Mario Tronti, grande intellettuale comunista che rifuggiva dal settarismo.

Era anticapitalista perché antimaterialista. In lui operava un senso della trascendenza sconosciuto a molti credenti. Eloquente la decisione di festeggiare i suoi 90 anni nel monastero di Camaldoli.

Non posso dire di essergli stato amico ma in questi ultimi anni ho avuto l’occasione e la fortuna di conoscerlo e di incontrarlo diverse volte. Personalmente. Nella biblioteca della Camera dei Deputati. 92 anni passati a studiare, a cercare la verità e la giustizia. Mario Tronti è stato un grande intellettuale italiano. Un comunista senza doppiezza. Un comunista realista, senza velleitarismi. Un comunista cosmico, senza settarismi. Una delle migliori figure, insieme ad Antonio Gramsci, della tradizione marxista italiana.  

 

Tronti partiva da Marx ma non disdegnava pensatori “borghesi” come Max Weber e Carl Schmitt. Riconosceva l’autonomia del “politico” e rifiutava, come il pensatore e politico sardo prima di lui, ogni forma di determinismo. Aveva capito, già nel 1992, che dopo “la caduta del muro” il mondo sarebbe stato più incerto, più instabile e più insicuro, che non ci sarebbe stata la “fine della storia”. Eppure prevedeva e temeva una specie di “occidentalizzazione del mondo” alla quale si doveva contrapporre un pensiero alternativo, forse radicale, ma certo non un pensiero “orientale”. 

 

Il suo operaismo non aveva nulla a che vedere con le declinazioni vittimistiche e sindacalistiche. Era una filosofia esigente. Forse troppo. Chiedeva all’operaio di diventare classe dirigente mentre stava diventando classe…consumante. Chiedeva alla sinistra di non rassegnarsi all’antropologia individualistico libertaria perché sapeva che quella sarebbe stata solo funzionale a una più completa affermazione del capitalismo. 

 

Certo, Tronti era un anticapitalista ma lo era perché antimaterialista. Aveva una teoria e una pratica della trascendenza sconosciuta a molti credenti o sedicenti tali. La decisione di passare il compleanno dei 90 anni nel monastero camaldolese in mezzo alle lodi, ai vespri, ai boschi e ai monti dice più di 100 saggi. Dice di un’anima che riconosce insieme la dignità e il mistero della vita umana e fa di quel riconoscimento una ragione di ricerca e di vita. Un destino. “Forse il destino dell’uomo – scriveva il giovane Aldo Moro nel 1943 – non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino”. Ecco, Mario Tronti quella fame e quella sete non le ha mai appagate. Questo è stato il suo destino. Questa la sua testimonianza. Questa la sua più grande eredità per noi.  

 

Buon viaggio Mario!

 

[Ripreso dal profilo Fb dell’autore]