La bella riflessione scritta su queste colonne dall’amico Roberto Di Giovan Paolo sul mio ultimo libro “La sinistra sociale”, merita un supplemento di riflessione. Nello specifico, attorno ad un tema richiamato dall’articolo di Di Giovan Paolo che, paradossalmente, contiene una straordinaria modernità anche nell’attuale contesto politico italiano. E anche, e soprattutto, per l’area del cattolicesimo politico. Mi riferisco alla concreta eredità della “sinistra sociale” di ispirazione cristiana e alla cosiddetta “sinistra politica”. Certo, erano esperienze riconducibili alla Democrazia Cristiana e a ciò che quel partito ha rappresentato nella politica italiana e nello stesso contesto europeo.
Ma è indubbio che si tratta di due sensibilità e approcci culturali diversi, ma accomunati dalla volontà di partire dai problemi e dalle domande reali dei ceti popolari e delle classi lavoratrici del nostro paese, per cercare di dare una risposta politica a quei bisogni, inquadrando il tutto in un progetto politico complessivo. Quello che un tempo veniva semplicemente definita come una “visione della società”.
Ora, la “sinistra sociale” e la “sinistra politica” non solo rappresentavano una realtà indispensabile per consolidare e confermare la natura popolare ed interclassista della Democrazia Cristiana ma anche, e soprattutto, erano un laboratorio politico permanente in grado di affrontare e risolvere i principali nodi economici, sociali e culturali che attraversavano la società dell’epoca. Ma quelle due sensibilità, al di là dello scorrere rapido delle fasi politiche e delle stagioni storiche, non possono essere banalmente sacrificate sull’altare di un maldestro nuovismo. Per la semplice ragione che la storia della “sinistra sociale” e della “sinistra politica” della Dc, e poi del Ppi e della Margherita continuano ad essere un elemento costitutivo ed essenziale della stessa identità dei cattolici impegnati in politica.
E, nel momento in cui il tema di un rinnovato impegno dei cattolici nella vita pubblica si fa sempre più impellente ed esigente, è giocoforza recuperare – seppur in chiave moderna e contemporanea – quella storica esperienza per ridarle un nuovo vigore nella cittadella politica italiana. Del resto, è appena sufficiente rileggere il magistero, e la lezione, dei grandi leader e statisti di quelle storiche “correnti” per rendersi conto che il passato non si può banalmente resettare o, peggio ancora, cancellare. Un compito, questo, che resta la ‘mission’ principale e prioritaria di tutti i populismi e di tutti coloro che individuano nel passato un orpello da distruggere o da criminalizzare politicamente, come recita da sempre il verbo grillino.
Semmai, e al contrario, il compito oggi dei cattolici democratici, popolari e sociali è proprio quello di saper rilanciare un patrimonio politico, culturale e forse anche etico partendo dall’esempio e dalla conquiste ottenute nel passato grazie soprattuto ad una cultura politica che non può e non dev’essere archiviata. E, per tornare all’inizio di questa riflessione, forse la storia e l’esperienza della “sinistra sociale” e della “sinistra politica” della Dc possono ritornare utili per ridare un nuovo protagonismo alla vicenda pubblica dei cattolici italiani. In questa precisa fase politica e in questa stagione storica. Senza tentazioni nostalgiche o passatiste.