Il popolarismo in salsa Schlein

La collocazione dei popolari in un partito come il Pd è un esercizio complicato. Conciliare l’inconciliabile è più dannoso della semplice indifferenza o dello stesso disimpegno, seppur auspicabilmente momentaneo o temporaneo.

Verrebbe quasi da dire ‘chapeau’. Dopo le affermazioni – ovviamente del tutto legittime e anche coerenti -, le riflessioni, le azioni, le proposte e gli annunci politici e culturali della segretaria del Pd Elly Schlein, fare i “popolari’ in quel partito è un esercizio che richiede grandi doti di intelligenza. O meglio, un vero e proprio talento di adattamento, di tatticismo, di curvature e di silenzi che solo menti eccelse possono permettersi. E, al riguardo, la ‘fantasia creativa’ di un Delrio e di chi si riconosce nella sua corrente può essere di grande insegnamento. Perchè, lo ripeto, rivendicare la propria specificità culturale, valoriale, politica e forse anche etica – di matrice cattolico democratico, popolare e sociale beninteso – in un partito con una chiara, netta e definita identità radicale, libertaria, massimalista ed estremista ci vuole veramente un “coraggio da leoni”, come si suol dire. Oppure, e molto più semplicemente, per citare una vecchia e sempre attuale battuta di Carlo Donat-Cattin, “questi sono capaci, capacissimi, capaci di tutto”.

Ora, quasi tutti sanno le vere ragioni – molto più pratiche ed umane per dirla con nobiltà e buona educazione… – che fanno restare gli ex popolari in un partito come quello diretto da Elly Schlein. Che, comunque sia e per non essere equivocati, si tratta di una guida e di una linea politica e culturale frutto di un libero e democratico esito popolare culminato con le primarie di qualche mese fa. Ma quello che incuriosisce sempre di più, almeno per chi continua a credere che i valori, i principi, la cultura e la prassi del popolarismo di ispirazione cristiana conservano una straordinaria attualità anche nella fase politica contemporanea, è come si possa esaltare da un lato quella storica cultura politica e poi, dall’altro, annacquarla in un soggetto politico che persegue, ripeto del tutto legittimamente, una prospettiva politica e culturale non dico lontana ma forse addirittura alternativa rispetto a tutto ciò che ispira quella cultura politica. 

Del resto, è appena sufficiente ascoltare con un minimo di attenzione ciò che dice concretamente – almeno quando si capisce il contenuto – la segretaria del Pd Schlein per rendersi conto di questa idiosincrasia. E, al riguardo, e lo dico con il massimo rispetto di tutte le opinioni, ciò che ha detto la Schlein alla recente manifestazione del Gay Pride di Roma non è che l’ennesima conferma.

Ora, al di là di tutte le opinioni e di tutto ciò che accompagna, e giustifica, il posizionamento all’interno di singoli partiti, un dato è sufficientemente chiaro. E forse anche oggettivo, anche se su questo versante resto prudente. Ovvero, a volte – e forse anche inconsapevolmente – un patrimonio culturale, una cultura politica, un sistema di principi e un universo valoriale rischiano di essere sacrificati sull’altare di qualche convenienza personale o di gruppo o di corrente o di schieramento. A volte, cioè, non ci si rende conto che conciliare l’inconciliabile è più dannoso della semplice indifferenza o dello stesso disimpegno, seppur auspicabilmente momentaneo o temporaneo. Perchè, sempre a volte, pretendere di essere i veri depositari di una cultura politica e di un filone di pensiero e poi ricondurlo in un contenitore radicalmente estraneo ed esterno a quella cultura politica e a quel filone di pensiero, si corre solo il rischio di ridicolizzare quel patrimonio e di renderlo, di conseguenza, del tutto ininfluente se non addirittura strutturalmente e platealmente inutile.

Ecco perchè anche la ‘fantasia creativa’ dei Delrio di turno forse sarebbe opportuno impiegarla altrove. Ed ecco perchè tocca a tutti coloro che continuano a credere nei valori e nei principi del popolarismo di ispirazione cristiana, possibilmente con maggior coerenza e lungimiranza culturale e politica, far sì che quel patrimonio e quel filone di pensiero non debbano essere ulteriormente ridicolizzati nel dibattito politico contemporaneo.