Le radici del conflitto russo-ucraino, le ombre della storia sulla pace.

Dopo un anno di guerra, distruzioni e perdite di vite umane il conflitto non sembra avviarsi ad una soluzione pacifica. Bisogna immergersi nella storia - religione, letteratura, politica - per capire le radici di questa immane tragedia. In ogni caso, il sostegno all’Ucraina non può accompagnarsi a una dubbia operazione di “cancel culture” ai danni della Russia.

Il conflitto russo-ucraino ha motivazioni molto complesse. È evidente che la Russia, dopo aver annesso la Crimea nel 2014 ed aver constatato che l’occidente dinanzi ad un evidente atto di sopraffazione  non aveva reagito in maniera decisa, ha ritenuto che  potesse procedere all’annessione di ulteriori territori stante la debolezza militare del paese aggredito. Ma le operazioni militari non hanno sortito gli effetti sperati in quanto i paesi occidentali hanno assicurato al popolo ucraino una efficace assistenza militare. Dopo un anno di guerra, distruzioni e perdite di vite umane il conflitto non sembra avviarsi ad una soluzione pacifica. Ma il conflitto, per essere compreso nelle motivazioni più profonde non può essere ridotto ad uno scontro tra un paese invasore ed un paese invaso. Pare opportuno, perciò,offrire alcuni sintetici elementi di valutazione.

La costituzione russa emendata da Putin nel 2020 e sottoposta a referendum afferma  all’art. 67.1 paragrafo 3) testualmente : “Lo Stato ha il dovere di onorare la memoria dei custodi della patria e di difendere la verità storica”. Ed ancora: “Lo Stato ha il dovere di indicare la fede in Dio come valore ricevuto dagli antenati”. Il Patriarca Kirill ha avuto un ruolo molto importante nella definizione di questo nuovo testo e ne ha fortemente voluto il riferimento a Dio. Dopo il crollo del comunismo e la fine dell’Urss, Putin riscopre l’Ortodossia e riadatta nell’attuale equilibrio geo-politico l’antica alleanza di tradizione bizantina tra Sacerdotium e Imperium. La legittimazione politica del Nuovo Zar discende dalla totale adesione all’Ortodossia.  

Proprio il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, il 21 settembre 2022, durante un sermone al Convento Zachatievsky, ha esortato i fedeli ad arruolarsi. “Vai coraggiosamente a compiere il tuo dovere militare. E ricorda che se muori per il tuo paese sarai con Dio nel suo Regno”. L’avvio delle operazioni russe in Ucraina ha effetti immediati sulle Chiese Ortodosse ucraine. Epifanio, metropolita di Kiev, riconosciuto da Costantinopoli e al vertice della Chiesa Ortodossa, ha subito affermato che il Patriarca Kirill è “un politico in abiti religiosi al servizio di Putin”, mentre Kliment, Arcivescovo degli Ortodossi legati al Patriarca di Mosca, appena iniziata l’invasione dell’Ucraina ha deciso di rompere i legami con la Russia dichiarando la “piena indipendenza”. 

Su questa rottura del legame con Mosca, Epifanio esprime qualche perplessità e, quanto ai rapporti con Zelensky, in una intervista si è così espresso: “Noi preghiamo per lui, per le nostre forze armate e per il governo: lo benediciamo perché protegge l’Ucraina dai nemici. In questa lotta per la verità e per la libertà, sosterremo sempre il popolo ucraino e lui, come nostro Presidente, può contare sul sostegno della Chiesa in questa nobile causa”. Il 1 Dicembre Il Presidente Ucraino, dopo aver messo al bando le organizzazioni religiose legate alla Russia, ha acquisito al Registro delle Comunità Religiose della Chiesa Ortodossa Ucraina il famoso monastero delle Grotte che si trova a Kiev. Questo monastero è una Lavra e per capire l’importanza delle Lavre nelle Ortodossie orientali bisogna riflettere sul fatto che in Russia si trovano due Lavre e in Ucraina tre. Sottrarre una Lavra alla competenza della Chiesa del Patriarca Kirill significa compiere un gesto di alto valore simbolico. Da sottolineare inoltre che il Monastero delle Grotte si trova nelle vicinanze del Museo Nazionale del Genocidio dell’Holodomor (la carestia che determinò la morte di milioni di ucraini che gli storici addebitano a Stalin).

