La risposta all’attentato allo slovacco Fico è un’Europa più forte

Per sconfiggere la strategia della tensione è l'ora, come sostiene l'ambasciatore Bascone, di "preparare il terreno a una stabilizzazione dei rapporti piuttosto che una esasperazione dei rancori".

L’unanime condanna espressa in Europa e nel mondo per l’attentato al primo ministro della Slovacchia Robert Fico non attenua le preoccupazioni inerenti la delicatezza della fase attuale. Mentre si riaffaccia alle cronache la figura dell’ “attentatore solitario” nei tentativi di uccisione di presidenti e sovrani, si protrae l’incertezza dovuta al perdurare di una mancanza di accordo tra l’Occidente e il Resto del Mondo su un nuovo modello di governance globale. Siamo nel bel mezzo della transizione dall’ordine unipolare a un nuovo ordine multicentrico che aspira a farsi multilaterale nel quadro sempre valido delle Nazioni Unite. Ma all’interno dei diversi blocchi agiscono forze contrarie al dialogo, che alimentano scenari di guerra, che coinvolgono anche e soprattutto l’Europa. In un tale fragile contesto riappaiono gli spettri della strategia della tensione, che, a ben vedere, hanno condizionato l’Occidente nel post guerra fredda, trascinandolo in una serie di errori strategici di cui avvertiamo sempre più le conseguenze, sia in Europa che in Israele e Palestina.

Una certa narrativa più incline a trovare nemici dell’Occidente che a costruire legami su nuove basi fra vecchi e nuovi centri decisionali nel mondo, aveva da tempo inserito il premier slovacco, insieme a quello ungherese Orbán, nella lista nera dei leaders europei tiepidi verso la questione ucraina e più sensibili alle sirene di relazioni più vantaggiose con la Cina. Un giudizio ribadito, tra gli altri, con sfortunata coincidenza proprio nella giornata di ieri, da Danilo Taino sul Corriere della Sera commentando la recente visita di Xi Jinping in Europa: “Il primo ministro slovacco Robert Fico ha pronte le valigie per una visita ufficiale a Pechino in giugno”.

In effetti la visita del presidente cinese in Francia, Serbia e Ungheria è stata la cartina di tornasole che ha mostrato quanto il doppio standard di giudizio sia ancora radicato non solo nel mondo anglosassone, ma anche nelle opinioni pubbliche europee. In base a questo criterio, dal Dragone l’Occidente si aspettava un ruolo di mediazione nel conflitto ucraino dopo aver spinto la Russia tra le braccia della stessa Cina con una politica muscolare verso Mosca, diretta dai neoconservatori americani, che un decennio or sono ha infranto l’equilibrio che permetteva all’Ucraina di stare in pace, con la sua neutralità. E esponendosi alla sferzante risposta di Pechino: tocca a chi ha messo il sonaglio al collo della tigre il compito di levarglielo.

Per scongiurare il rischio che la strategia della tensione cerchi di condizionare gli eventi in Europa con i propri collaudati metodi, occorre riflettere sia sulle nuove coordinate demografiche, economiche e geopolitiche che disegnano un mondo con diversi altri protagonisti alla pari con Stati Uniti e Unione Europea (a loro volta legati da una amicizia più equilibrata e foriera di reciproca indipendenza), sia sugli errori che l’Occidente non dovrebbe più compiere. Come ha invitato a fare l’ambasciatore Francesco Bascone sulla rivista Il Mulino analizzando le cause del “disastro ucraino”, e consigliando all’Occidente di “preparare il terreno a una stabilizzazione dei rapporti piuttosto che una esasperazione dei rancori”. Riconoscere gli errori nel non aver creduto abbastanza nella soluzione diplomatica della questione ucraina, ed invece nel contempo nell’aver sopravvalutato l’effetto delle sanzioni (che si stanno rivelando un boomerang) e sottovalutato la forza economica e diplomatica della Russia, non solo non isolata ma attuale presidente di turno dei Brics e riferimento per il Sud Globale, non attenua in alcun modo la condanna sull’invasione russa dell’Ucraina (definita da Bascone “una scandalosa violazione del diritto internazionale”), ma ci porta a valutare i fatti con un medesimo criterio di giudizio e a riavvicinarci alle reali dinamiche in corso che stanno plasmando un mondo nuovo, anche se non coincidente con quanto atteso da certe élites occidentali. Ribadendo fermamente che ad attentati o stragi, anche in una fase incandescente come l’attuale, non sarà permesso di cambiare il corso della storia in Europa soprattutto se essa saprà intraprendere una propria forte e autonoma iniziativa politica nei termini prefigurati da Mario Draghi.