Meloni, il bagno e l’invidia degli altri.

Mancavano solo tre maledette domande alla fine della conferenza stampa, quando la nostra Premier in un impeto di onestà, una delle sue migliori qualità, ha chiamato un provvisorio time out.

Ogni conferenza è un’occasione per incontrare un certo mondo e potersi confrontare. Ne è stato esempio luminoso l’incontro della Presidente del Consiglio Meloni con i rappresentanti della stampa prevista secondo tradizione per la fine dell’anno, rimandata solo di qualche giorno a causa delle condizioni di salute della Giorgia nazionale.

Tutto è andato secondo il previsto, una intuibile raffica di domande e le inevitabili risposte di rito che hanno dato la stura alle altrettante presumibili critiche di dissenso e contestazioni o di plauso. È un gioco delle parti che non appassiona nessuno e che serve per riempire le pagine dei quotidiani in quei giorni a secco di notizie interessanti.

Questa volta qualcosa è accaduto di insolito tanto da muovere un po’ le acque della banalità. Si era quasi sulla dirittura d’arrivo; mancavano solo tre maledette domande alla fine dell’evento, quando la nostra Premier in un impeto di onestà, una delle sue migliori qualità, ha chiamato un provvisorio time out.

Chiedendo scusa agli intervenuti ha dato una di quelle giustificazioni che non lasciano spazio ad altre interpretazioni di comodo che possano dar vita a chissà quali retroscena da film giallo.

“Devo andare in bagno” è stata la sincera ammissione della leader Giorgia che a passo spedito si è diretta dove risolvere l’impellenza accompagnata, anche lì, fino ad un certo punto, dal suo portavoce Fabrizio Alfano.

Non si è discusso se fosse stato più corretto dire “andare in bagno” o “al bagno” come pure l’opposizione di questi tempi avrebbe potuto protestare incartandosi per l’ennesima volta. Ci si è rassegnati all’evidenza ed è anzi probabile che tutti abbiano approfittato, durante la pausa, per riprendere fiato per scatenarsi solo dopo l’incontro nei commenti da strombazzare alle proprie parti.

Si legge come l’eufemismo sia una figura retorica. Si adotta una certa parola al fine di attenuare il carico espressivo di ciò che si intende dire perché di contenuto potenzialmente offensivo o troppo crudo.

Si sostituisce, per buona maniera, una certa espressione con un’altra di significato attenuato. Manzoni ne richiama il senso sulla pelle del povero Renzo. ”Il notaio fa un altro cenno a’ birri; i quali afferrano, l’uno la destra, l’altra la sinistra del giovine, e in fretta in fretta gli legano i polsi con certi ordigni, per quell’ipocrita figura d’eufemismo, chiamati manichini”.

In questo caso si sarebbe potuto dire ad esempio della esigenza di doversi andare a lavare le mani o semplicemente di doversi assentare un minuto. Quasi tutti avrebbero compreso e si sarebbe obbedito ad una forma forse più attenta di galateo.

La Meloni, va riconosciuto, è persona schietta. Per l’urgenza del momento non è stata invece a menarla tanto per le lunghe. Ha dichiarato risolutivamente il suo moto per luogo senza aggiungere altro. In seguito si sono risparmiati opportunamente i particolari di cronaca.

Ci sono termini che in ogni caso vanno maneggiati con cura.

Il 19 novembre si celebra la Giornata mondiale del Gabinetto, così ha stabilito l’Assemblea Mondiale della Nazioni Unite, nata anche su iniziativa di un certo mr. Toilet, posto che al mondo 2,5 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione del pianeta, versa in una mancanza di servizi igienici adeguati con tutte le conseguenze immaginabili, non ultime una spesa di 260 miliardi di dollari l’anno per le malattie che ne derivano.

Non a caso Ghandi diceva che “la sanità è più importante della indipendenza”.

Oggi “cesso” è una parola considerata volgare; in realtà viene da “secessus”, cioè “appartato”. Così latrina ha origine da “lavatrina”, cioè un posto utile per lavarsi.

Per sua fortuna la Meloni è a Capo di un Governo in Italia, paese che vanta l’uso di un bidet che lo distingue da altre nazioni che ne trascurano l’utilità. In altri casi sono proposte delle “doccette”, ma insomma almeno in questo caso si può sostenere che non siamo gli ultimi al mondo.

 

La nostra Presidente del Consiglio ha saputo segnare anche in questa singolare episodio un punto in suo favore: è stata la prima, durante decenni di Repubblica, ad ammettere un’umana esigenza fisiologica che l’ha resa ancor più in diretta sintonia con il suo popolo, evitando giri di parole che non vanno dritti al punto della questione.

Comunque è stata una prima volta su cui il cerimoniale della Presidenza del Consiglio dovrà riflettere e predisporre opportune procedure in caso di altri simili circostanze.

C’è da pensare che gli altri politici ne saranno rimasti livorosi di invidia. Chissà se sapranno competerle sullo stesso campo e che tireranno fuori per sorprenderci maggiormente. Non se ne avverte nessuna urgenza.