Morte e rinascita di una feconda cultura della mediazione

È indispensabile rimettere in campo una iniziativa politica - centrista democratica e riformista - che riesca anche e soprattutto a rideclinare quella “cultura della mediazione” indispensabile per spezzare un “bipolarismo selvaggio”.

La “cultura della mediazione”, storicamente, è stato uno degli elementi costitutivi della miglior cultura cattolico democratico e popolare nel nostro paese. Una prassi che risponde ad una precisa e definita cultura politica: ovvero, privilegiare sempre le ragioni della convergenza rispetto a quelle dello scontro permanente e strutturale. Ed è proprio chi persegue e si riconosce nella “cultura della mediazione” che respinge alla radice qualsiasi radicalizzazione dello scontro politico e polarizzazione ideologica. Due derive che, purtroppo, campeggiano nella politica contemporanea e che rischiano di avere il sopravvento in una cornice pubblica dove la mediazione viene sistematicamente sacrificata sull’altare dello scontro frontale tra i due schieramenti maggioritari. 

Non a caso, non esiste una vera e propria democrazia dell’alternanza se permane una voglia strisciante di delegittimazione morale prima e di annientamento politico poi dell’avversario/nemico. Perchè questa è una concezione politica e culturale che non contempla alcun confronto costruttivo se non quello di distruggere sistematicamente la controparte. Insomma, l’esatta alternativa di quello che per 50 anni ha predicato, e soprattutto praticato, la Democrazia Cristiana nella sua lunga e feconda presenza politica, seppur tra alti e bassi. Una cifra che poi è stata fatta propria dai “democristiani” presenti nei partiti e nei relativi schieramenti politici anche dopo il tramonto della Democrazia Cristiana. Ma è indubbio che l’assenza di un partito, grande e autorevole, che individua nella “cultura della mediazione” uno degli elementi decisivi e qualificanti per una politica realmente e autenticamente democratica, ha indebolito la prassi consolidata di una ricerca costante della sintesi e della convergenza a vantaggio di una massiccia radicalizzazione della lotta politica stessa. 

Certo, la mancanza, sino ad oggi, di un vero e credibile ‘partito di centro’ che sappia, al contempo, declinare una altrettanto vera e credibile ‘politica di centro’, incide profondamente sulla difficoltà della politica ad uscire dal tunnel. È pur vero, al contempo, che chi governa nel nostro paese non può non farlo dal centro. Detto con altre parole, in Italia si governa “dal centro” e “al centro”. E anche chi non proviene dalla cultura cattolico democratica e cattolico popolare è costretto, malgrado tutto, a comportarsi come nel passato facevano i democratici cristiani. Ma, al di là di questo elemento, è indubbio che senza una rinnovata e moderna “cultura della mediazione” è la stessa qualità della democrazia ad entrare in crisi se non addirittura la tenuta delle istituzioni democratiche. 

Ed è proprio su questo versante che, adesso, è indispensabile rimettere in campo una iniziativa politica che sia in grado di ricostruire un luogo politico centrista, democratico e riformista. Una iniziativa che, attorno ad esponenti del cattolicesimo politico come Fioroni e molti altri, a Renzi e a tutti coloro che condividono una prospettiva centrista, riesca anche e soprattutto a rideclinare quella “cultura della mediazione” indispensabile anche per spezzare un “bipolarismo selvaggio” che resta all’origine della caduta di credibilità della politica, dell’aumento dell’astensionismo elettorale e, in ultimo, che mina la stessa qualità della democrazia italiana.