La cultura politica del Centro agli antipodi della partitocrazia dei capi

Se c’è un luogo dove la deriva antipolitica, come quella dei partiti personali e del capo, non può avere alcuna cittadinanza è proprio quello che declina una “politica di centro”.

La cultura politica del Centro agli antipodi della partitocrazia dei capi

 

Se c’è un luogo dove la deriva antipolitica, come quella dei partiti personali e del capo, non può avere alcuna cittadinanza è proprio quello che declina una politica di centro”.

 

Giorgio Merlo

 

Storicamente il Centro nel nostro paese è stato rappresentato da partiti e movimenti fortemente democratici, con una marcata e visibile cultura politica, una classe dirigente autorevole e qualificata e un progetto politico autenticamente riformista e di governo. Ma, per fermarsi ad un solo aspetto di questo rapido elenco, il Centro è anche credibile se il partito o il luogo politico che lo interpreta è schiettamente democratico e trasparente. Detto in altri termini, c’è una sostanziale incompatibilità tra un Centro democratico, di governo, plurale, riformista e dinamico e l’esperienza dei partiti personali e del capo. Perché un partito che raccoglie l’eredità di un progetto politico e culturale di straordinaria importanza per la storia democratica del nostro paese non può essere guidato e governato da un partito che affida al solo capo la soluzione miracolistica di tutti i nodi politici.

Ci sono delle costanti nella politica italiana che non possono essere sacrificate sull’altare di nessuna pseudo-modernità. E la cultura politica di centro e il progetto politico di un centro riformista e di governo declinato durante l’intera prima repubblica dalla Democrazia cristiana e poi da partiti che hanno cercato di ricondurre la propria azione ai principi e ai valori che hanno, comunque sia, caratterizzato storicamente l’esperienza della Dc, non può essere a maggior ragione gestito attraverso il criterio della fedeltà al capo e ad un modello puramente personalistico.

Ecco perchè, se c’è un luogo dove la deriva antipolitica, falsamente modernista e vagamente autoritaria come quella dei partiti personali e del capo non può avere alcuna cittadinanza è proprio quello che declina una “politica di centro”. Perché, al di là di ogni propaganda o tentazione nostalgica, si tratta di un luogo che esiste in quanto produce politica e progettualità poltica. Un luogo quasi statutariamente plurale che contempla al suo interno la presenza attiva e feconda di più culture politiche e che, di conseguenza, invoca ed esige quella che comunemente viene definita come una leadership politica diffusa. Cioè, appunto, l’esatto contrario della ‘democrazia dell’applauso’ e della radicale identificazione tra il capo e i suoi supporter e tifosi.

Inoltre, un luogo che deve saper recuperare sino in fondo la progettualità politica e la dimensione democratica e collegiale del partito. E, anche su questo versante, l’esatto contrario dei partiti personali e del capo. E le prossime elezioni europee possono segnare l’avvio di questa scommessa politica. Purchè il progetto di un nuovo e qualificato Centro sappia recuperare sino in fondo quei tasselli democratici e costituzionali che hanno caratterizzato le migliori stagioni della politica italiana. E, ancora una volta, su questo versante sarà decisivo l’apporto della cultura, dei valori, della prassi e della concreta esperienza del cattolicesimo popolare e sociale. Convinti, come siamo, che solo attraverso una nuova etica politica e una rinnovata cultura democratica sarà possibile riscoprire e rilanciare una vera e credibile ‘politica di centro’.