La Bonino può fallire, Calenda può vincere.

Sulla condotta dei riformisti di fronte alle elezioni, presidiano di fatto i poli opposti dell’alternativa. Accordarsi è per entrambi complicato. In questo quadro, spetta però a Calenda l’ultima parola.

Il 24 febbraio potrebbe essere un flop. La proposta di Emma Bonino per una lista (Stati Uniti d’Europa) che veda unite le forze aderenti a Renew Europe registra tuttora il rifiuto di Carlo Calenda. Non si vede come la data prevista per il varo dell’intesa autorizzi a sperare in una qualche soluzione, magari in extremis. Le distanze restano grandi, per non dire incolmabili.

“La risposta più logica – riferiscono alcuni ambienti renziani sondati dall’Ansa – è che al netto della posizione assunta da Azione, Più Europa, Libdem ed Italia Viva possano procedere alla messa in campo della lista di scopo. Il partito di Matteo Renzi ha dato da subito parere positivo alla proposta sulla lista di scopo, in modo inequivocabile con l’intervista di Maria Elena Boschi. D’altra parte nei giorni scorsi, Emma Bonino, era stata chiara: no a veti”.

Che senso ha questa uscita? Si tratta più che altro di un pressante invito ad andare avanti, anche se la debolezza dell’iniziativa è al momento l’unica constatazione valida. La Bonino si appresta a camminare sui carboni ardenti e non è detto che superi la prova da fachiro. È più facile immaginare che posssa uscire malconcia da un’operazione che in cuor suo dovrebbe amalgamare i liberal-riformisti, lasciando  intravedere la nota abilità degli “ex radicali” (Più Europa) nel prêt-à-porter delle formule elettorali.

Bisogna guardare a un orizzonte più ampio. Certamente dalle parti di Calenda si deve ancora chiarire quanto pesi nella scelta dell’isolamento la manifesta avversione per Renzi e quanto invece la preoccupazione per un risucchio nel vortice della confusione, a tutto danno di quella “Nuova Margherita” (o cosa simile, possibilmente migliore) che sta in sofferta incubazione nell’esperienza di Azione. In un certo senso, pagando il prezzo dell’ambivalenza, la tenacia di Calenda rafforza questa seconda prospettiva. D’altronde i percorsi della politica non sono sempre lineari, anzi talvolta rivelano nella fatica del percorso una latente virtuosità.

L’analisi porta ad una conclusione inoppugnabile. Bonino e Calenda presidiano ormai i poli opposti dell’alternativa. Accordarsi è per entrambi complicato, uno dei due perderebbe definitivamente di credibilità. Può essere uno scontro miserevole o una disputa illuminante, con al centro la politica. E l’ultima parola spetta proprio a Calenda.