La ripresa di un progetto di sviluppo democratico

In passato l’unità dei riformisti ha fatto crescere l’Italia. Le elezioni europee possono rappresentare la discontinuità rispetto alla fase che abbiamo vissuto nei tempi più recenti. Bisogna “far saltare” l’attuale bipolarismo radicalizzato.

Il passato non va mai riproposto perché altrimenti si sconfina nella sola nostalgia, ma lo stesso passato non si può trascurare e né dimenticare. E questo per la semplice ragione che non si può costruire alcuna prospettiva politica seria e credibile se si cancella tutto ciò che ci ha preceduto.

Al netto delle dittature, come ovvio. Solo lo stile populista, anti politico e demagogico dei 5 Stelle ha percorso quella strada con risultati devastanti per la credibilità della politica e la qualità della stessa democrazia.

Ora, c’è un tassello di questo passato che può e deve essere riletto anche nella stagione politica contemporanea. Partendo proprio da una formula della prima repubblica che ha caratterizzato la politica italiana dall’inizio degli anni ‘80 sino alla liquidazione del sistema politico tradizionale per opera di ‘Mani pulite’. Parlo della coalizione di “pentapartito”. E, come ovvio e scontato, non si tratta di riproporre quella formula politica e, men che meno, i partiti che hanno interpretato quella coalizione nel corso della prima repubblica. Al contrario, semmai, in discussione c’è la necessità di recuperare e rilanciare il ruolo, l’originalità e la modernità di quelle culture politiche riformiste e di governo che hanno giustificato e legittimato quella alleanza di governo. E, di conseguenza, il tassello mancante oggi è quello di un partito, o meglio di un luogo politico, che interpreti e si faccia carico di quelle culture e di ciò che rappresentavano concretamente quei partiti. Seppur in una stagione politica, culturale e sociale profondamente diversa da quella contemporanea.

Si tratta, in effetti, di un luogo politico che misteriosamente continua ad essere assente nello scacchiere politico italiano. E purtroppo da molto tempo. Almeno da quando si è imposto quel bipolarismo, sempre più selvaggio e bislacco, che caratterizza il confronto politico nel nostro paese. Un bipolarismo selvaggio che non va confuso con quella democrazia dell’alternanza che era, e resta, la cifra distintiva di un sistema politico sano e funzionante. Ma questo bipolarismo, che purtroppo alimenta anche un preoccupante e crescente astensionismo elettorale, non può diventare la regola aurea che disciplina la politica italiana nei prossimi anni. E, al riguardo, le elezioni europee possono rappresentare davvero lo spartiacque decisivo che segna la netta discontinuità rispetto alla fase che abbiamo vissuto sino ad oggi. Una discontinuità, ed una scommessa, che si sostanziano di un solo progetto. Ovvero, un partito che potremmo definire “costituzionale” che coltiva l’ambizione di rappresentare quei riformismi di governo che nel passato erano rappresentati dalle forze politiche del cosiddetto pentapartito. Che, è bene non dimenticarlo, si tratta in larga parte delle culture politiche che hanno contribuito in modo decisivo a scrivere e a costruire la nostra Costituzione repubblicana.

Ed è partendo da queste riflessioni che, forse, a partire dalle elezioni europee si può finalmente aprire una nuova stagione per la politica italiana. Alcuni lo definiscono un nuovo “Centro”; altri una forza costituzionale, altri ancora un luogo politico con il compito specifico di ricomporre tutte le culture riformiste del nostro paese. E, questo, porrebbe essere un luogo politico che inevitabilmente mette in discussione l’attuale impalcatura bipolare che, com’è ormai evidente a quasi tutti, si tratta sempre più di una sorta di “opposti estremismi”. Ed è proprio questo progetto che potrà risultare decisivo non solo per costruire un luogo sino ad oggi clamorosamente assente dalla politica italiana ma anche, e soprattutto, per dar vita ad un partito autenticamente plurale e pubblicamente riformista e di governo.