Il premierato non è la risposta al malessere della democrazia

Per restituire voce e peso agli italiani si cambi la legge elettorale e si riformino i partiti, oggi poco democratici: non sono forse i leader a scegliere i parlamentari?

Il premierato in versione italiana potrebbe portarci a una versione – ristretta – della democrazia e potenzialmente illiberale se non si affrontano e risolvono altre questioni strettamente connesse. Innanzitutto occorre considerare che la partecipazione al voto è sempre più ridotta e che quindi i vincitori elettorali hanno margini di consenso reale nel paese sempre più marginali. I motivi della disaffezione sono vari e vanno affrontati prima di attribuire ai vincenti di turno ancor più poteri. In queste considerazioni occorre includere che il tasso di democraticità dei partiti è scarso. I vertici sono in mano a poche persone difficilmente scalzabili in quanto veri congressi elettivi sono ormai fattori rari, in genere la leadership è determinata da rapporti di forza correntizi avallati poi da convention plebiscitarie (il Pd fa ancora eccezione). A questo va aggiunto che con questo sistema elettorale (con liste bloccate) i parlamentari non sono eletti dai cittadini ma imposti dai segretari che dispongono delle liste usualmente in base a criteri di fedeltà e spartizione correntizia. 

Se non si cambia il sistema tornando alle possibilità di preferenza, nella bieca sostanza i vertici di partito scelgono i parlamentari i quali più che al bene del paese vengono vincolati al bene del partito e capo. Se quindi dovessimo aggiungere l’elezione diretta del premier il quale e’ anche a capo di un partito avremmo, per somma delle condizioni fin qui esposte, poche persone (i leader di partito) con in mano il parlamento e i poteri di governo. Checché si cerchi di negare è poi innegabile che l’elezione diretta del premier tolga peso sostanziale al Presidente della Repubblica e al parlamento. È questo il vero grave vulnus della riforma, chiunque abbia un minimo di cognizione politica non può ignorare il punto centrale: una istituzione che deriva la sua legittimazione dal Parlamento posta a confronto con un’altra istituzione legittimata dal corpo elettorale è paragonabile a un pallone sgonfiato.

Questa riforma va a minare proprio l’autorevolezza di cui finora ha goduto il Presidente della Repubblica in quella funzione di equilibrio e garanzia che esercita attraverso atti formali e informali. Al primo scontro il premier addurrebbe a proprio vantaggio il peso politico che gli viene attribuito direttamente dal popolo, lo sappiamo, ed è ipocrita cercare di smentirlo. Si vuole poi eliminare la possibilità che in caso di crisi il capo dello stato possa suggerire alle camere un governo “tecnico” (norma antiribaltone), una grave limitazione dei poteri di manovra del presidente ma soprattutto una grave limitazione del bene del paese in contesti di crisi. Ad esempio con norme del genere non avremmo potuto avere un governo Draghi che invece e’ stato provvidenziale in un momento di grave crisi. 

Un governo deve essere al servizio del paese, certamente un paese non deve essere a disposizione di un governo.

In generale occorre avvertire che quando personaggi politici propongono la formula “date più potere a me per averlo voi” c’è il rischio – dell’inganno – per il popolo perché, chi si prende più potere, poi non è detto che lo restituisca. Il potere del popolo è al sicuro se consegnato al parlamento che lo rappresenta e se questo è libero con poteri e margini di manovra. Il potere del popolo è garantito se può scegliere i suoi rappresentanti. A dir la verità poi pare che molti esponenti politici più che ad ampliare il consenso elettorale siano più interessati a mantenere e aumentare il potere acquisito modificando le regole, ma questo è un altro discorso che ci rimanda alla qualità della classe dirigente. Occorre inoltre considerare che ogni paese, ogni popolo, ha la sua storia e cultura democratica e in questo senso sono inutili scopiazzamenti di altre nazioni. Certamente si possono introdurre correttivi per garantire maggiore stabilità e poteri dell’esecutivo. Il cancelleriato tedesco offe validi spunti. Occorre affrontare in primis la democraticità dei partiti, magari con una legge auspicata già nella costituente, e del sistema elettorale. I ruolo e poteri del presidente del consiglio saranno quindi meglio definibili se compensati nel sistema di poteri e contropoteri della sistema istituzionale. Siamo un paese democratico, cerchiamo di restarlo.