Sul corriere.it, il 27/11 u.s., Paolo Valentino testualmente annota: “Quella sera di fine ottobre, mentre infuriavano i combattimenti e le truppe ucraine erano ormai vicine a riprendersi la città, nella Cattedrale di Santa Caterina a Kherson padre Vitalij stava dicendo messa. «Sono spuntati all’improvviso, saranno stati una ventina. Tutti armati e mascherati. Ho avuto paura per la mia vita», racconta al telefono il religioso ortodosso. Mentre lui con i fedeli continuava a cantare e pregare, un altro prete fu costretto a condurre i soldati russi verso l’ingresso alla cripta, nascosto da una lastra di marmo che copriva una botola sul pavimento. La sollevarono, scesero per la piccola scala che portava al sarcofago di legno, tolsero il coperchio e prelevarono la piccola borsa nera contenente le ossa del principe Grigorij Alexandrovic Potemkin, tutte numerate. «L’hanno caricata su un furgone e sono ripartiti».                Potemkin, il Serenissimo principe di Tauride, l’amante favorito dell’Imperatrice Caterina II, è famoso non solo perché diede il nome alla nave corazzata del grande capolavoro del regista Ejzenstejn (La corazzata Potemkin ovvero la “cagata pazzesca” di Fantozzi), ma perchè fu incaricato di ripopolare le campagne della Russia meridionale e di crearvi centri culturali ed amministrativi.

A Odessa, in Piazza Ekaterinskaya, riconosciuta nel 1901  come la più bella Piazza d’Europa dall’Esposizione di Architettura di Parigi, fa bella mostra di sé il Monumento ai Fondatori della Città.  L’imperatrice Caterina II è in cima a una colonna, in basso sono collocate le statute di quattro suoi collaboratori, fra i quali il Principe Potemkin e Josè de Ribas, nobile catalano nato a Napoli, ideatore del porto di Odessa e primo Governatore della città. A seguito di un referendum popolare che ha richiesto l’abbattimento della statua della Zarina, il Consiglio Comunale di Odessa ha deliberato di accettare l’esito del referendum e di procedere all’abbattimento del Monumento. Caterina II è osteggiata dai nazionalisti e dai preti ortodossi. Il Sindaco della Città che ha definito Putin un assassino è, però, fortemente contrario all’abbattimento.

La Stagione alla Scala di Milano è stata inaugurata con  l’opera Boris Godunov del grande compositore russo  Modest Petrovic Musorgsij. Il Console ucraino Kartysh aveva chiesto di non mettere in scena il Boris Godunov e di sopprimere altri spettacoli russi per evitare che il tutto apparisse come un sostegno a Putin. Purtroppo la contestazione delle scelte artistiche della Scala in precedenza erano state accolte dallo stesso Sindaco Sala, che di fatto aveva impedito il concerto del celebre Valery Gergiev, direttore artistico del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo. A Gergiev era stato chiesto di prendere le distanze da Putin e di condannare l’invasione dell’Ucraina. A proposito del compositore Musorgsij, la cui opera era stata ritenuta da Boris Godunov un inno al nuovo Zar Putin, va ricordata “La grande porta di Kiev”, gran finale della famosa opera “Quadri di un’esposizione”. Per giunta, l’architetto Hartmann, amico di Musorgsij, aveva progettato la Porta di Kiev in onore dello Zar Alessandro II, scampato ad un tentativo di assassinio a Kiev.

L’ambasciatore Sergio Romano sostiene che Putin è un patriota perché la sua famiglia è il Kgb e come per  tutti i servizi segreti, forse tranne i servizi italiani, l’appartenenza comporta di per sé l’amore verso la patria. E infatti Putin ha affidato ad un suo collega ex kgb, Sergey Naryshkin, la Presidenza della Commissione per la Verità storica, che ha il compito di stimolare fra i giovani l’amore per la patria. Nel solco del principio costituzionale russo di difesa della verità storica, Putin non esita a sostenere che “il muro sorto negli ultimi anni tra Russia e Ucraina, tra due componenti dello spazio storico e spirituale, è la nostra più grande sventura”. L’Ucraina, dunque, non è mai esistita!

