La guerra continua ma ora Putin è più debole

Anche se le epurazioni nelle alte sfere di comando militari daranno l’idea di un repulisti generale, l’immagine di uomo forte di Putin ha subìto dal “caso Wagner” un severo oltraggio.

La guerra è sempre una follia umana. E spesso chi la inizia con grande sfoggio di ottimismo circa il suo esito finale deve poi fare i conti con una realtà ben diversa da come la si era immaginata. Non di rado subisce l’eterogenesi dei fini perdendo il potere e, spesso, la vita. Non sappiamo se sarà questa la fine di Vladimir Vladimirovič Putin, ma è certo che a quasi un anno e mezzo dall’avvio della cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina le cose si sono messe in maniera del tutto diversa da come ritenuto e annunciato in pompa magna il 24 febbraio 2022.

Tutto pareva semplice. Un intervento rapido, qualche giorno al massimo. Nel giro di una settimana, non di più, un governo fedele a Mosca si sarebbe insediato a Kiev e il “mondo russo” incarnato dall’unione culturale e politica di Russia, Bielorussia e Ucraina si sarebbe finalmente realizzato alla faccia delle ambizioni occidentaliste degli ucraini. Ma “nessun piano sopravvive al contatto col nemico”, come disse il famoso generale prussiano Helmuth von Moltke. E infatti ben presto Putin dovette assistere all’impantanamento dell’avanzata dei carri armati marchiati “Z” e alla reazione determinata, e certo non prevista, degli ucraini, assistiti prontamente dall’occidente (e forse neppure questo era stato previsto). 

Ora, sedici mesi più tardi, lo zar del Cremlino deve cominciare a preoccuparsi del fronte interno. Il suo sistema di potere è ancora solido, ma l’ammutinamento di Eugenij Prigozhin al di là di come si è concluso ha segnalato una possibile avaria, come quando nelle auto si accende una lucina arancione: non è rossa, ma non è neppure verde. Putin negli anni ha creato un mondo parallelo a quello istituzionale da poter utilizzare e pilotare direttamente, attraverso uomini a lui legati da sempre, per lo più provenienti dalla comune e antica esperienza nel KGB. Un’area grigia extra legem di fatto finanziata in modo oscuro e dubbio.

Il Gruppo Wagner, questo esercito di mercenari comandato dall’ex cuoco dello zar, appartiene a questa realtà parallela. Ampiamente utilizzata nel conflitto siriano e in numerose operazioni nel continente africano. Al punto da far ritenere agli analisti internazionali che Wagner fosse una sorta di “estensione” delle Forze Armate russe, libera però dai “limiti” che in un modo o nell’altro anche gli eserciti hanno.

Non sappiamo ancora i motivi reali che hanno indotto Prigozhin negli ultimi sei mesi ad attaccare sempre più duramente i vertici militari e il Ministero della Difesa di Mosca: forse ha  immaginato – illudendosi – di poterli sostituire in forza dei “successi” raggiunti in Africa (anche se non tutto è andato alla perfezione da quelle parti) e del suo necessario contributo in Ucraina oppure se (ipotesi più probabile) ha compreso che i suoi avversari al Cremlino avevano ormai convinto Putin a tarpargli le ali, bloccandone il lauto finanziamento statale e preparandosi a chiedere ai mercenari, come in effetti è avvenuto, di inquadrarsi nelle fila dell’esercito regolare.

Fatto è che la teatrale sceneggiata posta in atto da Prigozhin – rimasta allo stato delle conoscenze attuali assolutamente poco comprensibile, sia nella dinamica di svolgimento sia in quella di improvvisa chiusura – ha incredibilmente dimostrato al mondo la pochezza dell’apparato difensivo russo. Un pugno di mercenari con un po’ di carri armati ha conquistato senza colpo ferire una città russa dal valore logistico altissimo ed è avanzata spavalda sino a 200 km da Mosca. Un evento inimmaginabile che però si è concretizzato. 

Cosa significa? Che l’esercito russo è debolissimo? O che, più probabilmente, esso è guidato da generali privi del minimo sostegno delle loro truppe, dei loro sottoposti? O forse entrambe le cose, come del resto il fallimentare attacco all’Ucraina ha dimostrato in tutti questi lunghi mesi di guerra? Un fatto è certo: anche se la Wagner verrà smantellata, anche se lo stato russo rafforzerà la propria presa sulla società più di quanto non faccia già ora, anche se le epurazioni, sicure, nelle alte sfere di comando militari daranno l’idea di un repulisti generale l’immagine di uomo forte di Putin ha subìto dalla vicenda un severo oltraggio. Ponendo diverse domande ai suoi alleati e semi-alleati, a cominciare dai cinesi. 

Avviare una guerra non è mai una buona idea. Perché non si sa mai come va a finire…