Il principe e il povero: mito, destino e rinascita di Senna.

Il Primo Maggio cadeva il Trentennale della scomparsa di un grande campione della Formula 1: il brasiliano Ayrton Senna da Silva. Un suo pensiero: "La vita è troppo breve per avere dei nemici".

Roland e Ayrton insieme nel commiato

“…Il giorno dopo, il dottor Piana ed io ci eravamo recati presso la Medicina Legale di Bologna. Ancora oggi mi riesce impossibile descrivere e raccontare l’emozione, l’angoscia e il dolore che mi pervase alla vista di Roland e Ayrton. Erano là, ognuno su una barella, distesi uno di fianco all’altro, in un pallore mortale, surreale. Il grande campione e il pilota che inseguiva la gloria, accomunati dalla stessa passione, quasi in un abbraccio fraterno prima di dividersi per raggiungere i lontani luoghi del loro riposo eterno”.

Così racconta il dottor Domenico Salcito. Leader del team medico di primo intervento all’Autodromo di Imola nel 1994, sfilò il casco ad Ayrton Senna e vistolo senza coscienza, con il sangue che usciva da bocca, naso e orecchi, decise per una estrazione immediata – che fu fatta a braccia – del pilota dall’abitacolo.

Il Sabato 30 Aprile di trent’anni fa, dopo l’incidente e la morte (sul colpo, anche se poi fu fatto dichiarare deceduto all’ospedale per evitare il sequestro dell’autodromo) dell’austriaco Roland Ratzenberger, vedendo Senna cupo più del solito, Sid Watkins, il neurologo chirurgo inglese capo dello staff medico della FIA per i Gran Premi, lo consigliò: “…Ayrton, sei stato tre volte campione del mondo, sei il pilota più veloce, cos’altro vuoi fare? Lascia tutto e andiamo a pescare…”.

Cosa ci fanno tre Ministri degli Esteri ad una curva di un autodromo chiuso nella Festa del 1° Maggio? 

Istituzioni e politica hanno da sempre avuto un nesso con lo sport (da Olimpia): atleti – soprattutto se vincenti – vengono presto ricevuti a palazzo; la Camera il 1° Agosto 2021 fa partire una standing ovation per gli ori di Jacobs e Tamberi; Nixon nel 1972 è ufficialmente il primo americano a mettere piede in Cina dopo la rivoluzione di Mao del ’49 grazie alla ping pong diplomacy, e via di questo passo.

Ma nel caso del Primo Maggio di quest’anno c’era qualcosa di diverso, fuori dall’ordinario: si celebrava il Trentennale della scomparsa, in modo drammatico, di un grande campione della Formula 1, il brasiliano Ayrton Senna da Silva.

Come chi non segue il ciclismo sa chi sono Coppi o Merckx, così anche chi non segue l’automobilsmo sa chi sono Nuvolari, Lauda, Villeneuve, Schumacher e soprattutto lui, Ayrton Senna. Nell’inflazione di classifiche che ci sommerge per qualsiasi cosa, Senna, soprannominato Magic, viene collocato al primo posto come il più grande di tutti. Eppure a turno, al primo posto, dove adesso c’è Lewis Hamilton, ci sono stati Schumacher, detto il cannibale – 7 volte campione del mondo e dal 2000 al 2004 cinque volte di fila con la Ferrari -, Lauda, detto il computer, Jim Clark, il mito degli Anni ’60, e ovviamente Nuvolari, Varzi, Ascari, Castellotti e Fangio, quando l’Italia non era al top solo per le macchine – Alfa, Ferrari, Maserati, Lancia – ma anche per le sue leve di piloti (da un pezzo esaurite, da noi troppo costoso per un ragazzo cominciare a impratichirsi).

 

Ricordo di Senna