Non c’entro, non voto: il tramonto della democrazia per difetto di partecipazione.

Una destra sempre più a destra e una sinistra sempre più a sinistra non consentono più alla maggior parte degli italiani di sentirsi rappresentati, provocando astensioni dal voto giunte fino all’80%.

L’incontro dei “”popolari”, che avrà luogo a Catania la mattina di domenica 29 ottobre con una relazione del noto sturzologo Mons. Michele Pennisi (Arcivescovo emerito di Monreale), giunge dopo numerose analoghe riunioni (Camaldoli con i Cardinali Zuppi e Parolin, Rimini con Mattarella, Roma con Fioroni, che parteciperà anche a Catania, etc.) nelle quali è stata ribadita la necessità di dotare la politica italiana di una forza equilibratrice, capace di superare le gabbie bipolari. Una destra sempre più a destra e una sinistra sempre più a sinistra, infatti, non consentono più alla maggior parte degli italiani di sentirsi rappresentati, provocando astensioni dal voto giunte a superare il 50% e perfino l’80%:  alle suppletive senatoriali di Monza hanno votato in meno del 20%!

Le istituzioni ne risultano delegittimate e l’intero sistema democratico è alla mercé dei gruppi di potere organizzati, che con poche truppe cammellate occupano le istituzioni, abbandonate dalla maggioranza degli elettori. Anche le ultime elezioni amministrative a Catania hanno visto assentarsi quasi metà dei cittadini elettori, determinando la prevalenza del voto controllato dai CAF sui candidati “di opinione”. La rinuncia ad un’ampia partecipazione politica lascia  il campo ad un consenso tenuto insieme solo da legami clientelari, cioè di convenienza personale, volti ad alimentare e perpetuare il potere dei signori delle clientele.

Il rimedio consiste nel ripristinare la fiducia dei cittadini nella Politica, riaprendola ad una larga partecipazione soprattutto dei giovani, per ricostruire ed offrire una nuova classe dirigente credibile. Non bastano i social, come ha dimostrato l’effimera vampata dei 5 Stelle, ma occorre anche l’impegno e l’incontro sul territorio, per affrontarne concretamente i problemi e proporre soluzioni fondate sulla loro conoscenza diretta.

Cioè una politica ed una rappresentanza popolari, senza eletti calati dall’alto ed ignoti ai più, ma espressione del territorio e scelti con le preferenze di chi li riconosce da vicino. 

Ciò confligge innanzitutto con una legge elettorale forzatamente maggioritaria, che manda in Parlamento chi è più solerte nel servire il Capo, generatrice delle gabbie bipolari sempre più distanti e contrapposte, incapaci di incontrarsi sul bene comune.

Ecco perché occorre un’alternativa di centro popolare che riavvicini i cittadini alle istituzioni con un progetto di società modellata su valori condivisi, senza demagogiche scorciatoie populiste o sovraniste che inseguono gli istinti più bassi con i sondaggi d’opinione, con una governance partecipata e collegiale che impedisca il leaderismo, vulnerabile e pericoloso per la democrazia.

L’occasione per avviare la ricomposizione del Centro è fornita anche dalle elezioni europee, proprio perché con sistema proporzionale e preferenze, ma non per conseguire un’esigua soglia del 4% con una sorta di “raggruppamento temporaneo di imprese” (come fanno alcune componenti pseudocentriste, che per l’elemosina di qualche seggio puntellano la destra più populista e sovranista), ma mirando a scardinare -con il recupero della fiducia e della partecipazione di chi non vota – le oligarchie bipolari che bloccano da 30 anni la crescita dell’Italia moderna e la allontanano dall’Europa.

Come in Polonia, che con l’impennata del numero degli elettori – soprattutto giovani e donne – si è liberata dell’ultradestra populista e sovranista che aveva occupato i gangli vitali dello Stato, della giustizia e dell’economia, allontanandosi dall’Europa. 

Anche in Italia il risveglio dall’indifferenza suicida e il ritorno alla politica di gran parte dell’elettorato – soprattutto cattolico, ma non solo – con una chiara “visione” del tipo di società e di valori che si propongono, può invertire la tendenza attraverso formazioni popolari aperte alla partecipazione, governate democraticamente e collegialmente, in cui ciascun cittadino possa sentirsi soggetto attivo, non più per lucrare vantaggi personali ma per contribuire insieme al bene comune: “C’entro, perciò voto”.

 

L’articolo, d’accordo con l’autore, appare stamane anche su “La Sicilia” (che ringraziamo per aver accettato questa formula di collaborazione).