La contesa sull’antifascismo di Scurati rivela la crisi della Rai

È ancora possibile far sì che una corretta, oggettiva e - per quel che è possibile - trasparente informazione del servizio pubblico radiotelevisivo italiano non sconfini sistematicamente nell’attacco personale e nella faziosità?

La polemica innescata dalla sinistra e dai populisti sul breve ma durissimo comizio di Antonio Scurati non trasmesso dalla Rai – ma comunque letto in diretta dalla conduttrice del programma – contro Giorgia Meloni arriva puntuale come le stagioni meteorologiche. Del resto, il 25 aprile si avvicina e, come da copione, va radicalizzato il dibattito politico sul possibile “ritorno del regime”, sul fascismo ormai alle porte, sulla inesorabile restrizione di tutte le libertà democratiche e via scioccheggiando.

Ora, al di là di queste baggianate e con la speranza che arrivi al più presto il 26 aprile per ritornare semplicemente alla realtà, alcune cose vanno pur dette. Certo, chi legge la Stampa di Torino o la Repubblica in questi ultimi giorni – cioè i quotidiani più scatenati e più faziosi contro Giorgia Meloni e il centro destra – sembra di essere veramente alla vigilia di una ormai inesorabile svolta autoritaria dove l’unica possibilità di sopravvivenza per i sinceri democratici come noi è quella di scappare al più presto in montagna per iniziare la battaglia contro l’invasore. Ma, ripeto, è tutto un copione che finirà, come sempre, il 26 aprile.

Detto questo e dando per scontato l’ennesimo dibattito surreale e del tutto virtuale, torniamo al documento di Scurati – che ormai tutti conosciamo – per fissare alcuni brevi paletti.

Innanzitutto il documento andava letto in Rai dall’autore e senza alcuna polemica. Certo, al di là della sottolineatura e del richiamo di alcuni fatti storici ormai noti a tutta Italia, si tratta di un piccolo e violento comizio politico lanciato frontalmente contro Giorgia Meloni. E sin qui tutto normale e persin scontato.

In secondo luogo, e come sempre, la furbizia e la rapidità di movimento di Giorgia Meloni ancora una volta hanno breccia. E cioè, pubblicando il documento di Scurati sulla sua pagina Fb a conferma che non si deve nascondere nulla. Anche i comizi politici più settari e più faziosi.

In terzo luogo, essendo cambiati in profondità la qualità e la funzione del servizio pubblico radiotelevisivo, oggi la salvaguardia del pluralismo significa semplicemente la garanzia della faziosità politica. E il documento di Scurati rientra perfettamente e quasi ontologicamente in questa classificazione. Si tratta, cioè, di un piccolo manuale utile per tutti i militanti della sinistra in vista delle manifestazioni del 25 aprile contro Giorgia Meloni e il suo Governo.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, una corretta ed oggettiva lettura e ricostruzione del passato non può essere sempre confusa ed impastata con una irriducibile e strutturale faziosità politica e culturale. Un solo esempio e confronto con il passato della Rai, certo non paragonabile con gli attori, i giornalisti e e gli artisti contemporanei a conferma di questo assunto. E cioè, la “notte della Repubblica”, uno dei tanti capolavori televisivi del “gigante” e “maestro” Sergio Zavoli, è mai stato sfiorato da una polemica faziosa o settaria o partigiana del programma sotto il profilo politico e culturale? Per non parlare di moltissimi altri programmi televisivi di approfondimento politico, culturale e sociale. 

È ancora possibile far sì che una corretta, oggettiva – per quel che è possibile – e trasparente informazione del servizio pubblico radiotelevisivo italiano non sconfini sistematicamente nell’attacco personale, nella faziosità politica più becera e nella demolizione sistematica di tutto ciò che non rientra nella ideologia del “politicamente corretto”?

Questa era, e resta, la vera sfida del futuro della Rai, del suo pluralismo, della sua imparzialità e, soprattutto, della sua professionalità e del suo ruolo nella società italiana. Se il tutto si limita al business, ai contratti milionari, alla faziosità permanente e al settarismo più sfacciato, tanto vale privatizzarla e chiudere definitivamente una pagina, seppur gloriosa e nobile, della storia italiana ed europea legati all’informazione, alla cultura, alla storia e al giornalismo.