Quello che fino a qualche anno fa sarebbe stato interpretato in maniera univoca, il titolo di questa tavola rotonda: “Italiani all’estero e sistema paese. Risorse, Investimenti, Prospettive”, necessita oggi di alcuni distinguo ed approfondimenti.
Dobbiamo infatti prendere atto che c’è stata una evoluzione profonda, soprattutto in Europa, America del Nord, Asia, nella tipologia dell’emigrazione italiana, e, quindi, degli italiani residenti all’estero. Oggi assistiamo prevalentemente ad un flusso in uscita costante di giovani preparati, e comunque motivati e vogliosi di valorizzare la loro preparazione o abilità e con il forte desiderio di affermazione professionale e sociale.

Questa nuova realtà, nota come fuga dei cervelli, che io preferisco invece definire mobilità dei cervelli, sia detto per inciso non è affatto nuova, a parte le dimensioni numeriche che sono il frutto della globalizzazione e dell’aumento vorticoso dei movimenti delle persone, si va a sommare con una presenza antica e tradizionale, anch’essa però suddivisibile in varie fasce. Due realtà che sono assai diverse tra loro e che tendenzialmente non si sommano e addirittura non si relazionano, non formano quindi un sistema, se non in rare occasioni, per lo più riferite a festività o ad eventi sportivi.

Ma ciò non è sufficiente ad identificare la realtà degli italiani all’estero, poiché dobbiamo anche tener conto della internazionalizzazione delle imprese, che seppure con differente intensità secondo la direzione dei flussi e con modulazione difforme per tempo, per zona geografica, per settore o per dimensione delle imprese coinvolte, ha toccato profondamente l’economia del nostro Paese, con significativi investimenti esteri in Italia e massicci investimenti italiani all’estero, per lo più raggruppabili nella categoria delle delocalizzazioni. Bisogna poi aggiungere la realtà, non più genericamente identificabile come comparto marginale dei servizi, ma ormai con il rango di industria o primario elemento di crescita, che è il turismo, con i flussi di entrata ed uscita in Italia di ingenti quantità di persone, e non più per forza per periodi della durata di qualche giorno.

Dall’insieme dei due fenomeni appena descritti, è poi derivata una nuova specie di residenti in Italia: stranieri che non si sono limitati a fare l’ottocentesco “grand tour”, ma affascinati da uno o più degli attrattori tipici del nostro Paese e cioè: la storia, l’archeologia, la musica, il cibo, le bellezze artistiche, monumentali e naturali, il modo di vivere etc, hanno scelto di vivere nella Penisola, indipendentemente dalla cittadinanza.

Aggiungendo infine le migliaia di extracomunitari che, arrivati da noi e non solo per transito, da noi si sono fermati a lavorare, fare impresa, costruire famiglia, contrastando la decrescita della natalità. E’ del tutto evidente quindi che, come esistono più tipologie di italiani all’estero, esistono pure diverse tipologie, anche rilevanti per ampiezza numerica, di non nati in Italia che però hanno scelto di vivere in Italia periodi anche lunghi della propria vita, per motivi economici o perché condividono valori e gusti della nostra cultura: tutti insieme, sempre con le distinzioni e sfaccettature che tra l’altro non sono una novità nella nostra Penisola, da sempre terra di ibridazione e mescolanza, e della nostra cultura arricchitasi nei secoli per successive stratificazioni, rappresentano una collettività ideale che Piero Bassetti ha identificato nel suo libro-manifesto, come “italica”.

Un quadro così variegato come pur sommariamente descritto, necessita una risposta innanzitutto di tipo culturale: Una cultura o civiltà è un insieme di modelli comportamentali, valori e credenze, rappresentazioni sociali, processi comunicativi fondati su significati condivisi, percorsi e meccanismi identitari derivati dalla storia, dall’ambiente, dalla geografia, dagli influssi religiosi o ideologici: un amalgama antico ma anche influenzato dagli avvenimenti e dalle idee anche recenti e contemporanee, che noi della Associazione Svegliamoci Italici, di cui sono vice presidente, denominiamo ITALICA, una realtà culturale ed economica e secondo noi in futuro anche istituzionale, quando nel mondo ci si renderà conto che i confini territoriali non reggono più all’urto della globalizzazione.

La cultura italica è certamente più antica di quella italiana, e possiamo dire che siamo italiani da 150 anni ma italici da 2.500! E forse la salvezza per l’Italia potrà venire non solo dall’essere pienamente in Europa, ma grazie al contributo e sostegno, tutto da stimolare, motivare ed organizzare, da parte dei 250/300 milioni di Italici che sono sparsi nel mondo.