La risposta al rischio di democratura deve attingere all’insegnamento di Moro

Lo statista pugliese era certo che l’alternanza di governo avrebbe consentito alla Dc di tornare più competitiva, non facendosi più logorare dalle tossine di un ultra quarantennale esercizio del potere.

È stato il punto più alto della visione riguardante il futuro democratico del Paese e ora, sotto i nostri occhi, torna di scottante attualità. Una visione, per giunta, da me riproposta ne Il testimone da Moro e Ruffilli. La democrazia matura e il cittadino arbitro (Aracne editrice). Anche nei colloqui sul lungomare Circe, quando il sabato veniva a riposarsi a Terracina, Moro non faceva mistero che quello era il traguardo finale: l’alternanza tra Dc e Pci al potere in quell’ambito di garanzie democratiche rappresentato a livello internazionale dall’adesione all’Europa e al Patto atlantico. Un passaggio riscontrabile, del resto, nella storica affermazione di Berlinguer circa il sentirsi “più sicuro sotto l’ombrello della Nato”.

Sul piano interno Moro era certo che l’alternanza avrebbe consentito alla Dc di tornare più competitiva, non facendosi più logorare dalle tossine di un ultra quarantennale esercizio del potere. Ed era, appunto, una democrazia matura perché rafforzava la capacità decisionale e gli anticorpi democratici. Ebbene, si va oggi verso una democrazia matura fondata sull’alternanza o a una democratura di alcuni paesi europei che piegano le istituzioni al governo di uno solo? Ecco, quando la Meloni corteggia proprio quei paesi a democrazia compromessa col sovranismo e l’autoritarismo, peraltro nemici dei nostri interessi a riguardo di una corresponsabilità europea sul fronte dell’immigrazione clandestina, dobbiamo adoperarci su come fare chiarezza affinchè riesca ad onorare le sue indubbie aperture sulla Ue e sulla Nato.

Sappiamo che coltiva ambiguità secondo convenienze personali e di gruppo e che non scioglierà i nodi prima delle elezioni in Europa e soprattutto in Usa. Intanto in Italia cerca di tesaurizzare il suo consenso con proposte da democratura, una sola donna al comando con la giusta denunzia della prolungata ingovernabilità del Paese, vera palla al piede per reggere il passo degli altri Paesi europei! E che propone? Un vero esempio di pubblicità ingannevole, ovvero il premierato: da primus inter pares ad elezione diretta, perciò l’esatto contrario. Si spende e si spande affermando che i poteri del Presidente non saranno ridotti e trascura di dire che, in quanto espresso da una maggioranza parlamentare che arriva al 55%, il Presidente eletto è un re travicello. 

Come fermarla in questo delirio di onnipotenza? Basta mettere a fuoco un fatto incontrovertibile, e cioè che non può arrivare a quei 2/3 occorrenti per approvare le riforme costituzionali senza ricorso al voto popolare. Lei ne ha consapevolezza. Se vuole evitare l’ennesimo fiasco nel referendum confermativo – l’ultimo quello di Renzi – deve arrivare alla più larga maggioranza possibile. E qui può essere messa alle corde con un aut aut: abbandoni il premierato e scelga un modello europeo sperimentato con adeguamenti condivisi. Chi più degli eredi della “democrazia matura fondata sull’alternanza” può avere coraggio e titolo a farla?