La questione della riorganizzazione della società contemporanea fu uno dei motivi di maggior interesse filosofico e politico della prima corrente positivista affacciatasi in Europa all’inizio del XIX secolo. E’ in questo senso che si caratterizzò l’attività scientifica e letteraria del giovane Auguste Comte, studente uscito dal politecnico di Montpellier appena adolescente e già votato all’analisi applicata del progresso umano e della cultura sociale.
La sua formazione è senza dubbio ascrivibile alla frequentazione di Henry di Saint-Simon, intellettuale parigino favorevole ad una revisione delle strutture di potere più vicina alle idee anti-individualistiche socialiste che non ad un sistema fondato sulla libera iniziativa e sul bilanciamento degli organi di potere dello stato. Il biennio 1817-1818 fu decisivo per l’avvio della collaborazione a Parigi tra i due studiosi, i quali si sarebbero però successivamente distinti per la diversità di opinioni circa il concetto stesso di riforma della società contemporanea.
L’accezione fondamentale delle teorie sansimoniane e comtiane si fondò sulle ricerche alla portata dell’intelligenza dell’uomo, e si contrappose nettamente all’interpretazione dei misteri impenetrabili dei quali si occupò la filosofia antica. La nuova dottrina faceva altresì affidamento sul miglioramento della condizione sociale degli individui e della società nel tentativo di lenire (anche) i continui dubbi delle deduzioni passate, costituite da nozioni in parte vaghe e comunque imposte spesso dall’alto. In cosa si distinse lo studio scientifico della società di Comte rispetto a quelli precedenti?
La sociologia – termine coniato dagli stessi Comte e Saint Simon – la quale altro non è che la scienza applicata alla società stessa, si basa sulla conoscenza e sul sapere positivo : ne sono parti integranti la matematica, la biologia, la fisica, la chimica, l’astronomia e quant’altro si possa decifrare e analizzare mediante la ragione e il lavoro. Nel 1824 le strade di Saint Simon e Comte si separano; d’altra parte, se per il primo le riforme sociali non devono e non possono prescindere dal retaggio storico e sociale del Cristianesimo, per il suo più giovane allievo ogni teoria scientifica fa riferimento ai fenomeni naturali e alle loro leggi. Ed è in Cours de philosophie positive (1830-1842) e in Système de politique positive (1851-1854) che la ricostruzione delle varie discipline di studio presuppone anche una scienza della società, la quale, benché prevalentemente imperniata sulla riflessione dei fenomeni storici e sociali, entra a far parte dei metodi scientifici in quanto anche questa provata e ritenuta incontestabile. Tuttavia, come uno dei suoi predecessori, l’inglese John Stuart Mill, Comte non esclude a priori l’aspetto religioso dal contesto: riconoscendo che gli studi umani lasciano spazio a un certo margine di fallibilità, attribuisce alla fede un ruolo etico-morale in grado di suscitare intima speranza negli individui.
Animato da una fiducia nel progresso che aveva pochi precedenti nel corso dell’età contemporanea, la classe media ottocentesca ripose nello sviluppo economico e nelle conquiste della scienza le proprie aspettative, dando luogo ad un diffuso ottimismo. La corrente intellettuale positivista, pur destreggiandosi in un ambito prettamente filosofico, si affermò definitivamente intorno alla metà del XIX secolo dando un’impronta essenziale all’impegno riformista politico e sociale dell’Occidente. Sicuramente, questo movimento condizionò in modo evidente la borghesia europea (in piena ascesa), la quale si convinse senza dubbio di poter migliorare strutturalmente, grazie al metodo scientifico e allo studio dei fenomeni naturali, tutto il suo sistema.