Una nuova Camaldoli europea a fronte di laceranti derive etiche 

L’Europa avrebbe bisogno di una nuova mobilitazione ideale e programmatica, anche con il forte contributo della coscienza collettiva dei credenti. Il laicismo assoluto - lo deve sapere Emma Bonino - comporta gravi rischi.

L’estate scorsa il Card. Zuppi lanciò l’idea di una “Camaldoli europea”, un modo per mobilitare i cristiani del Veccho Continente attorno a un progetto analogo a quello avviato nel 1943 dai giovani Laureati cattolici, da cui prese le mosse la futura classe dirigente dell’Italia democratica. Oggi un’Europa a rischio di declino avrebbe bisogno di una nuova mobilitazione ideale e programmatica, anche con il forte contributo della coscienza collettiva dei credenti. Se non va bene il modello tecnocratico, avente come motore la burocrazia di Bruxelles, nemmeno può andar bene la visione unidimensionale dell’europeismo, senza rispetto per la realtà plurale delle tradizioni e dei valori di riferimento.

Fa discutere da giorni la risoluzione, approvata a maggioranza nel Parlamento di Strasburgo, con la quale si impegnano i Paesi dell’Unione a riconoscere il diritto all’aborto sicuro e legale. Un’indicazione lacerante perché, al di là di quanto fatto dalla stessa Francia con la costituzionalizzazione della “libertà” per la donna di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, si eleva la scelta dell’aborto a diritto fondamentale da difendere e tutelare. A questo precetto, senza distinguo e mediazione, si dovrebbero adeguare i legislatori nazionali.

Va da sè che un tale approccio radicale, molto diverso dallo spirito che sorregge l’impianto della legge 194, adottata in Italia nel 1978, genera legittime perplessità. Un conto è depenalizzare e quindi consentire, a certe condizioni, l’applicazione di una libera volontà della donna; altro è trasferire la scelta dell’aborto al piano dei valori e dei diritti, facendone una bandiera di civiltà. È un di più che non convince, anzi che turba, oltre gli steccati ideologici, la sensibilità di quanti hanno a cuore il “retaggio umanistico” dell’Europa.

I politici – e penso anzitutto ad Emma Bonino – dovrebbero riflettere sulle conseguenze. Non si può negare il rischio di depauperamento spirituale e politico provocato da una risoluzione che reca in sé l’imperativo di un laicismo assoluto, addirittura soverchiante la stessa logica della secolarizzazione. È una deriva etica, è stato detto; una deriva che la “politica d’ispirazione cristiana” ha la responsabilità di contrastare, usando la forza della moderazione; una deriva, infine, che non deve ingenerare pessimismo e rassegnazione, ma fiducia nella risorsa del dialogo, della discussione senza pregiudizi, del confronto costruttivo. Questo è il contributo che i cristiani sono chiamati a tradurre, come ci direbbe Aldo Moro, in una politica più attenta ed esigente.