L’Europa da speranza deve diventare realtà

Il pensiero va ad un’Europa differente da quella cresciuta per “accumulo”, mediante scelte guidate da un approccio funzionalista. Dunque, l’iniziativa dell’Associazione “Svegliamoci Italici” vuole stimolare l’idea di un nuovo europeismo.

“L’Europa è la speranza-Scegliete la vostra Europa” diceva il manifesto disegnato da Jean-Michel Folon in occasione delle prime elezioni dirette del Parlamento europeo, il 10 giugno 1979. Manifesto “istituzionale”, adottato per tutti i Paesi, nove, che allora costituivano la Comunità Europea, e per tutte le forze politiche che nei singoli Paesi parteciparono a quella competizione elettorale. Era un passaggio istituzionale atteso da anni, la chiamata alle urne dei popoli dell’Europa, per sancire in maniera inequivocabile l’avvio della riforma delle Istituzioni Comunitarie e realizzare l’Unione Europea. E così fu percepito dall’elettorato italiano, esercizio democratico distinto dalle Elezioni politiche nazionali svoltesi appena una settimana prima, il 3 giugno, ed altrettanto importante nonostante le due scadenze fossero così ravvicinate, ben 34 milioni e 982 mila elettori tornarono a votare, solo due in meno dei 36 milioni e 670 mila andati a votare per il Parlamento nazionale. La campagna elettorale specifica per le elezioni europee ebbe nemmeno una settimana a disposizione, meno dura nei toni, di quella per le politiche, una tornata peraltro molto combattuta tra i due principali partiti (la Dc ottenne il 38,3 % ed il PCI il 30,4 % ed invece nelle Europee, rispettivamente il 36,5 e 29,6), e resa difficile dalla novità della suddivisione della Penisola in soli cinque collegi elettorali, amplissimi  rispetto a quelli tradizionali, eppure campagna elettorale caratterizzata da partecipazione massiccia anche ai comizi in piazza.

È opinione unanimemente condivisa che tra i cittadini italiani fosse allora, e certo più di oggi, fortemente maggioritaria l’adesione agli “ideali europei”: merito della storia, della cultura, della abitudine alla ibridazione ed alla inclusione, che hanno caratterizzato per millenni la vita degli abitanti della Penisola, merito poi degli intellettuali e dei politici precursori del federalismo europeo. Gli italiani infatti arrivarono intellettualmente attrezzati alle varie tappe dell’integrazione del nostro Continente, susseguitesi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Non sorprende più di tanto quindi che già nel marzo 1976, la Democrazia Cristiana, al termine del suo 13 ° Congresso Nazionale (che vide eletto Zaccagnini con il 51,6 % dei voti congressuali contro il 48,4% raccolti da Forlani) avesse approvato all’unanimità una Mozione sull’Europa, nella quale tra l’altro si diceva: “… il Congresso…convinto che l’unificazione federale e democratica dell’Europa è l’unica valida risposta alle sfide e alle tensioni internazionali sul piano politico, economico e monetario, e dà un costruttivo apporto sia alla distensione e allo sviluppo dei popoli, nella libertà e nella sicurezza, sia alla stessa crescita civile del nostro Paese, considera la formazione di un Governo europeo, responsabile di fronte al Parlamento che sarà eletto direttamente, – con reali ed adeguati poteri che gli consentano di svolgere una funzione costituente – condizione indispensabile per dare coesione irreversibile all’Unione politica europea etc…” (Mozione firmata da: Andreotti, Bodrato, Cossiga, Colombo, Forlani, Piccoli, Zaccagnini). E tutto il materiale prodotto dalla Dc italiana e dal Partito Popolare Europeo in preparazione alle elezioni del 1979, è su questa linea innovativa, frutto anche della autorevolezza di cui godeva la Dc italiana all’interno del Ppe.

