Il populismo carcerario che Giorgia Meloni mette in campo per insicurezza

Il governo sta esibendo una politica muscolare fatta di annunci ad effetto per impressionare chi si accontenta di slogan e parole d’ordine, ripetute con sguardo accigliato e serioso dalla premier.

Il progressivo degrado della politica passa anche attraverso la qualità dei messaggi che i politici inviano ai cittadini, che poi di anno in anno votano in misura sempre inferiore rispetto al passato. Fanno sorridere le famose “promesse elettorali” che facevano i partiti della prima repubblica, se rapportate alla spregiudicatezza dei messaggi con i quali alcuni leader cercano oggi di aggregare il consenso, confidando nella memoria corta dell’elettorato. A metà degli anni novanta nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica abbiamo avuto la fase del “più soldi per tutti” con l’annuncio del “famoso” milione di posti di lavoro, seguito da promesse di condoni, sanatorie, aumenti delle pensioni, diminuzione delle tasse e tante altre cose.

Oggi invece il governo Meloni sembra muoversi sulla falsa riga dello slogan “più carcere per tutti”. Carcere per chi cerca riparo nel nostro paese, salvo pagare un “riscatto di stato” (parlano di cinquemila euro, ovvero più di quanto si deve agli scafisti!); carcere per chi non manda i figli a scuola, senza contare che in quei casi c’è bisogno di altro o che forse l’abbandono scolastico deriva proprio dal fatto che i genitori già hanno problemi con la giustizia; carcere per chi organizza e partecipa ad un rave-party; carcere anche per gli adolescenti che violano delle norme, anche se si trattasse del famigerato spinello. Il governo sta esibendo una politica muscolare fatta di annunci ad effetto per impressionare chi si accontenta di slogan e parole d’ordine, ripetute con sguardo accigliato e serioso dalla premier nelle comunicazioni che fa ai giornalisti senza che questi le possano rivolgere alcuna domanda. 

È la stessa logica che porta la premier a fare la passerella nei luoghi interessati da gravi fatti di cronaca, mentre poi a Roma il suo governo definanzia e cancella gli interventi del PNRR destinati proprio a quelle aree urbane (3,5 miliardi per interventi di rigenerazione urbana e 2,5 miliardi per il recupero di periferie degradate). È un segno di insicurezza che tradisce la mancanza della visione necessaria per governare dei nuovi fenomeni come quello dei crescenti flussi migratori. Poi la folle idea di far pagare ai migranti un “riscatto” di cinquemila euro per sottrarsi ad una immotivata detenzione nei cosiddetti Cpr, rappresenta l’ultima diabolica perversione concepita da chi – per dirla con le parole di Papa Francesco – lancia degli inesistenti allarmi a soli fini propagandistici; in altre parole, pensata per puro e basso sciacallaggio politico-elettorale. Il governo non capisce (o non vuole capire!) la differenza tra un’emergenza ed un fenomeno strutturale ed epocale che non si può certo fronteggiare con decreti e spot mediatici.

Ma oltre al danno c’è la beffa! Il polverone mediatico-sicuritario serve infatti a coprire le vere emergenze del paese di carattere economico ed occupazionale; al Pil e alla produzione industriale in decrescita si sommano la disoccupazione in aumento, il taglio alle forme di sostegno per le famiglie in condizioni di povertà e lo spreco della preziosa ed irripetibile occasione fornita dal “Next Generation Eu”; giova ricordare che fino ad oggi nessun governo si era trovato sul tavolo circa duecento miliardi di euro da spendere oltre le risorse ordinarie. Ma purtroppo questa sbandata populistico-carceraria del governo Meloni creerà dei seri problemi all’intero paese e non solo a chi porta la responsabilità storica e politica di queste scelte sbagliate.