Il pensiero di Gonella sul partito di centro agli albori della nuova Italia democratica

Appena liberata Roma, il 4 giugno 1944, si dispiega un’intensa attività di qualificazione del programma e delle scelte della Dc come partito di centro. Il direttore de “Il Popolo” parlava di terza strada tra capitalismo e collettivismo.

Guido Gonella

 

Nel messaggio di Don Sturzo da noi pubblicato domenica scorsa è detto che la Democrazia Cristiana  ha “il carattere di partito di centro“. Le determinazioni topografiche degli orientamenti politici hanno spesso un valore relativo, tuttavia questa affermazione di Don Sturzo che sottolinea il centrismo del nostro partito merita di essere rilevata, in quanto può portare un contributo a meglio precisare la nostra posizione in rapporto agli altri movimenti politici.

 

Vediamo perciò come si giustifichi questa posizione centrista della Democrazia Cristiana e come ci orienti nel presente clima politico.

 

Anzitutto bisognerebbe ricordare quali caratteri comunemente si attribuiscono alle destre e alle sinistre nel nostro sistema politico. Data la relatività di tali classificazioni, su questo terreno non si può non procedere per approssimazioni, specialmente in un’esperienza politica come la nostra nella quale un abituale e deteriore trasformismo ha corrotto il costume politico provocando non poche confusioni intorno alle specifiche caratteristiche dei movimenti di destra e di sinistra.

 

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In genere, per destra si intende quel complesso di forze politiche che seguono nella loro azione un metodo conservatore che quindi si oppongono ad ogni procedimento rivoluzionario. Se lo spirito rivoluzionario non ha patria nella politica delle destre, in esse vi trova invece un fertile campo d’azione lo spirito reazionario spesso alleato della mentalità della casta militare. Reazione e militarismo, sentendo la necessità di acquisire un più degno substrato ideologico, inventano e sfruttano i miti nazionalistici, innalzano bandiere imperialiste dietro le quali spesso si nasconde il proposito di difendere o di espandere gli interessi delle classi privilegiate.

 

Economicamente, la destra ha una fisionomia borghese, e questo impasto di egoismo e di ipocrisia si concreta sul terreno economico nella coalizione delle classi plutocratiche, nel feudalesimo industriale e agricolo, e in tutte le altre cricche monopolistiche e privilegiate che imprigionano la vita dello Stato nel potente cerchio di ferro dei “beati possidentes”.

 

Spiritualmente, la borghesia di destra mena vanto del suo indifferentismo religioso quando non scende sul terreno dell’ateismo e dell’anticlericalismo militante (più o meno massonico) che ben si conciliano con l’etica dei buoni affari e delle preminenti posizioni di controllo e di comando.

 

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Per sinistra intendiamo invece quegli orientamenti politici che in nome del falso mito classista mirano ad instaurare un socialismo di Stato sostanzialmente non molto diverso da quel capitalismo di Stato di cui presumerebbe essere la più radicale negazione. Classismo e socializzazione sono considerati come due termini strettamente connessi, l’uno consequenziale dell’altro; spesso nelle correnti più estreme delle sinistre, si arriva a parlare della cosiddetta dittatura del proletariato che, almeno formalmente, ha un carattere di intolleranza e di negazione della libertà che a malapena si distingue dall’intolleranza della dittatura borghese. Quindi, lo stesso metodo della violenza di cui si fa forte l’estrema destra, trova larga ospitalità negli stessi programmi dell’estrema sinistra: in sostanza, da una parte e dall’altra si finisce per sacrificare la libertà al dominio di una classe.

 

Eticamente, la sinistra si ispira ai principi del materialismo storico, e religiosamente sconfina pure in forme giacobine che talvolta assumono anche un carattere persecutorio delle fedi religiose.

 

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Basta tener presente queste preminenti (ma non esclusive) caratteristiche della politica di destra e di sinistra, per comprendere intuitivamente quale possa essere il programma di una politica centrista. Si tratta di negare gli errori in cui cade sia l’uno che l’altro estremismo, e di superare criticamente queste posizioni anguste e contraddittorie.

 

Contro il conservatorismo di destra ci siamo dichiarati pure rivoluzionari, in quanto vogliamo un radicale, rapido e totale capovolgimento di un ordine politico che ha fatto bancarotta. Contro lo spirito reazionario militarista affermiamo i supremi valori della libertà e della cooperazione tra i popoli fra loro naturalmente solidali. Contro gli egoismi del sistema capitalista e borghese rivendichiamo la proprietà per tutti, la proprietà diffusa. Ma soprattutto la nostra etica cristiana, che impegna l’uomo al rispetto dei rigorosi precetti morali, si pone come la più diretta e categorica negazione degli egoismi dell’ipocrisia borghese, come il più radicale superamento del suo indifferentismo religioso.

