Intervista | Sempre più invasivi e necessari: i social nell’analisi di Ruben Razzante

Intervista esclusiva al prof. Razzante sull’ultimo libro “I social (media) che vorrei”, da lui curato per l’editore Franco Angeli (2023). Il libro indaga i processi innovativi che stanno modificando la nostra vita.

Caro prof. Razzante il libro che Lei ha curato per la Franco Angeli non nasconde una misurata ambizione: fare il punto della situazione, attraverso una lettura polifonica delle evidenze attuali e delle prospettive di indirizzo, nel mondo della comunicazione e delle relazioni umane in un contesto in cui la “tecnologia corre come una lepre”, per usare le Sue parole e riesce difficile inseguire questa evoluzione esponenzialmente crescente fissando regole e norme che stabiliscano criteri e modalità d’uso, piantando paletti che impediscano il fuoripista. Vuole approfondire questa scelta dal punto di vista della sua utilità ma anche della sua implicita necessità, per mettere ordine in una realtà che spazia dal reale al virtuale (e viceversa)?

L’integrazione tra media tradizionali e nuovi media accelera i processi di trasformazione delle economie e delle società, rende ancora più breve il ciclo delle informazioni e incide sugli equilibri di mercato e sulla geografia dei poteri. È lo stesso concetto di sovranità statale ad essere andato in crisi perché nella dimensione virtuale la dialettica tra libertà e responsabilità si declina in forme nuove e a volte sembra che la qualità dei contenuti rivesta un ruolo secondario rispetto alle logiche di business delle piattaforme. Ma non è e non sarà così perché per rafforzare la democrazia della Rete diventeranno decisive trasparenza, competenza, cultura digitale e centralità della persona. Lungimiranza dei legislatori e autodisciplina degli operatori contribuiranno a realizzare la catarsi dell’infosfera. Come lei evidenzia, nel volume sottolineo come la tecnologia stia correndo come una lepre e il diritto sia in vistoso affanno nel raggiungerla, anche se riesce comunque a rimanere nella sua traiettoria. Le suggestioni che il rapporto tra innovazione e regole pone all’attenzione degli addetti ai lavori sono disseminate nell’ecosistema digitale come piume di un cuscino strappato. Le trasformazioni che investono il mondo dei media schiudono nuovi orizzonti di riflessione per tutti gli attori della filiera di produzione e distribuzione dei contenuti. 

Per focalizzare le tematiche più ricorrenti nell’ambito dei social media pare improprio usare l’espressione “status quo”, poiché si tratta di argomenti e innovazioni in rapida evoluzione. Seguendo la traccia del suo libro si riscontra una molteplicità di approcci, si parte dal metaverso, si passa attraverso l’informazione e da questa al giornalismo, si considera il tema della progressiva digitalizzazione anche nella P.A. e si evidenziano le problematiche connesse sul piano etico e del diritto: quali criteri l’hanno motivata nella scelta delle aree tematiche e dei contributi raccolti?  In realtà gli argomenti considerati hanno una sequenza logica ma non una tassonomia: l’obiettivo è dunque quello di ottimizzare le singole analisi per offrire un ventaglio di punti di partenza per ulteriori approfondimenti? Ci saranno nuovi step?

 Leggere l’evoluzione del sistema mediatico attraverso le lenti delle aziende editoriali, delle piattaforme web e social, delle authority, degli studiosi, dei giornalisti, dei comunicatori e delle nuove figure professionali impegnate nel settore è quanto si è cercato di fare in questo volume. Dar vita a un coro polifonico rappresentativo di tutte le anime e le identità che popolano l’ecosistema mediale significa offrire ai decisori istituzionali, anch’essi coinvolti in questa iniziativa editoriale, un’analisi di scenario non superficiale per valutare possibili interventi legislativi e nuove linee guida finalizzate a governare al meglio gli urti dei cambiamenti indotti dalla digitalizzazione. “I (social) media che vorrei” ospita riflessioni incentrate sul ruolo che le regole, i principi, le competenze, le professionalità, gli asset strategici e le buone pratiche possono avere nella costruzione di una democrazia digitale inclusiva, rispettosa dei valori della persona e imperniata su un corretto e maturo rapporto tra uomini e tecnologie. La multidisciplinarità che anima questa pubblicazione può diventare un sistematico approccio istituzionale alla delimitazione dei confini del terreno di gioco. Scrivere le regole tutti insieme, con una visione prospettica che guarda al futuro senza cedere alla schiavitù del presentismo, vuol dire applicare alla democrazia della Rete il metodo socratico della maieutica. Ho chiesto a ciascuno dei coautori di raccontare esperienze, di svolgere riflessioni attinenti al suo ambito di impegno professionale, aziendale e istituzionale e di formulare auspici e proposte, al fine di poter mettere a disposizione dei lettori una rappresentazione fedele di quanto sta accadendo nel mondo dei media e una proiezione verso quelli che potranno ragionevolmente essere gli scenari futuri. Mi auguro si possa trattare di un utile contributo al dibattito pubblico su temi quanto mai decisivi per il progresso della cultura digitale. I prossimi step sono imprevedibili e dipendono dagli stimoli che la realtà della digitalizzazione offrirà a noi studiosi e agli addetti ai lavori.

