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giovedì, 23 Ottobre, 2025
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Non basta evocare la Margherita

Per costruire un’alternativa alla Destra servono autonomia politica, pensiero innovativo e leadership credibili: non nuovi “franchising” del campo largo. D’accordo con l’autore riproponiamo questo testo pubblicato ieri sul sito di “Insieme”.

Leggo che al Parco dei Principi si è tenuto un incontro promosso da alcune cosiddette espressioni “civiche” del centrosinistra.

E che Giuseppe Conte, presente all’incontro, ha espresso “interesse” per l’iniziativa.

Leggo inoltre che qualche commentatore ha evocato, a questo riguardo, la Margherita.

Con tutto il rispetto che si deve ad ogni proposta che cerca di uscire dal vicolo cieco nel quale l’opposizione si trova, mi permetto di osservare che questa lettura è totalmente infondata.

E, dunque, a mio parere, non idonea a tracciare una linea politica e di rappresentanza sociale utile a costruire una credibile alternativa alla Destra.

Il rischio di un “franchising” politico

Vi è, in primo luogo, un elemento fondamentale: nessuna “nuova” iniziativa politica può credibilmente nascere in franchising.

Al massimo può essere una congettura tattico-elettorale, utile per chi si ritiene – tolemaicamente – il perno politico attorno al quale gravita il tutto.

Vale per il Pd e vale – si può arguire dalla presenza all’incontro di Conte – anche per il Movimento 5 Stelle.

In secondo luogo, mi pare che questo modo di procedere sia più consono ad una competizione interna al perimetro del campo largo, nella rassegnata prospettiva di rimanere ancora a lungo all’opposizione, piuttosto che ad una strategia di efficace competizione con la Destra per il governo del Paese.

Insomma, uno sforzo di redistribuzione del consenso dentro un recinto già consolidato – oggi ampiamente minoritario – più che un progetto per riconquistare la fiducia della maggioranza degli italiani.

La Margherita non fu un movimento civico

In terzo luogo, ritengo infondato il riferimento alla Margherita.

Personalmente, avendo avuto un qualche ruolo al riguardo, sono particolarmente legato a quella esperienza, nata in Trentino a metà degli anni Novanta e poi realizzata a livello nazionale qualche anno dopo.

Essa non fu una proposta solo “civica”, ma pienamente politica.

Non fu “neutra” rispetto alle culture politiche, ma il tentativo di dare corpo a una nuova presenza, autonoma e organizzata, ispirata al popolarismo di laica matrice cristiana, al pensiero liberal-democratico e alle sensibilità ambientaliste di cifra più germanica che italica.

Quella esperienza fu poi fondamentale per la stagione dell’Ulivo guidato da Romano Prodi: una formula che, al tempo, fu “più” di una semplice coalizione elettorale ma “meno” di un partito unico.

Pur con le sue criticità, seppe dare voce e rappresentanza plurale a una larga parte di cittadini e alla loro speranza di una prospettiva di governo riformista.

Poi le cose sono andate come sappiamo: la reductio ad unum nel PD (che personalmente non ho mai condiviso) e la conseguente crisi di rappresentanza sia della sinistra riformista sia del centro di ispirazione degasperiana – quello capace di essere, come la Dc, una barriera verso la destra – che oggi vediamo con assoluta evidenza.

Ripensare il centro con coraggio

Ovviamente non si può pensare al futuro con gli occhiali del passato.

Tuttavia, se si vuole evocare la Margherita, occorre ragionare in modo assai diverso.

Lo spazio per reinterpretare oggi, mutatis mutandis, quella esperienza ci sarebbe – e forse è molto più ampio di quanto la mitologia del bipolarismo muscolare e radicalizzato lasci pensare.

Ma, appunto, servono iniziative politiche di altro tenore e spessore, capaci di vera autonomia (perché se non si esiste come soggetti politici autonomi non si possono costruire coalizioni che non siano fondate sulla logica dei satelliti); di contenuti forti (non si sconfigge questa destra con quattro slogan sul “pericolo fascista”); di leadership autorevoli e di pensiero innovativo.

Serve capacità di dialogo fuori dai recinti e di rappresentanza di quella larga parte di elettori che non votano o votano a destra per la carenza di credibili alternative e di progetti coerenti sui nodi principali del futuro nazionale ed europeo, come ha giustamente ricordato Ernesto Ruffini nella sua ultima intervista ad HP.

Una prospettiva popolare e europeista

Chi volesse oggi dare corpo a un’iniziativa ispirata alla Margherita dovrebbe dunque dire:

noi partiamo in forma autonoma, senza nessun “padrinaggio” di altri;

siamo alternativi a questa Destra, in forza della nostra idea di società;

sappiamo che la politica, al di là dei sistemi elettorali, richiede alleanze e non solitudini identitarie;

non riteniamo che questo campo largo sia adatto – per postura politica e per credibilità dei programmi – a dare risposta al futuro del Paese e dell’Europa;

lavoriamo dunque, con chi ci sta, per una vera coalizione europeista e trasformatrice, perché i tempi nuovi lo esigono.

In ogni caso, saremo presenti con la nostra proposta alle prossime elezioni politiche, poiché la democrazia non si esaurisce solo nel vincere – e noi siamo popolari, non populisti – e sappiamo avere uno sguardo lungo, nel quale la seminagione è il presupposto della raccolta.

Un appello alla responsabilità comune

Ci sono varie esperienze politiche, nazionali e territoriali, che ragionano in questo senso, per ora in modo separato.

Vogliamo finalmente cercare di metterle a fattor comune, iniziando – come primissimo passo – con una intesa politico-operativa tra i soggetti di ispirazione popolare che condividono questa prospettiva.