In agosto le città respirano, anche loro! Molte case di residenza abituale si svuotano almeno per alcuni giorni, perché “si va in ferie”.
Da quelle bellissime e comode fino ai tuguri (purtroppo esistono) gli abitanti che vi alloggiano le considerano il tetto protettivo, il luogo di tutte le esperienze esistenziali, serene o drammatiche: di felicità e di dolore.
Sulla casa, e sulle case, si può dire di tutto e la letteratura, non solo sociologica o architettonica, descrive modi di abitare che fanno sintesi di mondi, di contesti, di sentimenti. Tanti palazzi sono somme di case, che costituiscono il tessuto urbano. Dove ci sono abitazioni scorre la vita della città.
Ogni amministratore comunale avverte che la città non è solo territorio, ma “una casa comune in cui tutti gli elementi che la compongono sono organicamente collegati; come l’officina è un elemento organico della città, così lo è la Cattedrale, la scuola, l’ospedale. Tutto fa parte di questa casa comune. Vi è dunque una pasta unica, un lievito unico, una responsabilità unica che è collegata ai comuni doveri.” E ancora Giorgio La Pira, venerato sindaco di Firenze negli anni 50, esortava i cittadini della nuova città satellite dell’Isolotto “Amate questa città come parte integrante, per così dire, della vostra personalità. Voi siete piantati in essa e in essa saranno piantate le generazioni future che avranno in voi radice. È un patrimonio prezioso che voi siete tenuti a tramandare intatto, anzi migliorato ed accresciuto, alle generazioni che verranno”. “Ogni città – aggiunse –racchiude in sé una vocazione ed un mistero. Amatela dunque come si ama la casa comune destinata a voi e ai vostri figli”.
Una grande responsabilità, non solo per gli amministratori, perché la città è di tutti anche se non se ne è pienamente consapevoli.
È vero che anche le nostre case possono essere modeste e, per molte persone per le più diverse circostanze, non sono nè linde nè lussuose; tuttavia è comune il sentimento di protezione che inducono. Chissà perché non dobbiamo coltivare lo stesso sentimento nei confronti della nostra città, che sia metropoli o borgo.
Osservando lo stato di salute dei nostri territori non possiamo non sentirci colpevoli, singolarmente e tutti insieme, per il disimpegno, l’indifferenza e il maltrattamento che dedichiamo. La città non si sporca da sola e costa molto pulirla. È un’affermazione di Lapalisse, eppure la maleducazione regna sovrana. Vediamo persone che gettano per terra mentre camminano, o dai finestrini, quando sono in auto, qualsiasi oggetto. Lo faremmo a casa nostra? La fatica di scaricare gli ingombranti sul ciglio delle strade sarebbe la stessa anche per raggiungere un’isola ecologica… è proprio la testa che manca!
Mancano anche i controlli! Se fioccassero un po’ di multe salate (forse non basta uno per educarne tanti), i Comuni otterrebbero due vantaggi: economico ed ecologico.
Non mi nascondo che la prima responsabilità per la gestione ordinata della città è dei suoi amministratori. Questi devono amare la loro città, conoscerla in ogni meandro: la periferia è città come il centro storico. Si muovano per il territorio; verifichino quali sono le vicissitudini dei cittadini che affrontano quotidianamente il traffico. Conoscerebbero semafori collocati in modo sbagliato, le buche delle strade, gli alberi malati, i tombini ostruiti di tutto, le pedonalizzazioni che ‘uccidono’ la città perché rendono più difficile e lento il traffico, per cui si inquina anche di più e si consuma più energia.
Se il sindaco e tutti gli amministratori si immedesimassero nei propri concittadini non renderebbero impossibile utilizzare i mezzi di trasporto pubblico la cui velocità commerciale è uguale a quella pedonale, perché troppi pullman turistici e panoramici rovinano la città. Ci sono parcheggi di scambio fuori città. A Roma, per esempio, durante il giubileo 2000 i pullman non entravano in città: sarebbero stati uno sfacelo. Gli amministratori hanno un esempio da copiare. Vale anche il ricordo del Giubileo 2000 (sindaco Rutelli): agli amministratori non giunse un avviso di garanzia e furono molte le opere. Sarebbe stato così anche per le Olimpiadi a Roma. Sarebbero giunti finanziamenti utili al restayling della città. Inutile temere la corruzione se si è incorruttibili. In questo ambito sarebbe bello poter finalmente constatare che per le opere pubbliche le gare prevedano date e fondi certi, altrimenti non si avviino. Ai ritardi corrispondano pesanti penalità e si preveda di lavorare giorno e notte, per rispettare i tempi di consegna e risparmiare disagi ai cittadini utenti.