La Margherita, il pianeta che oggi sfugge al telescopio della politica.

Senza indugiare sugli elementi che hanno contribuito al superamento organizzativo di quella innovativa esperienza politica, è indubbio che la Margherita resta una pietra miliare per chi crede nella cultura riformista.

L’esperienza della Margherita all’inizio degli anni duemila ha rappresentato una straordinaria novità nel panorama politico del nostro paese. È stato il primo progetto politico autenticamente plurale; un partito con una leadership politica diffusa, seppur guidata da un leader come Francesco Rutelli, ma del tutto alternativo rispetto alla deriva dei cosiddetti “partiti personali” o “partiti del capo”; e, infine, è stato un partito che attraverso il metodo del dialogo e della tolleranza ha saputo declinare un progetto politico autenticamente democratico e di governo.

Insomma, una scommessa politica che ha sicuramente innovato la cittadella politica italiana e che, al contempo, ha innescato un processo di modernizzazione che ancora oggi viene giustamente citato come un tassello decisivo per ridare qualità e significato alla politica.

Ora, senza indugiare sugli elementi che hanno contribuito al superamento organizzativo di quella innovativa esperienza politica, è indubbio che la Margherita resta una pietra miliare per chi crede nella cultura riformista e in una vera cultura di governo. E, soprattutto, per chi resta distinto e distante da ogni sorta di deriva massimalista, estremista, sovranista e soprattutto populista. Per dirla in breve, per chi resta lontano dalla prassi della radicalizzazione della lotta politica e dalla tentazione di annientare e di criminalizzare l’avversario/nemico politico, individua in un partito come la vecchia Margherita l’approdo più coerente e più calzante per una vera e credibile “politica di centro”.

Ma, per tornare all’oggi, se la Margherita resta indubbiamente un progetto a cui guardare con attenzione – seppur in un contesto politico profondamente diverso rispetto a quello in cui il partito di Rutelli, Marini, Dini e molti altri leader centristi era protagonista – è altrettanto indubbio che dopo il voto europeo è indispensabile attivare una iniziativa politica che sia in grado di recuperare quel ‘metodo’, seppur aggiornato e rivisto, e tradurlo nella cittadella politica contemporanea.

Anche perché persiste una domanda politica – definiamola genericamente di centro – che richiede un’offerta altrettanto adeguata e pertinente. Un’offerta che oggi, per svariate motivazioni e a tutti ben note, non riesce ad intercettare con serietà, coerenza ed intelligenza quell’enorme bacino elettorale. Che, guarda caso, o si rifugia nell’astensionismo o vota stancamente, e con inerzia, altri partiti riconducibili genericamente ad una cultura e ad un impianto politico centrista.

Ecco perché, quando parliamo del progetto politico, del modello di partito e dello stesso metodo organizzativo della Margherita, dobbiamo sapere che proprio quella esperienza ci obbliga ad intraprendere una iniziativa politica da mettere in campo e che può riscuotere un consenso che sino ad oggi non hanno avuto partiti, gruppi, movimenti o liste che hanno voluto scimmiottare quella storica ed irripetibile stagione. Ed è anche per queste semplici, ma essenziali motivazioni, che l’area cattolico popolare e sociale è fortemente impegnata a ricostruire un soggetto politico di matrice centrista e che, al contempo, abbia nella cultura riformista e di governo la sua concreta bussola di orientamento.