Anniversari come quello ricordato ieri alla sede nazionale delle Acli – i dieci anni di attività dell’Alleanza contro la povertà in Italia – travalicano lo specifico campo di azione, che pure è molto vasto e può vantare anche risultati importanti (come il progetto del Reddito d’Inclusione Sociale, Reis, che, ispirò il Reddito di inclusione, Rei, introdotto da Paolo Gentiloni nel 2017), e finiscono per stimolare la politica a elaborare una nuova visione complessiva più adeguata a questo tempo.
Perché ciò che emerge non è un quadro semplicistico da grillina “abolizione della povertà” ma un invito comune e corale a non sottovalutare le nuove forme che il fenomeno della povertà sta assumendo, in tutte le sue implicazioni. E mentre fa ancora discutere gli esperti degli strumenti per la lotta alla povertà, la decisione del governo di superare il reddito di cittadinanza (tema su cui è appena uscito il volume “Sostegno ai poveri: quale riforma?“, curato dal comitato scientifico dell’Alleanza), l’Alleanza contro la povertà, nata nel 2013 su decisivo impulso di Acli e Caritas, finendo per coinvolgere oltre trenta organizzazioni – tra realtà associative, rappresentanze dei comuni e delle regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, e sindacati – che portano con loro sia il sostegno di un’ampia base sociale sia l’esperienza della gran parte dei soggetti oggi impegnati nei territori a favore di chi vive condizioni d’indigenza, invita a guardare al futuro. E lo fa, partendo dalla consapevolezza che la crisi economica del 2008-2009 ha reso sorpassato il paradigma sociale della società dei due terzi garantiti. Da allora diversi strati di ceto medio sono stati costretti a familiarizzare con il rischio di povertà e la situazione si è ulteriormente complicata in questi primi anni venti nei quali si sono verificate crisi, se non imprevedibili, almeno inaspettate, alle quali si aggiungono sulla concreta situazione sociale del popolo gli effetti indiretti del cambiamento geopolitico e geoeconomico in corso, col riaffacciarsi di tensioni tra blocchi contrapposti, conflitti e guerre, e con le sfide poste dai cosiddetti “megatrend”, come la rivoluzione digitale, quella ecologica e energetica, i cambiamenti demografici, i flussi migratori.
Il quadro che va delineandosi, sembra suggerire che accanto a puntuali e adeguati strumenti di lotta alla povertà la quale ormai interessa circa un italiano su dieci, anche a causa della folata inflazionistica spalmata su tutti i generi di prima necessità, che infierisce maggiormente sulla fascia più debole della popolazione che spende una quota maggiore del proprio reddito per la sopravvivenza, occorre uno sforzo da parte della politica nel definire e nell’affermare un sistema di rapporti internazionali che renda il mondo meno conflittuale e un sistema di creazione e ripartizione della ricchezza che da un lato accetti la sfida delle nuove tecnologie ma senza rinunciare a porre con decisione la questione sociale come dimensione irrinunciabile per la gestione dei cambiamenti e foriera essa stessa di maggiore uguaglianza e prosperità, e di un contesto in cui anche le misure per fronteggiare le povertà estreme, possano funzionare.
Ciò appare tanto più necessario anche alla luce di un pluridecennale dibattito nel nostro Paese sulle “regole” e riacceso dalla proposta del governo di riforma costituzionale. Per quanto importanti e decisivi, i temi istituzionali non possono costituire, soprattutto per forze politiche di ispirazione popolare e riformista, i soli argomenti con cui governare il cambiamento e gestire le trasformazioni sociali in modo non traumatico ed anche imprimendo un segno positivo, di avanzamento, non regressivo dal punto di vista sociale, ai cambiamenti in atto.
Credo che anche sotto questo profilo, quello dell’elaborazione politica, il lavoro svolto in questi dieci anni dall’Alleanza contro la povertà sia denso di stimoli per la politica.