Non è questa la sede per analizzare perché e in che misura sia diminuito il favore degli italiani verso l’europeismo, perché il Parlamento europeo eletto nel 1979 e nelle otto successive tornate elettorali sia sostanzialmente rimasto privo di poteri reali, o perlomeno quelli che l’opinione pubblica si attendeva che avrebbe esercitato, perché si sia interrotto il percorso di riforma istituzionale per rendere l’Europa realmente unita nel governo della politica estera, di difesa, sociale, economica e così via. Unanimemente ne prendiamo atto, in molti ne cogliamo le conseguenze negative sul piano internazionale ed interno, convinti che l’allargamento dell’Ue a 27 Paesi, e destinato a crescere, giustificato da ben valide ragioni ma realizzato con modalità non meditate e spesso utilizzato per camuffare la perdita di interesse per il rafforzamento istituzionale in senso federale, non debba annullare l’obiettivo di un’Europa dei Popoli. Ben differente dall’Europa cresciuta per “accumulo”, banale sommatoria degli Stati, mediante scelte guidate dalle spinte prevalenti ed un approccio funzionalista teso a risolvere il problema del momento, senza più porsi il problema di chi decide in Europa e a nome dell’Europa, lasciando sempre più spazi di potere alle burocrazie ed alle lobbies. Strapotere facilitato dalla confusione istituzionale europea: basti pensare che c’è perfino, per i più, il rischio di confondere il Consiglio europeo con il Consiglio d’Europa (Organizzazione internazionale con sede anch’essa a Strasburgo, nel palazzo dell’Europa, ha lo scopo di promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea, ed è costituita da 46 Stati membri, di cui 27 fanno parte dell’Unione Europea). Fatta chiarezza su questo primo inciampo e limitandoci agli organi esecutivi dell’Ue, troviamo: il Consiglio europeo che definisce le priorità e le strategie, il Consiglio dell’Ue che esercita una funzione legislativa e di bilancio, la Commissione Europea che è il braccio esecutivo dell’Ue, con competenze esclusive per le normative europee, l’esecuzione delle decisioni del P.E. e del Consiglio dell’Ue, la Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Ue esercitata a turno dai vari Stati membri, con durata semestrale e con la particolarità della condivisione trinitaria da parte del presidente di turno insieme al turnista precedente ed al turnista successivo designato. Potrei continuare ricordando la necessità della abolizione del diritto di veto da parte di uno Stato membro, come pure della unanimità degli Stati nelle decisioni, in una situazione generale che provoca fatalmente confusione, immobilismo, sfiducia, da cui si potrà uscire solo affidando al nuovo Parlamento europeo eletto il prossimo 9 giugno una funzione costituente.  

Di tutto questo c’è sufficiente consapevolezza in Europa, da parte di politici, studiosi, funzionari pubblici, gruppi dirigenti dell’imprenditoria e delle forze sociali, ma per quanto riguarda l’opinione pubblica italiana, davvero poche sono state le occasioni che hanno offerto spunti di riflessione e proposta, ad eccezione delle prese di posizione, autorevoli ed apprezzate all’estero ma inascoltate dai politici nostrani, dei presidenti Mattarella, Sassoli e Draghi, a favore di una trasformazione dell’Unione in senso federale. Ecco perché abbiamo pensato utile organizzare una occasione di approfondimento e dibattito, per cercare di introdurre tematiche e proposte, in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, convinti come siamo che “giocarsi” il rinnovo del Parlamento europeo parlando, come purtroppo i Partiti italiani stanno facendo, solo di argomenti “domestici” per lo più affrontati con toni da pettegolezzo e linguaggi da bega paesana, non aiuta di certo la consapevolezza e la soluzione dei grandi temi, spesso drammatici, che il futuro immediato imporrà all’Europa di affrontare, ed allontana ulteriormente la maturazione delle scelte innovative di cui l’Europa ha bisogno. Né ci sarà l’occasione, che pure potrebbe venir offerta dall’essere il voto europeo capace, per la sua valenza sovranazionale ed anche per la maggiore potenzialità di coinvolgimento offerta dal sistema proporzionale con preferenze, di riportare al voto almeno parte dei tanti milioni di elettori ormai cronicamente astensionisti e di motivare al voto i giovani, i quali peraltro si sentono nativi europei pur senza consapevolezza politica. Le elezioni europee sono ormai vicine, ma l’attenzione degli italiani è dirottata verso temi strumentali quali le candidature: non una proposta, finora, da parte delle forze politiche italiane, sui grandi temi del futuro dell’Europa, a partire dalla riforma istituzionale dell’Ue, non un tentativo di parlare all’elettorato intero, non solo a quello (il 50% a malapena del totale) che va a votare normalmente, continuando i Partiti a ragionare con lo sguardo rivolto al recinto del Parlamento nazionale. Occorre invece una proposta politica pensata con una nuova ottica, globale ed anzitutto europea, non solo perché ci sono a breve le elezioni del Parlamento europeo, ma perché il mondo sempre più interconnesso e basato sulla mobilità dei cervelli, delle tecnologie e della finanza, supera i tradizionali confini statali e le ideologie nazionaliste. Il nuovo territorio per il confronto politico tra le diverse culture è sempre più il web, ed i nuovi strumenti di gestione e di governo della complessità del mondo attuale, sono da trovare in sintesi istituzionali e politiche vaste e credibili. Per quanto ci riguarda, la sfida che merita impegno è esistere autorevolmente nella costruzione dell’Europa federale.

Il Convegno che come Associazione “Svegliamoci Italici” abbiamo programmato per la mattinata del 26 gennaio, affronterà tematiche europeistiche per così dire trasversali, propedeutiche alle enunciazioni di programmi, di schieramenti e di alleanze, che ci auguriamo i Partiti italiani vorranno farci conoscere. Ciò indica una nostra particolare visuale della realtà politica italiana ed europea, che è il riferimento alla civiltà italica, con le sue radici culturali, di comune sentire, di modo di vivere e convivere, di capacità creative ed innovative, che tutta Europa apprezza e da sempre considera elemento fondante della storia del nostro Continente, sia passata che futura.

