Lasciamo ai giovani il compito di dare continuità ai valori del popolarismo

Al convegno organizzato ieri a Catania da Francesco Attaguile - “Allora nacque la Democrazia cristiana. E oggi?” - in ricordo dell’incontro fondativo nel 1943 della Dc in Sicilia, è pervenuto il saluto di Follini, qui riproposto.

Caro Francesco, cari amici, 

un impegno privato non mi consente di partecipare a questa vostra iniziativa. Del resto, come sapete, mi tengo a una certa distanza dall’attività politica. Sapendo, peraltro, che molti dei miei simili hanno un così grande piacere di starvi dentro da indurmi a un’ulteriore forma di discrezione per un riguardo a loro. 

Detto questo, penso invece che ci sia un gran bisogno di riflessione. E soprattutto di quel tipo di riflessione che fa i conti con la storia e scava in profondità alla ricerca delle nostre ragioni più antiche e più vere. È questo il lavoro che è più utile fare e mi pare che la vostra iniziativa si collochi appunto su questo versante. 

Troveremo strada facendo quei giovani che dovranno interpretare a modo loro, secondo l’estro del loro tempo e della loro generazione, la possibile continuità della nostra ispirazione popolare e democratico cristiana. 

Con questo spirito ci tengo a manifestarvi tutto il mio apprezzamento. E anche, per quanto posso, la mia vicinanza ideale.

 

NOTA

Può essere utile un inquadramento storico. L’iniziativa ricordata nel convegno di ieri fu assunta dopo lo sbarco degli Alleati e l’armistizio dell’8 settembre 1943. Ne fu protagonista Salvatore Aldisio, ex deputato del Ppi, il quale fece il seguente appello per chiamare i siciliani alla lotta contro le manovre dei separatisti:

 

«Siciliani, di fronte a tendenze che, nel momentaneo disorientamento, vorrebbero staccare la nostra isola dalla Patria italiana, noi affermiamo la nostra fede nell’unità d’Italia, realtà storica compiuta anche dall’eroismo dei nostri Padri, che vollero una l’Italia, alla quale il popolo siciliano si sente legato, soprattutto in questa grave tragica ora, da vincoli si sangue e di storia. Siamo però, ricollegandoci alla nostra tradizione e al nostro programma, autonomisti e regionalisti, perché a uno Stato accentratore vogliamo sostituire un’organizzazione statale decentrata, nella quale tutte le regioni d’Italia possano trovare condizioni migliori per il loro libero sviluppo. Sosteniamo quindi la creazione dell’Ente Regione, con larghe autonomie ed un razionale decentramento industriale».

 

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