 

Contro il classismo di sinistra affermiamo l’inconsistenza teorica e pratica del mito della classe, e la necessità morale e sociale di una organica cooperazione tra le classi. La Democrazia Cristiana è il partito di tutti i lavoratori, quindi non solo dei proprietari, ma anche dei tecnici, delle classi medie e professionali, di quanti insomma in ogni ceto sociale considerano il lavoro come una delle principali ragioni della dignità umana, come uno dei titoli fondamentali per godere la pienezza dei diritti politici, per aspirare alla realizzazione di una più vera giustizia sociale.  Contro il socialismo di Stato noi, anticapitalisti, ci preoccupiamo di non instaurare nuove forme di oppressione economica dell’uomo attraverso la totale socializzazione della ricchezza; per questo, il nostro programma – assertore (accanto a forme di delimitata ed inevitabile collettivizzazione) della più larga diffusione della proprietà privata al fine di eliminare la servitù del proletariato – non può non essere un programma antisocialista in quanto il socialismo è ostile alla proprietà individuale. Respingendo l’identificazione di politica socialista con esclusiva politica tutelatrice degli interessi delle classi umili, la nostra principale preoccupazione sociale è la difesa dei diritti dei poveri, dei non abbienti, delle classi sfruttate che si stringono attorno alla nostra bandiera perché vedono in essa il simbolo della lotta contro tutte le oppressioni economiche sia degli individui, sia dei gruppi, sia dello Stato. Respinta ogni violenza ed ogni dittatura tanto della casta militare e borghese quanto dei tribuni del popolo, riaffermiamo contro il grigio materialismo storico la dignità e priorità delle forze spirituali, e combattiamo ogni forma di giacobinismo proprio in nome della libertà delle coscienze.

 

È questo culto della libertà che caratterizza il nostro programma e che qualifica la nostra democrazia che è la più vera democrazia, in quanto si oppone sia alle oligarchie borghesi, sia agli angusti consigli delle classi, per interpretare senza troppi intermediari le genuine aspirazioni dell’uomo.

 

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Bastano questi rapidi cenni per comprendere come qui non si tratti di manipolare una malsana amalgama di idee di destra e di sinistra, non si tratti di trovare una grigia “media“ tra due colorati estremismi. A questo proposito neghiamo ogni consistenza logica al diffuso metodo di vedere per ogni problema solo una soluzione e l’opposto di questa soluzione, sicché colui che non milita per la sinistra si trova necessariamente ad essere inquadrato nella destra. Le strade non sono sempre due, e noi siamo per la terza strada, la quale ha una sua fisionomia propria, una sua direzione propria ed una sua mèta propria.

 

Oggi, mentre un semplicistico costume politico dopo il fallimento del capitalismo, della borghesia e del nazionalismo, crede di rifarsi una nuova vita percorrendo strade opposte a quelle che furono fin qui percorse; oggi mentre il reazionario fallito si illude di redimersi tingendo di rosso le sue infangate divise, noi vogliamo essere noi stessi, cioè vogliamo riaffermare e meglio precisare le nostre caratteristiche. E per contraddistinguere più chiaramente questa nostra fisionomia non cadiamo nell’illusione di coloro che ritengono più categorica la negazione del triste passato recente ponendosi su strade diametralmente opposte a quelle finora battute, cioè cadendo in un estremismo opposto che può essere non meno malefico di quello tramontato. Il totalitarismo nazionalista non si combatte con l’opposto totalitarismo proletario, bensì (la terza strada) con la negazione di ogni totalitarismo. Solo in questo modo si è radicalmente innovatori eppure rivoluzionari.

 

Partito di popolo, che dal popolo cerca di elevare ed allevare una nuova classe dirigente capace di sostituire le vecchie e fallite classi borghesi e di rigenerare con nuove forze spirituali la corrotta coscienza sociale, la Democrazia Cristiana, appunto per la sua posizione centrista, è capace di realizzare una nuova sintesi politica, una nuova forma di solidarietà e di collaborazione sociale nel cui ambito tutte le forze del lavoro e della libertà si devono trovare organicamente impegnate nell’opera di ricostruzione.

 

Ecco perché la Democrazia Cristiana è stata giustamente definita da Don Sturzo un partito di centro.

 

 

Fonte: Il Popolo – Mercoledì 9 agosto 1944

Titolo originale: Partito di centro