Noi consideriamo italici, facenti parte di quella che definiamo ITALICA GLOBAL COMMUNITY, aggregazione per ora immaginata ma non ancora organizzata, i cittadini italiani e tutti coloro che, sparsi nel mondo condividono, talvolta radici di sangue, ma sempre e comunque ideali e valori, modi di vivere e di relazionarsi, cultura, un coacervo spesso ibridato grazie al continuo contatto con le culture dei luoghi in cui vivono. Guardiamo quindi agli italo-discendenti, agli italiani che vivono all’estero per studio, ricerca, lavoro, agli italofili, amanti della nostra cultura in una o più delle sue espressioni, a coloro che studiano la nostra lingua scegliendola non per necessità ma per passione, ed infine a coloro che per scelta o necessità hanno abbandonato luoghi d’origine anche lontani, ed hanno scelto l’Italia come loro nuova terra, accettandone leggi, regole e lingua.

Milioni di persone sparse nei vari continenti, portatori a volte inconsapevoli del nostro soft power, dei quali di tanto in tanto l’Italia ufficiale si ricorda, limitandosi per lo più a quelli che vivono nelle Americhe. Degli italici che vivono in Europa ci interessiamo invece assai poco, pur essendo essi non solo cittadini italici ma anche cittadini europei alla pari degli italiani che vivono in Patria, quindi potenziali sostenitori di candidature e di istanze politiche utili all’Italia. Di che numeri parliamo? Le rilevazioni statistiche ci dicono che ogni anno 60 mila italiani, per lo più giovani, lasciano la Penisola per trasferirsi in Europa, andando ad ingrossare o comunque consolidare il numero di Italiani iscritti all’AIRE, 3,2 milioni, che vivono stabilmente in Europa. A questi si aggiungono, sempre in Europa, i circa 30 milioni di italo discendenti/oriundi, ed i 60 milioni circa (in questo caso trattasi però di un dato solamente “percepito”) di cittadini europei definibili italici, poiché italofili.

Del resto, come gli Italici sono utili e necessari per costruire l’Europa, così Europa ed italicità sono da sempre temi legati. L’Europa, infatti, è sempre stata un territorio-laboratorio di culture antiche e contemporaneamente rinnovate attraverso una contaminazione consapevole. La cultura italica, erede della romanità antica, sopravvissuta grazie ai conventi dei monaci ed ai clerici vagantes, rinnovata e rilanciata dal Rinascimento, ha garantito alla nostra Penisola unità culturale sostanziale, benché sottoposta ad invasioni e frazionata, finché, anche grazie alla volontà del resto d’Europa, non ha trovato unità statuale. Grazie a ciò, la civiltà/cultura italica ha sempre continuato ad esistere, esercitando il suo fascino attrattivo che le ha consentito di confrontarsi almeno alla pari con le altre storiche culture, configurando una sorta di sincretismo culturale europeo che consente al resto del mondo di percepire l’Europa come unita nei fondamentali valori ed ideali, ancorché diversificata in tante realtà nazionali anch’esse ricche di storia e fascino, ma con l’urgente bisogno di assumere una fisionomia ed una organizzazione istituzionale realmente unitaria.

 

N.B. Il Convegno ITALIANI ED ITALICI VERSO LE ELEZIONI EUROPEE si svolgerà dalle 9,30 alle 13,30 di venerdi 26 gennaio, nella sala Zuccari/Palazzo Giustiniani del Senato della Repubblica, presieduto dal sen. Pier Ferdinando CASINI e con Marco GIUDICI conduttore dei lavori che prevedono: la Relazione introduttiva di Piero BASSETTI, ideatore del PROGETTO ITALICI, e poi gli Interventi di Francesco RUTELLI, Silvia COSTA, Francesco SAMORE’, Giuseppe TERRANOVA, Andrea VENTO, Maria Chiara PRODI, Umberto LAURENTI. 

Uno spazio della mattinata sarà dedicato al RICORDO DI DAVID MARIA SASSOLI, nel secondo anniversario della sua prematura scomparsa. I lavori potranno essere seguiti, oltre che in presenza, attraverso il portale del Senato: https://webtv.senato.it/webtv_live e sul canale YouTube del Senato: https://youtube.com/user/SenatoItaliano

Nel corso dei lavori sarà distribuita una BROCHURE contenente altri Interventi scritti e documentazione sul tema del Convegno e sul Progetto Italici. Gli interessati potranno richiedere l’invio per posta elettronica della Brochure, scrivendo a: segreteria.italici@gmail.com