Verrebbe quasi da dire, tutto secondo copione. Eppure sono trascorsi quasi 50 anni. Ma il copione, purtroppo, resta sempre lo stesso. Certo, cambiano leggermente i nemici da abbattere ma non di molto. Perché anche su questo versante i nemici sono sempre facilmente individuabili. E il ferimento di quasi 20 poliziotti a Torino ad una manifestazione, ovviamente violenta, contro Israele, contro il Governo, contro la Meloni e che ha coinvolto anche altri esponenti politici dell’attuale opposizione, e contro la presunta repressione che esisterebbe in Italia non fa altro che ricordarci il passato. Un triste ed indimenticabile passato. E, stando alle precise e dettagliate ricostruzioni giornalistiche della manifestazione di Torino, come di altre manifestazioni disseminate in tutto il paese, è comparso anche un richiamo alla ormai celebre e famosa P38.
Fa comunque un certo effetto rivedere quel gesto, che era e resta uno dei simboli storici ed emblematici del ‘77 e, purtroppo, degli anni di piombo ad un corteo del 2024. E proprio tra i fumogeni e lo sventolio delle bandiere palestinesi, alcuni manifestanti a Torino hanno alzato le tre dita in cielo a simboleggiare, appunto, la P38. E, per chi conosce anche solo distrattamente la storia democratica del nostro paese, non riesce a non pensare proprio al capoluogo piemontese di quegli anni e al fatto che era il “saluto” per eccellenza dei militanti dell’Autonomia operaia prima che partissero alla carica. E la ventina di agenti che hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso investiti dopo lo scoppio di un ordigno rudimentale da una nube di gas urticante non è che la conferma di un clima che sta progressivamente degenerando.
Ed è proprio su questo versante che iniziano le consuete e plateali contraddizioni politiche. Ieri come oggi lo stesso copione e lo stesso film. Perchè anche nella stagione pre terroristica le iniziative indirizzate contro il partito di governo dell’epoca, nello specifico la Dc, contro le solite forze dell’ordine e contro tutto ciò che richiamasse il “sistema” – termine quantomai vago, generico e difficilmente individuabile – c’erano reazioni sempre molto articolate e da interpretare.
Ma, per tornare all’oggi, non possiamo non richiamare l’attenzione sul fatto che dal campo variegato e composito della sinistra italiana è subito emersa la condanna della violenza ma sempre con molti distinguo. Ovvero, detta con parole più semplici e comprensibili, c’è il no alla violenza ma accompagnato dal fatto che non si devono criminalizzare e né, tantomeno, criticare questi ragazzi che comunque manifestano per una causa giusta ed indiscutibile. E, ieri come oggi quindi, comprensione per le ragioni della protesta che non possono essere represse. E, a questo punto, si fa strada la convinzione che c’è anche da parte delle forze dell’ordine una precisa responsabilità politica nella concreta gestione dell’ordine pubblico. E, di conseguenza, esisterebbe – secondo questa strana e singolare vulgata di ieri come oggi – una responsabilità politica del Governo, di chi lo presiede e, nello specifico, del Ministro dell’Interno.
Ora, e di fronte ad una cornice che ricorda, con gli inevitabili aggiornamenti e rivisitazioni, quel triste passato, si tratta di capire come le forze politiche che hanno maggiori frequentazioni e simpatie con quei “mondi” intendono reagire dopo queste manifestazioni cosiddette pacifiche e democratiche. L’epilogo finale, purtroppo, già lo conosciamo.
Ecco perché, e su questo versante sarebbe importante, nonchè indispensabile e necessario, una comune consapevolezza della sinistra e della destra che la permanente criminalizzazione politica, culturale, sociale e morale dell’avversario/nemico si deve arrestare prima che la violenza di piazza diventi un normale codice di comportamento per movimenti, gruppi e organizzazioni varie. Ieri c’erano gli ormai noti “compagni che sbagliano”. Oggi non vorremo che ci fossero i giovani che chiedono ad alta voce un cambiamento radicale della nostra società che contempla anche l’abbattimento di un “regime”, peraltro inesistente e del tutto virtuale, a farsi interpreti di una nuova ed inedita violenza di piazza. Ma quando questo “regime” viene insistentemente e quotidianamente richiamato dai sempre verdi “cattivi maestri”, la violenza è sempre dietro l’angolo. Perché questa, purtroppo, non si aggiorna ma si fa semplicemente prassi ed azione. E questo, veramente, ieri come oggi non cambia.