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martedì, Febbraio 11, 2025
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La P38 e i nuovi cattivi maestri: un passato che ritorna?

Ci deve essere consapevolezza a sinistra e a destra che la permanente criminalizzazione politica e morale dell’avversario/nemico va fermata prima che la violenza di piazza diventi un normale codice di comportamento.

Verrebbe quasi da dire, tutto secondo copione. Eppure sono trascorsi quasi 50 anni. Ma il copione, purtroppo, resta sempre lo stesso. Certo, cambiano leggermente i nemici da abbattere ma non di molto. Perché anche su questo versante i nemici sono sempre facilmente individuabili. E il ferimento di quasi 20 poliziotti a Torino ad una manifestazione, ovviamente violenta, contro Israele, contro il Governo, contro la Meloni e che ha coinvolto anche altri esponenti politici dell’attuale opposizione, e contro la presunta repressione che esisterebbe in Italia non fa altro che ricordarci il passato. Un triste ed indimenticabile passato. E, stando alle precise e dettagliate ricostruzioni giornalistiche della manifestazione di Torino, come di altre manifestazioni disseminate in tutto il paese, è comparso anche un richiamo alla ormai celebre e famosa P38. 

Fa comunque un certo effetto rivedere quel gesto, che era e resta uno dei simboli storici ed emblematici del ‘77 e, purtroppo, degli anni di piombo ad un corteo del 2024. E proprio tra i fumogeni e lo sventolio delle bandiere palestinesi, alcuni manifestanti a Torino hanno alzato le tre dita in cielo a simboleggiare, appunto, la P38. E, per chi conosce anche solo distrattamente la storia democratica del nostro paese, non riesce a non pensare proprio al capoluogo piemontese di quegli anni e al fatto che era il “saluto” per eccellenza dei militanti dell’Autonomia operaia prima che partissero alla carica. E la ventina di agenti che hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso investiti dopo lo scoppio di un ordigno rudimentale da una nube di gas urticante non è che la conferma di un clima che sta progressivamente degenerando.

Ed è proprio su questo versante che iniziano le consuete e plateali contraddizioni politiche. Ieri come oggi lo stesso copione e lo stesso film. Perchè anche nella stagione pre terroristica le iniziative indirizzate contro il partito di governo dell’epoca, nello specifico la Dc, contro le solite forze dell’ordine e contro tutto ciò che richiamasse il “sistema” – termine quantomai vago, generico e difficilmente individuabile – c’erano reazioni sempre molto articolate e da interpretare. 

Ma, per tornare all’oggi, non possiamo non richiamare l’attenzione sul fatto che dal campo variegato e composito della sinistra italiana è subito emersa la condanna della violenza ma sempre con molti distinguo. Ovvero, detta con parole più semplici e comprensibili, c’è il no alla violenza ma accompagnato dal fatto che non si devono criminalizzare e né, tantomeno, criticare questi ragazzi che comunque manifestano per una causa giusta ed indiscutibile. E, ieri come oggi quindi, comprensione per le ragioni della protesta che non possono essere represse. E, a questo punto, si fa strada la convinzione che c’è anche da parte delle forze dell’ordine una precisa responsabilità politica nella concreta gestione dell’ordine pubblico. E, di conseguenza, esisterebbe – secondo questa strana e singolare vulgata di ieri come oggi – una responsabilità politica del Governo, di chi lo presiede e, nello specifico, del Ministro dell’Interno.

Ora, e di fronte ad una cornice che ricorda, con gli inevitabili aggiornamenti e rivisitazioni, quel triste passato, si tratta di capire come le forze politiche che hanno maggiori frequentazioni e simpatie con quei “mondi” intendono reagire dopo queste manifestazioni cosiddette pacifiche e democratiche. L’epilogo finale, purtroppo, già lo conosciamo.

Ecco perché, e su questo versante sarebbe importante, nonchè indispensabile e necessario, una comune consapevolezza della sinistra e della destra che la permanente criminalizzazione politica, culturale, sociale e morale dell’avversario/nemico si deve arrestare prima che la violenza di piazza diventi un normale codice di comportamento per movimenti, gruppi e organizzazioni varie. Ieri c’erano gli ormai noti “compagni che sbagliano”. Oggi non vorremo che ci fossero i giovani che chiedono ad alta voce un cambiamento radicale della nostra società che contempla anche l’abbattimento di un “regime”, peraltro inesistente e del tutto virtuale, a farsi interpreti di una nuova ed inedita violenza di piazza. Ma quando questo “regime” viene insistentemente e quotidianamente richiamato dai sempre verdi “cattivi maestri”, la violenza è sempre dietro l’angolo. Perché questa, purtroppo, non si aggiorna ma si fa semplicemente prassi ed azione. E questo, veramente, ieri come oggi non cambia.