Iran, donna condannata a morte per aver preso a calci un paramilitare

Fahimeh Karimi è accusata del reato di moharebh, cioè di guerra contro Dio. anche se non risulta ufficialmente che Dio si sia mosso da dove risiede per ingaggiare uno scontro per punirla.

Le brutte notizie conoscono lulteriore sfregio di cadere fatalmente nelloblio. Si sa che in Provincia c’è notoriamente poca autonomia, comanda da sempre un rappresentante del potere centrale. C’è chi la chiama scherzosamente Provingia”  per sottolineare un accento da retroterra.

Siamo a Natale 2022. A Pakdasht, provincia di Teheran, è stata inflitta la pena di morte a Fahimeh Karimi,  una donna che ha preso a calci un paramilitare governativo Basiji. Qualcosa che contraddice la fonte del suo nome che la descrive come persona intelligente e brillante. È avvenuto in occasione della protesta contro il regime per la brutale repressione contro le donne dopo le proteste per luccisione di Masha Amini colpevole di non aver indossato perfettamente il velo. Paramilitare ci dice che è affine al potere, gli è da presso ma non lo incarna in prima persona. Forse per questo Fahimeh, poco considerandolo, lo ha preso a calci e non ha usato lesperienza delle sue mani.

Da allenatrice di Volley avrebbe potuto fare di meglio. Il potere comunque ha temuto di subire il colpo in virtù di una sua lezione di schiacciata, che alzasse in alto la palla, facendo volare in cielo la speranza per poi farla cadere veloce in campo avversario, facendo il punto della vittoria finale con una decisa smanacciata di quelle buone. È accusata del reato di moharebh, cioè di guerra contro Dio. anche se non risulta ufficialmente che Dio si sia mosso da dove risiede per ingaggiare uno scontro per punirla. È unallenatrice: potrebbe insegnare ad altre come si agisce. Meglio non correre rischi e farla subito fuori. Se pensava di fare una rivoluzione, hanno deciso come le si rivolgerà contro.

Sarà perché Teheran si porta appresso la frustrazione di essere a sua volta provincia, sempre in ombra rispetto alla più antica e blasonata città di Ray. È sempre stata seconda a questultima, tant’è che la intendono anche come un incastro di fondo o profondità”, insomma, almeno ai primordi, non più di un villaggio a ridosso della bella Ray. Altri, sviando la frustrazione delle origini, indicano come sia piuttosto la città di coloro che cacciano e sparano. Riassumendo: unanima selvaggia. Su questo, vista la storia recente, non sembra si possano sollevare dubbi eccessivi.

Ogni potere ha il naso lungo e sa scavare negli archivi del passato per scovare i nemici. Il Volley da principio si chiamava Mintonette, un gioco dal sapore tutto lezioso e femminile, praticato in Francia da nobili e dame. In apparenza nulla di pericoloso. Alla fine dell800 fu ribattezzato con il nome di Faustball cioè “pallapugno. Qui già le avvisaglie di un pericolo incombente. In seguito divenne Volleyball, Pallasparata. Il regime, a tanta evidenza, non ha potuto chiudere gli occhi e far finta di nulla. È sui media di questi giorni una foto di Fahimeh. Ritrae un volto intenso, con sguardo e inclinazione simili alla Madonna della Pietà di Michelangelo mentre stringe il Figlio morto. Fahimeh, tutto presagendo, guarda, consapevole, a ciò che sarà di lei. A Teheran, vista la situazione, temono colpi di mano. Sarà per questo che mozzano i cuori di chi respira.

In questi giorni, invece, lappello del padre di Masha Amini che, malgrado i divieti, ha annunciato che celebrerà religiosamente lanniversario della morte di sua figlia. La giornalista Nazila Maroufian sta andando assai meglio. Dal carcere di Evin dove è rinchiusa, attraverso un messaggio registrato, fa sapere di essere stata solo violentata dai suoi carcerieri. Non potendo decidere lastinenza dal sesso, ha deciso di fare lo sciopero della fame. Sta andando meglio al regista Saeed Roustayi condannato a sei mesi di carcere per aver presentato a Cannes un suo film senza la preventiva autorizzazione del regime. Per cinque anni dovrà seguire un corso di cinema approvato dalle autorità, una sorta di rieducazionealla materia. Si accantona ciò che è ormai una partita chiusa. Se da una ferita esce ancora sangue si può temporaneamente, per ribrezzo, distogliere lo sguardo ma non dimenticare. Il solo medicamento è la nostra attenzione.