale intitolato "Il VIº anniversario della costituzione del P.P.I.". Il 6 novembre 1926 il regime ne avrebbe decretato lo scioglimento.

Con la data odierna, il Partito Popolare Italiano segna il suo sesto anno di vita. 

A nessun partito fu, come al nostro, riserbato sin dal sorgere un compito più ingrato. Esso sorse per immettere gran parte delle masse cattoliche nella vita politica e  associarle alla risoluzione della tremenda crisi del dopoguerra; ma risentì dell’isolamento in cui esse erano vissute in precedenza sì che sul principio fu accerchiato di diftidenze, avversioni, insidie accaparratrici.

Esso scelse nettamente un programma di libertà e di democrazia; ma mentre gli uni ne contestarono la sincerità, gli altri cercarono trarlo a forme conservatrici e reazionarie.

La sua azione poliennale s’è incaricata di rompere la crosta delle diffidenze e dei malvoleri. Attraverso il sacrificio e l’urto, nel quale altri organismi giovani, com’esso era, si sarebbero frantumati, il P. P. I. ha saldamente inserito masse di cattolici nell’orbita nazionale, emancipandole dal loro isolamento, ha riconciliato gran parte delle classi lavoratrici a un programma di forme legali, a un concetto di solidarietà interclassista, promovendo e attuando un piano realistico di trasformazioni economiche e sociali.

 

Avendo inscritto nel suo emblema il motto Libertas, la libertà non ha rinfoderata o dimezzata nel momento della prova asperrima, documentando così, definitivamente, inconfutabilmente, la propria ragione democratica e nel senso di questa ragione definendosi sempre meglio verso una ormai robusta omogenea compattezza interna.

Il suo ingresso nella vita pubblica italiana fu benefico e per più rispetti risolutivo. Esso adempì una funzione di centro, la quale non consistè solamente nel moderare o equilibrare gli estremismi di destra e di sinistra, ma si alimentò e definì con un programma proprio, autonomo, di sano realismo, avendo inteso che nel dopoguerra tumultuoso, nel quale venivano a scadere aspirazioni sociali e promesse messianiche e soluzioni di problemi economici e politici immani, il paese poteva disimpegnarsi dalle vecchie angustie e dalle passioni rivoluzionarie con una decisa azione di riforme.

Fu un partito provvidenziale perciò pel dopoguerra: postosi nel centro impedì sbandamenti pericolosi e anarcoidi; operò a richiamare forze antagoniste nell’alveo della legalità e della normalità, imponendo con la stampa, nella tribuna parlamentare, lo studio e l’appassionamento su problemi di ricostruzione. E la sua attività fu appunto sopra tutto volta a ricostruire.

Le riforme, che esso propose, sono originate dai bisogni dell’Italia nel dopoguerra e dettatee da una scuola cristiana sociale e democratica cristiana che, come all’estero, anche in Italia era andata nel periodo della «preparazione nell’astensione» elaborando dottrine illuminate dal pensiero cristiano, dalle quali esso appunto trasse una propria fisionomia andatasi via via specificando con incessanti differenziazioni dagli altri partiti. L’uomo che questo partito volle, che una demarcazione dottrinale seppe dargli. che riuscì a fondarlo in una organizzazione ammirata anche dagli avversari, fu don Luigi Sturzo, nel cui spirito la creazione del Partito s’intese come una missione civile e spirituale altissima da instaurare nell’Italia moderna: missione, la quale pur traducendosi attraverso l’azione politica, ha una finalità essenzialmente morale. La ricostruzione è pienamente morale: s’inizia dall’individuo, s’incentra nella famiglia, di cui si vuol salvaguardare l’integrità, di cui si vuol educare la prole in regime di libertà secondo il diritto naturale dei genitori, investe con un pari abito di libertà il sindacato, di cui si chiede il riconoscimento giuridico, tendendosi a regolare i conflitti fra capitale e lavoro con lo sviluppo della cooperazione, con l’istituzione del probivirato e dell’arbitrato, con l’assicurazione per la malattia, la vecchiaia, l’invalidità, la disoccupazione. Libertà nelle autonomie degli enti iocali, libertà nella beneficenza, libertà per la Chiesa…

Concezioni che s’inquadrano in un sistema organico dirette a costruire lo Stato moderno, democratico, attuabile mediante un sistema di consultazione basato sulla proporzionale, considerata quale elemento di giustizia, quale avviamento a uno Stato, che sia sintesi d’interessi e d’idee, anzichè funzione personalistica, esposta a dittature o ad anarchia.

Alla stregua d’una tale visione, i rapporti con l’estero vanno ispirati al bisogno di ricostruire le rovine della guerra con una politica d’interesse economico, di abolizione di dogane, di lotta ai militarismi e di gretti nazionalismi, avvalendosi, come organo coordinatore e propulsore, della Società delle Nazioni, benedetta e auspicata da quel Papa della Pace che fu Benedetto XV.

Questo pensiero determinò la nostra attività in Parlamento e nel paese in confronto dei problemi di politica estera. come di quelli di politica interna, quali, impellente, il problema del Mezzogiorno, quello agricolo e del latifondo inquadrato nel concetto della funzione sociale della terra, la riforma della burocrazia, il decentramento statale, i rapporti tra capitale e lavoro, la scuola…

Questo pensiero democratico, determinò altresi l’atteggiamento dei Popolari di fronte al Governo di Mussolini. Al quale fu prestato in un primo tempo l’appoggio; ma allorchè la mentalità e l’attività del fascismo al potere si rivelarono discordanti dalle premesse essenziali del nostro programma e da quei principii di diritto, a cui crede tanta parte del paese, il nostro posto fu alI’opposizione, per l’antitesi che esiste tra la concezione nazionalista e quella democratica cristiana. Il nostro Congresso di Torino fu il segnale in Italia di riscossa delle forze contrastate da un partito che si attribuiva privilegi e diritti superiori a quelli dei cittadini d’altro colore. Esso salvò la compagine del Partito, mentre ne riaffermava la natura democratica e la necessità di non abdicare ai propri principii, ritenuti essenziali al sicuro duraturo sviluppo della Patria nostra tra i paesi civili.

Abbiamo la fierezza oggi di constatare la nostra fedeltà agl’inizi. Per essa abbiamo salvato, sotto le varie pressioni esercitate perchè ci menomassimo e ci falsificassimo, la nostra dignità; ma insieme costruito un elemento di rielevazione per tutto il paese, nel cui seno ormai la funzione nostra è compresa, è sentita. Attraverso il Partito nostro ormai molte idee cristiano sociali sono entrate nell’opinione pubblica e divenute patrimonio di tanti, così che grandi masse di cittadini agnostici o diffidenti o avversi si sono conciliate o almeno hanno riconosciuto la nobiltà e la necessaria funzione dell’idea democratica cristiana, che in tal modo, penetrata nella coscienza nazionale, esercita una forte benefica funzione.

Siamo sereni sulla breccia; e siamo sicuri della fedeltà dell’avvenire. 

Oggi il Partito è. Appartiene alla storia civile d’Italia; è inserito nella coscienza della Nazione. Ha superato la prova; ha dimostrato la sua consistenza non ef-fimera. E nel suo sviluppo sarà un elemento certo di evoluzione della nostra Patria, la quale è, per la nostra fede e per la nostra opera anche, destinata a un avvenire moralmente ed economicamente  prospero.