La Crimea era dal 1441 un Khanato, ovvero un territorio sottoposto alla giurisdizione di un Khan, erede dell’impero mongolo. Quindi a lungo sfuggì al dominio della Russia. Con la sconfitta dell’impero ottomano nel 1783, Caterina II procedette all’annessione del vecchio Khanato alla Russia. Nel 1954 la Crimea russificata fu donata da Nikita Krusciov all’Ucraina. Poi, con la dissoluzione dell’URSS la Crimea restò a far parte dell’Ucraina, nuovo stato autonomo. Nel 2014 le truppe russe di stanza nella base di Sebastopoli occuparono la penisola per annetterla alla Federazione Russa. Successivamente l’annessione venne confermata da un Referendum, definito illegale dall’ONU, da molti stati occidentali e dalla stessa Ucraina.

E gli esempi potrebbero continuare! È del tutto evidente che la difesa della verità storica si riduce inevitabilmente a pretesto per giustificare le operazioni militari avviate dalla Russia in Ucraina. Ma sulla verità storica, appunto, le opinioni delle parti in causa divergono nettamente. Epifanio non ha esitato ad affermare che “l’Ucraina sconfiggerà la Russia perché Dio sta con l’Ucraina non con la Russia: Lui sta dalla parte della verità, non della menzogna”. Gli aiuti militari occidentali all’Ucraina richiamano alla memoria le antiche battaglie combattute dai Russi per la difesa dei sacri confini della Patria. In particolare l’invio dei carri armati tedeschi Leopard non ha per nulla impensierito Putin che ha ricordato la Grande Guerra patriottica e la difesa di Stalingrado. Come si vede l’uso della memoria è un collante prezioso per incitare il popolo russo a difendersi dai neo-nazisti.

Le brevi considerazioni esposte mostrano la complessità dello scontro in atto e le difficoltà per superare il conflitto militare tra i due Paesi, tanto che rischia addirittura di allargarsi. Uscire da questa crisi è davvero complicato. Credo che accanto al sostegno militare alla resistenza Ucraina occorra invocare un sforzo diplomatico per rappresentare alle parti in conflitto gli interessi comuni tra la Russia e l’intero occidente. Bisogna, altresì, evitare che il rapporto tra Russia ed Ucraina si riduca ad una sequela di oppressioni e di egemonia imperialistica. Quando gli USA non si affidavano solo alle armi, appena iniziata la guerra con Tokyo diedero incarico ad una commissione di esperti in varie branche di studiare a fondo la società giapponese. Ne venne fuori, accanto ad altri contributi, un testo di antropologia di Ruth Benedict – “Il crisantemo e la spada”   – che fece conoscere l’indole del popolo giapponese, segnata da quella che fu chiamata la “cultura della vergogna”, per la quale l’eroismo dei combattenti trovò più profonda comprensione.

Forse un supplemento di approfondimento sulla storia della Russia zarista e sovietica, sul conflitto Russia–Impero ottomano, sulla dissoluzione dell’URSS e del Patto di Varsavia, nonché sui grandi autori della letteratura russa, aiuterebbe a capire meglio i sentieri da percorrere per giungere ad una pace giusta. In questi ultimi tempi, il tentativo di Putin di utilizzare la storia, e quindi lo straordinario retaggio culturale della nazione, a sostegno della sua politica espansiva ha dato luogo in occidente a una una strisciante e inspiegabile operazione di “cancel culture” ai danni della Russia. Non serve, per la ripresa dei rapporti, impedire che un grande maestro come Gergiev si esibisca a Milano, semmai occorre riscoprire ed esaltare l’autentica anima russa. Ci aiutano in questo sforzo le parole pronunciate da Dostoevskij in occasione dell’inaugurazione a Mosca del Monumento a Puskin: “I Popoli d’Europa non lo sanno neppure quanto essi ci sono cari…Ad un vero Russo l’Europa sta tanto a cuore quanto la Russia stessa, quanto il destino del proprio paese perché il nostro destino è l’universalità”.