L’idea di metaverso va oltre la mera evoluzione di internet e si può esplicitare come un mondo virtuale inclusivo. Qualunque area dell’osservazione, della ricerca e delle interazioni relazionali si consideri, la frequentazione dell’ambiente virtuale del metaverso può facilitare e implementare la dimensione spazio-temporale della conoscenza. Tuttavia non ci si può esimere dal considerare gli aspetti etici correlati a questa attesa potenzialità espansiva. A cominciare dalla rassicurazione emotiva del navigatore virtuale di fronte ad un ambiente carico di incognite, per proseguire con una possibile dispersione cognitiva se non correttamente orientati, per ipotizzare ancora – non senza motivo – come la vastità dei campi di esplorazione richieda una selezione degli obiettivi che si intendono perseguire. Possiamo affermare che il metaverso funzionerà e sarà utile e credibile se favorirà i processi di riconversione dal mondo virtuale a quello reale, in modo che l’immedesimazione nel primo non precluda la consapevolezza che il contesto in cui viviamo impone dei limiti per non compromettere l’identità della dimensione umana? Psicologi, pedagogisti, sociologi, persino psichiatri si chiedono se il metaverso sia un passo necessario da compiere. Se l’uomo cederà il posto al proprio avatar.

Del metaverso si parla in vari saggi del volume, in particolare in quello firmato da Flavio Arzarello, di Meta, che ne delinea i contorni e aiuta a scrutarne i possibili orizzonti applicativi. Come spiega Arzarello, “il metaverso non è che il prossimo naturale passo del percorso fatto fino a oggi, una tecnologia capace di far vivere un’esperienza non più bidimensionale ma immersiva e, di conseguenza, estremamente più coinvolgente, realistica ed in grado di superare le limitazioni odierne”. In particolare, l’effimerità, la presenza fisica e l’immersività rappresenteranno i tratti distintivi del metaverso e i caratteri di unicità che già ora lo differenziano da internet per come lo conosciamo oggi. 

È assai probabile che il metaverso possa essere caratterizzato da una molteplicità di utilizzi che oggi non riusciamo ancora a immaginare. Di certo le potenzialità espansive del metaverso vanno accolte con interesse e spirito costruttivo, pur senza trascurare i dilemmi etici ai quali lei alludeva. Il metaverso può avvicinare l’ecosistema mediale alla realizzazione di un nuovo umanesimo digitale davvero inclusivo e intrinsecamente democratico, a patto che il suo sviluppo tecnologico proceda di pari passo con la consapevolezza delle sfide culturali che esso implica. Il Metaverso è un’espansione virtuale del mondo reale, dove viviamo e interagiamo attraverso un avatar e tramite dispositivi tecnologici e indossabili, come smart glasses, caschi e visori di realtà virtuale, guanti e tute tattili. Un mondo digitale in cui le persone possono vivere una vita parallela a quella del mondo reale. Tuttavia, urge un “galateo” per il Metaverso. 

Ne è la riprova la circostanza che l’Unione europea è impegnata nella definizione di una proposta di Regolamento sul Metaverso, al fine di perimetrarne con precisione un concetto e di consentire alla comunità virtuale di comprenderne la portata. I problemi giuridici posti dal Metaverso in ordine alla tutela della privacy degli utenti, alle criticità legate al riconoscimento del diritto della proprietà intellettuale e alla individuazione delle responsabilità degli avatar appaiono incalzanti. Ci vuole un nuovo quadro giuridico incentrato su un rapporto dinamico tra essere umano e nuove tecnologie. 

 

Per leggere il testo integrale dell’intervista