Per un centro realista, non conservatore.

Serve innanzitutto un cambio di mentalità per costruire una proposta di centro identificabile dalla capacità di saper vedere i nessi che intercorrono tra relazioni internazionali improntate all'equità e questione sociale.

Al di là degli aspetti organizzativi e tattici, pur essenziali, il percorso per far tornare il centro ad essere significativo in quello che percepiscono gli elettori, e nel merito delle questioni cruciali della politica, passa dalla capacità di leggere i tempi e di definire una visione politica adeguata. Se si rinuncia a un tale compito, andando a rimorchio della cultura radicale, si rischia di rendere insipide e sostanzialmente superflue – una copia sbiadita del Partito Democratico – le varie iniziative che tendono a rivitalizzare il centro, e in esso la cultura politica popolare e cattolico-democratica, soprattutto in vista di un voto europeo mai così importante per il futuro dell’Unione Europea.

Il cambiamento di epoca in corso sta mettendo a dura prova tutte le culture politiche. Le varie espressioni della sinistra stanno dando una risposta ai cambiamenti che appare  conservatrice sul piano sociale, economico e su quello geopolitico, e rivoluzionaria sul piano culturale e antropologico. La sinistra in quasi tutto l’Occidente, con poche eccezioni, come il Portogallo, si è collocata su una posizione di difesa ad oltranza dell’ancien régime, difendendo un unipolarismo non tanto degli Stati Uniti quanto di certe oligarchie economiche in gran parte responsabili della criticità dell’attuale sistema finanziario internazionale e del conseguente clima di guerra, che esso alimenta.

Nel contempo però la sinistra mantiene la sua indole aperta al cambiamento sul piano culturale, sostenendo le campagne ideologiche volte a ribaltare i costumi, i modelli di relazioni, di famiglia in un modo inedito e che non ha eguali in nessuna altra parte del mondo, finendo per contraddire anche il suo tradizionale impegno in favore dell’emancipazione della donna. E talvolta arriva, nelle sue frange estreme, a farsi paladina di un ecologismo dissociato dalle ragioni dell’uomo, che alla fine si traduce solo in una concreta forma elitaria di nuovo classismo e di attacco alla classe media.

La destra, invece, rischia di rimanere intrappolata nel suo stesso pragmatismo, nel solo perseguimento del potere per il potere senza trovare risposte adeguate alle sfide del nostro tempo, e di definirsi solo in modo speculare agli avversari sulla strada di una polarizzazione di facciata, sempre più sterile e vuota e mal sopportata dall’elettorato.

Il centro ha una grande occasione davanti, quella di non mancare l’appuntamento con la storia. In un’Europa che voglia ritornare ad essere artefice del proprio destino la missione del centro appare quella di concorrere a guidare questo passaggio nel modo meno traumatico possibile. Innanzitutto cambiando mentalità. Serve un approccio pragmatico e improntato alla sussidiarietà, delle politiche europee anziché perdersi in soli tecnicismi economici e istituzionali che ne paralizzano l’azione. E per poter entrare nel mondo multipolare l’Unione Europea deve innanzitutto riconoscere di costituire lei stessa uno di questi poli, anziché un’appendice degli Stati Uniti senza per questo metterne in discussione l’alleanza, anzi aiutando l’altra sponda dell’Atlantico a uscire da un unilateralismo ormai anacronistico e contrario alla storia anticolonialista degli Stati Uniti. 

Serve un centro realista, che si adoperi per convincere gli alleati della necessità di un cessate il fuoco e di una soluzione diplomatica della crisi ucraina. E che sappia impostare i rapporti dell’Italia con i Paesi extraeuropei, a cominciare da quelli mediterranei e da quelli dell’Africa, su un piano di parità, di rispetto e di non ingerenza, consapevole che le relazioni bilaterali dell’Italia con i Paesi africani possono arrivare, in questa fase di storici cambiamenti, dove altri Paesi (la Francia in primis) non possono arrivare. Un centro che segua le orme di Enrico Mattei. E che sappia vedere i nessi che intercorrono tra relazioni internazionali improntate all’equità e questione sociale. Ciò che molti elettori insoddisfatti dall’attuale offerta politica si attendono, in definitiva è un centro che sappia rappresentare il fatto che la nostra classe media e i Paesi in via di sviluppo stanno dalla stessa parte della barricata, avendo entrambi molto da guadagnare dalla affermazione di un modello di sviluppo più giusto e inclusivo.