Salvini immagina una Europa a destra ma rischia di rimanere isolato

Così il leader leghista vede il futuro dell’Ue: “Tutto il centrodestra unito, senza i socialisti”. Ebbene, questo scenario è improbabile, a meno di un crollo politico e morale del Partito popolare.

La lunga intervista concessa ieri al “Corriere della Sera” è un messaggio che Salvini lancia a tutto il centrodestra in vista delle elezioni europee. Ad una lettura superficiale, le parole del leader leghista – che oggi per altro incontra la Le Pen – sembrano scontate: il tono è quello di chi sollecita gli alleati a stringere i ranghi quanto prima, vista l’importanza che riveste l’appuntamento elettorale del prossimo anno. Non solo. Salvini chiede in effetti di ragionare attorno all’idea di un nuovo sistema di alleanze che ricalchi in Europa il modello politico italiano: tutti insieme, senza barriere a destra, libererai-moderati e sovranisti. E qui viene fuori il problema che affanna la Lega, vale a dire la sua difficoltà ad uscire dallo stato attuale di isolamento, con inevitabili ripercussioni nelle relazioni intergovernative dei ministri leghisti (in primis lo stesso Salvini).    

Dice infatti Salvini: “La Lega è pragmatica: siamo certi che a Bruxelles serva una maggioranza chiaramente di centrodestra. Non posso credere che, tra i nostri alleati ed elettori, ci sia qualcuno che preferisca le sinistre o Macron al centrodestra unito. Escludere qualcuno a priori dall’alleanza di centrodestra è miope. Il vento è chiaro e le elezioni europee saranno decisive. Non vanno riaperte le porte ai socialisti e a una maggioranza Ursula, con Pd e 5 Stelle”. In sostanza, l’allarme generico diventa un ammonimento concreto affinché gli alleati non pensino di scaricare la Lega, relegandola ai margini del grande gioco di Bruxelles e Strasburgo.

È tuttavia evidente che qualcosa non quadra nella maggioranza. La tesi di Antonio Tajani, ribadita ancora di recente, indica piuttosto la ricerca delle condizioni per allestire un’alleanza “tra popolari, conservatori e liberali”. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche se in modo più enfatico e contorto, è giunta ieri attorno all’ora di pranzo una dichiarazione di Maurizio Gasparri come replica indiretta a Salvini. Soprattutto stamane è arrivata, sempre sul Corriere, la precisazione della Premier: nessun cambiamento può estendersi – asserisce la Meloni – alle forze anti-europeiste. Ciò significa che al posto dell’attuale asse di governo, costituito in Europa da popolari socialisti e liberali, si dovrebbe realizzare una nuova intesa, escludendo i socialisti e inserendo il partito dei Conservatori e Riformatori, di cui Giorgia Meloni è presidente. Questa prospettiva eccita la fantasia del “falco” bavarese, Manfred Weber, per il quale la sopravvivenza della centralità del Ppe richiederebbe questa svolta a destra.

Sta di fatto, però, che neppure Weber contempla l’allargamento della coalizione a Salvini e Le Pen, anche perché il loro gruppo (Identità e Democrazia) ospita anche l’AfD, in questi giorni particolarmente ringalluzzita per la vittoria nel Circondario amministrativo di Sonneberg, in Turingia; ma, com’è noto, sull’AfD (accusata persino di simpatie filo-naziste) pesa la pregiudiziale della Cdu, il vero partito cardine della famiglia popolare europea. Il dibattito in corso tra i democristiani tedeschi non lascia margini alla possibile revisione della linea di rigetto della collaborazione con l’ultra destra. E dunque, quale realismo incorpora il disegno di Salvini? Non basta alzare la voce. Sempre nell’intervista citata, ecco la risposta in stile Papete su come egli vede il futuro dell’Unione Europea: “Tutto il centrodestra unito, senza i socialisti”. Ebbene, proprio questo scenario si presenta al momento come il più improbabile, a meno di un crollo politico e morale del Partito popolare.

È invece probabile che il fallimento di questa strategia finisca per ripercuotersi sulla coesione del centrodestra in Italia. Sarebbe molto strano, infatti, che la strozzatura dell’operazione in sede europea lasci impregiudicata la tenuta dell’anomalia che risale alla disinvolta manovra di Berlusconi nel 1994, quando fu rimossa di colpo la “riserva costituzionale” nei confronti della destra post-fascista. Insomma, dopo le europee si capirà quale grande opzione guiderà la politica del Vecchio Continente e quale riflesso potrà avere sulla realtà politica italiana. L’irruenza.  di Salvini non fa che chiarire quale sia la posta in gioco.