Lavoro: mancano all’appello oltre un milione di posti full time

L'età media al primo ingresso è di circa 22 anni, nel 55% dei casi si tratta di uomini.

La fotografia nella ricerca effettuata da Inps, Istat e Ministero del Lavoro ci fa notare come il mondo del lavoro sa cambiato dall’inizio della crisi ad oggi.

Nella media del 2018, si legge nella ricerca, il numero di occupati supera il livello del 2008 di circa 125mila unità. Si sono così recuperati i livelli pre-crisi. Eppure qualcosa si è perso: nei primi tre trimestri del 2018, rispetto a dieci anni fa, mancano all’appello poco meno di 1,8 milioni di ore lavorate, ovvero oltre un milione di posti full time.

Nel 2017 circa un milione di occupati ha lavorato meno ore di quelle per cui sarebbe stato disponibile, mentre la schiera dei sovraistruiti ammonta a quasi 5,7 milioni: quasi un occupato su quattro. Nel rapporto Il mercato del lavoro viene sottolineato come negli anni il fenomeno risulta in continua crescita, sia in virtù di una domanda di lavoro non adeguata al generale innalzamento del livello di istruzione sia per la mancata corrispondenza tra le competenze specialistiche richieste e quelle possedute.

L’aumento della quota di occupazione meno qualificata, accompagnata dalla marcata segmentazione etnica del mercato del lavoro italiano, ha favorito la presenza di lavoratori immigrati più disposti ad accettare lavori disagiati e a bassa specializzazione. Tra il 2008 e il 2018 gli stranieri sono passati dal 7,1% al 10,6% degli occupati. Nei servizi alle famiglie su 100 occupati 70 sono stranieri.

L’età media al primo ingresso è di circa 22 anni, nel 55% dei casi si tratta di uomini. Su 100 primi ingressi, oltre 50 si registrano nel Nord, 20 al Centro e 30 nel Mezzogiorno; 80 sono riferiti a cittadini italiani e 20 a stranieri.

Il contratto a tempo determinato è il più utilizzato al primo ingresso (50%), seguito da apprendistato (14%) e lavoro intermittente (12%). Solo il 9% avviene con contratto a tempo indeterminato o in somministrazione e il 4% nella forma di collaborazione. Per i giovani alle dipendenze le professioni più frequenti sono camerieri e assimilati (12%), commessi delle vendite al minuto (8,5%), braccianti agricoli (7,4%), lavori esecutivi di ufficio (2,8%).