Nuove sfide per i cristiani che non vogliono restare alla finestra. 

Diverse associazioni si sono incontrate sabato 9 marzo a Roma, presso la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura. A promuovere l’iniziativa è stato il Comitato per una Civiltà dell’Amore.

Si è svolto sabato scontro l’incontro a Roma di molte associazioni di ispirazione cristiana per confrontarsi su tre temi forti: pace, vita e ambiente. Il quadro non è quello della solita riunione di più associazioni che raccontano ciascuna il proprio impegno, ma quello piuttosto delicato e anche audace di ricercare una comune azione congiunta per ragionare sul da farsi nei tre temi. A promuovere l’incontro è stato il Comitato per una Civiltà dellAmore che è riuscito a raccogliere il variegato,  multiforme e anche vasto mondo dell’associazionismo nel quale si è frantumata più di 30 anni fa l’esperienza cristiana nella società civile. Dalla constatazione che la frattura che si è determinata tra le rappresentanze cristiane e la società non si è più ricomposta, parte la riflessione che la sua ricostituzione sia ormai un tentativo inutilmente destinato a fallire. Tuttavia l’esigenza di essere nel mondo e per il mondo resta forte nelle associazioni che manifestano tutte l’esigenza di trovare un luogo nella società e nella cultura dove sia possibile ragionare ancora dell’uomo, della sua vita, dei suoi diritti alla vita, al lavoro, delle libertà e dei doveri di ciascuno, di pace. Una riflessione comune che porta ad evidenziare che la cultura della pace si insegna nella formazione dei giovani, nella famiglia, nelle relazioni sociali e nelle istituzioni. Viene dunque dalle associazioni la richiesta di un intervento propositivo nella scuola per educare alla pace e preparare i giovani alla cultura della mediazione.

La stessa riflessione porta a guardare come sia distante in questo momento l’Europa delle Istituzioni e degli Stati dalla gente e dal futuro dei giovani, poiché quello che sembra continuare a delineare la classe dirigente è in mondo diseguale, dove le differenze di cultura e di storia del territorio non sono più un valore da difendere e sui cui costruire un futuro per le nuove generazioni. Le quali, per la voce di un giovanissimo, lamentano la colpevole distrazione con la quale le classi dirigenti politiche sembrano disegnare un futuro per loro in cui loro stessi non hanno voce e in cui forse non andranno mai a vivere: perduta la speranza e il coraggio di continuare a vivere, il futuro sognato da loro per loro stessi e non disegnato da altri, è il bisogno primario reclamato dai giovani. A buon titolo, visto che l’analisi sociologica riportata da più associazioni evidenzia il pressoché totale disinteresse dei giovani per la partecipazione politica e l’incapacità di attrattiva dei partiti.

Nell’Europa di cui a giugno si rinnovano le Istituzioni, le associazioni riconoscono che l’apporto delle radici ideali cristiane siano di molto diluite nella logica prevalente della difesa delle posizioni conquistate, dei privilegi delle classi dirigenti, della cultura della contrapposizione e dall’egoismo prevalente. In queste condizioni le difficoltà dovute dalla non rilevanza dei partiti di ispirazione cristiana nella società, non impediscono di riconoscersi anche nello strumento proposto della Piattaforma Popolare civica e riformatrice, nata nel 2021 con l’intento di potere condividere un ritorno politico unitario dei cristiani  in politica. Oggi la Piattaforma si configura come il naturale federatore in grado di favorire la ricomposizione di un’area larga e composita all’insegna di una nuova unità  e di un nuovo protagonismo delle variegate espressioni cristianamente ispirate, poiché porta con se le parole chiave di ogni agire politico-cristiano (che si voglia definire tale): nuovo umanesimo ovvero ritorno alla dignità della persona umana; riconoscimento della famiglia; giustizia sociale e dei popoli; libertà ma nella comunità e non il liberismo come motore della società; sussidiarietà che vuol dire condivisione. Ed in politica tutto questo si traduce in una proposta politica per qualcuno (la persona umana)  e non solo per qualcosa ( bisogni/servizi/consumi).  Qui la proposta è il cambio di modello di sviluppo dell’umanità. Il cambio di passo difronte all’esaurirsi della spinta dell’economia capitalistica, ormai incapace di elaborare un pensiero economico differente da quello di migliorare se stessa (intrappolata nella ricerca infinita di bisogni da soddisfare), è quello di ri-scoprire come la vita possa generare vita e da ciò  arrivare all’uomo, alla famiglia, alla società, all’economia ed infine ad un sistema ecologico integrale.

Ma l’attualità delle guerre in corso portano tutta attenzione alla pace e al ruolo di mediatori/mportatori di pace che i cristiani possono e debbono svolgere nell’accompagnare le contese tra gli uomini con quella tenacia ed attenzione per la costruzione di una civiltà dell’amore che ormai è divenuta necessaria. Le associazioni non possono che essere naturalmente per la pace senza nascondersi quale sia la forza propulsiva che uomini di fede abbiano nel passare dalle parole ai fatti, e a fatti che sono alla portata della cultura del mondo cristiano e cattolico. Come dall’esortazione lontana di Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum, base della Dottrina sociale della Chiesa cattolica,  “ognuno faccia la parte che gli spetta senza indugio”.

Una esortazione lanciata dalle associazioni non solo a se stesse ma al mondo esterno perché non si stia più alla finestra a guardare il mondo che passa sotto di essa ma si abbia il coraggio e la fede per un impegno diretto avendo chiaro che è in gioco l’idea stessa di umanità, di persona, per la salvaguardia di quella “differenza” che è valore e non ostacolo da rimuovere. Del resto, in un mondo senza partecipazione dei molti la democrazia è destinata a mutarsi fatalmente in totalitarismo.